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venerdì 29 marzo 2024

''Quello che rimane'' di Paula Fox

07-03-2004

Recensire un libro ristampato dopo trent'anni di oblio (e per la prima volta in Italia) che si apre con un'introduzione di Jonathan Franzen, a base di lodi ed entusiasmi sperticati, non appare a prima vista agevole; vuoi per la statura (e l'esposizione mediatica soprattutto) dello stesso Franzen, vuoi per l'indubbio interesse che volume e relativa autrice suscitano. Aggiungeteci un'intrigante nota biografica sulla scrittrice (è la nonna biologica della simpaticissima vedova Cobain, al secolo Coutney Love) e il “caso editoriale” è bello e pronto. Stiamo parlando di un'anziana signora ormai ottantenne, Paula Fox, e del suo Quello che rimane , che inaugura una serie di sei romanzi acquisiti dalla Fazi di Roma. I dubbi sull'opera, è bene puntualizzarlo, scompaiono dopo una decina di pagine di un libro che appartiene alla migliore scuola realista americana. È in un'ideale linea di confine, situata tra Raymond Carver e Philip Roth, che in certo senso va infatti collocata Paula Fox, per prosa rigorosa, austera eppur palpitante, classica sobrietà e mirabile dono della sintesi. Nella cornice dell'America fine Sixties arrancano i suoi Desperate characters (titolo originale e assai appropriato del romanzo); in un'atmosfera dominata dalla continua introspezione psicologica, assistono quasi impotenti alla progressiva erosione del muro di apparenti certezze su cui poggia la propria vita, il rapporto di coppia, l'ideologia e la visione del mondo. Costante è l'oscillare tra pubblico e privato, ordine e anarchia, reazione e rivoluzione (l'avanzata delle controculture è ormai alle porte). Su tutti, Sophie, una specie di Dalloway wolfiana trasposta nell'universo upper middle class della New York del '68. Un'accidentale morso datole da un gatto randagio dà il via alla deflagrazione di tutte le sue ansie e paure. È l'inizio di un crescendo di tensione che la porterà a rimettere in discussione ogni aspetto della sua intera esistenza, e che la scrittrice riesce a rendere perfettamente, ammantando di suspense qualsiasi banale e ordinario momento descritto. La lettura è assai avvincente e le pagine si susseguono, trascinando il lettore verso una catastrofe annunciata, annusata e alla fine, s'intuisce, solo sfiorata da monadi umane in balia delle proprie paranoie: persone troppo impegnate a decifrare e interpretare il senso della propria vita, per viverla veramente e pienamente, giorno dopo giorno.

di Vincenzo Noce