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giovedì 28 marzo 2024

''Sudamerica, conflitti e violenza'', l'incontro con Medici Senza Frontiere alle Oblate

20-09-2013

"In America Latina non ci sono più i conflitti classici durati fino agli anni '70, ma c'è una nuova guerra che è quella della violenza e che vede schierati donne e bambini. in Brasile come in Guatemala ma anche in Messico o ad Haiti la nuova sfida di MSF è quella di intervenire in contesti urbani, portando assistenza, senza mai sostituirsi allo Stato ma cercando, tramite azione di lobbing, di far notare allo Stato le emergenze presenti sul proprio territorio". Ha esordito così Giorgio Contessi, responsabile dell'ufficio stampa di Medici Senza Frontiere Italia all'incontro che si è svolto giovedì 19 settembre alla Sala Conferenze della Biblioteca delle Oblate, per la rassegna "Finestre dal mondo", dal titolo "Sudamerica, conflitti e violenza".

"Dal 1971, anno in cui è stata fondata, MSF esprime una doppia anima fatta da medici e testimoni. Ogni azione medica ha bisogno di qualcuno che la racconti e i nostri testimoni sono gli operatori umanitari." Ha proseguito, introducendo la natura dell'incontro e la scelta degli ospiti, Antonio Pascale, scrittore e Maria Cristina Manca, antropologa.

Dal Brasile arriva la testimonianza di Antonio Pascale: "Si chiedeva ad un gruppo di scrittori di visitare alcuni presidi medici di MSF per raccontare ciò che succedeva. Io sono stato nel complesso di Alemao, Bidonville di Rio De Janero da 150.000 abitanti, in mano ad un commando di narcotrafficanti. Le baracche delle favelas si inerpicano sulle colline tramite strade strette e tortuose all'ingresso delle quali i narcos avevano creato dei presidi militari, veri e propri ceck-point in cui delle sentinelle vigilavano sulle persone che entravano. In questo contesto MSF ha allestito un presidio medico di pronto soccorso con tanto di psicologi pronti a dare assistenza ai tanti bambini turbati dalle quotidiane sparatorie. La prima immagine che ho registrato al mio arrivo è stata quella di un palo della luce dal quale si diramavano decine di fili elettrici abusivi. Anche una delle azioni più romantiche, come quella di alzare lo sguardo si scontrava così con una ragnatela di fili che oscurava il cielo. Tempo dopo vidi alla televisione un servizio in cui un'antropologa seguiva quegli stessi fili scoprendo che uno di loro portava ad una baracca dove, di notte, una bambina, che di giorno lavorava, studiava alla fioca luce di una lampada."

Seguendo dei fili simili, Maria Cristina Manca è arrivata fino a Guatemal City, una delle città più violente del Sudamerica: "Il mio è un lavoro fatto di storie - ha raccontato l'antropologa - osservate con uno sguardo diverso rispetto a quello dei medici o degli infermieri." Maria Cristina cura una rete di relazioni per far conoscere sul territorio i progetti di MSF. "Sono stata tre mesi a Città del Guatemala per un progetto di violenze sessuali subite dalle donne. MSF ha aperto una missione di emergenza medica, con appositi spazi dedicati alle donne "sopravvissute" alle violenze. Questo progetto, recentemente rilevato dallo Stato del Guatemala, è iniziato a metà degli anni '80 ed ha istituito anche un presidio all'interno dell'ospedale pubblico. Il servizio, aperto 24h e completamente gratuito, è principalmente gestito da personale locale. Le 5.000 persone arrivate erano in realtà molto poche, mi è stato chiesto quindi di indagare sul perchè molte persone violentate non si rivolgevano a queste strutture. Ho condotto allora uno studio sulla percezione della violenza, intervistando circa 150 persone tra vittime e familiari. Vi è un intero quartiere gestito da narcotrafficanti, coperto dai cittadini perchè la situazione è migliore rispetto a molti altri quartieri. Il narcotraffico infatti, oltre ad aver costruito una rete di infrastrutture, assicura l'assenza delle Maras, bande criminali che si rendono protagoniste tutti i giorni di sequestri lampo e sparatorie. Studiando questo contesto è emersa la difficoltà di fare un lavoro di comunicazione. In una situazione in cui è alto il rischio di essere uccisi o derubati, la maggior parte delle persone non considera l'esperienza della violenza come particolarmente grave, perchè non si muore né si perdono dei soldi. Inoltre le persone violentate nelle altre zone della città non si avvicinano nemmeno ad altri due quartieri, il 7 e il 18, in cui MSF ha allestito i propri presidi, perchè il solo fatto di entrare in quei quartieri è percepito come rischioso per la vita, alla luce delle frequenti sparatorie che in quei quartieri si erano verificate."

"Quali sono le speranze per il futuro, alla luce delle vostre esperienze?" ha chiesto agli ospiti Giorgio Contessi. "Rispetto al passato alcuni parametri, come la mortalità infantile che è diminuita, la crescita dell'aspettativa di vita media e l'espansione dei diritti umani, fanno capire che c'è stato un discreto miglioramento - ha osservato Antonio Pascale - ma un parametro inquietante come la scarsità delle risorse disponibili apre scenari tutt'altro che rosei. Penso che in un mondo globale, come quello in cui viviamno oggi, i problemi delle persone più povere in varie parti del pianeta devono essere sentiti come problemi collettivi e per fare ciò il primo passo è quello di ascoltare le testimonianze che da quelle aree ci arrivano". "A volte il nostro lavoro è frustrante - ha affemato Maria Cristina Manca - perchè si vorrebbe avere la bacchetta magica. Una grande risorsa per noi sono i circoli delle donne, che molto spesso sono il perno delle famiglie disastrate del Guatemala. Ogni volta che aiuti una donna, aiuti in realtà anche i suoi figli ed i suoi parenti".

Giorgio Contessi ha chiuso raccontando un aneddoto: "Una ragazza sieropositiva che incontrai in una delle mie esperienze non voleva sottoporsi alle cure che un nostro centro offriva, per vergogna del giudizio della sua famiglia e per paura di poter essere maltrattata. Riuscendo a vincere le sue paure, ha ottenuto le cure necessarie ed oggi sta bene, tanto che ha avuto un figlio sano. Oggi quella ragazza è diventata una nostra "help promoter" e ci aiuta con le donne che si trovano in situazioni come quella che lei stessa ha vissuto. il suo sorriso contagioso, oltre che una personale vittoria per noi di MSF, è uno dei tanti segnali di speranza per il futuro".

Guido Innocenti