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venerdì 29 marzo 2024

Convegno internazionale di studi ''I classici di Dante - Ricordo di Umberto Carpi''

27-11-2014

E' noto a tutti quell'ometto dal naso aquilino che nutriva una passione sfrenata per una certa Beatrice. Il buon Dante ci è stato servito un po' in tutte le salse fin dai primi tempi della nostra carriera scolastica. Su di lui si è detto di tutto e di più, spesso senza una padronanza adeguata dell'argomento. Eppure, proprio quando sembra impossibile scoprire qualcosa di nuovo sul guelfo ribelle, esce fuori qualche novità, qualche ricerca che porta alla luce aspetti fino ad ora ignorati. In questo sta la grandezza di Dante.

Lunedì 24 e martedì 25 novembre si è tenuto un convegno organizzato dalla Società Dantesca Italiana dal titolo "I classici di Dante". Due giorni interamente dedicati al rapporto intrattenuto dall'illustre fiorentino con gli autori classici. Il tutto in ricordo di Umberto Carpi, docente presso l'Università di Pisa, scomparso prematuramente nell'estate dello scorso anno. L'evento ha portato in città studiosi di livello internazionale, che negli ultimi anni hanno aggiunto ulteriori tasselli al mosaico interminabile dell'attività critica che ruota intorno a questa figura.

Quando parliamo di classici siamo portati a pensare ai grandi autori dell'antichità greco-romana, perchè la nostra cultura ha subito un indrottinamento che guarda in quella direzione. A smentire questo preconcetto ci ha pensato Marco Veglia dell'Università di Bologna, che ha inaugurato la prima giornata con una relazione sugli influssi biblici nel poema dantesco. Veglia si è concentrato sulla figura di Davide, una delle più controverse dell'Antico Testamento. E' considerato il progenitore di quella dinastia da cui discende Giuseppe, e quindi Gesù, almeno per ciò che riguarda la sua vita mortale. Allo stesso modo anche Dante riscopre le sue radici per mezzo del confronto con Cacciaguida, che incontrerà nel corso del suo viaggio attraverso il Paradiso. Ma Davide è anche l'esempio dell'uomo incline al peccato che, per grazia divina, ottiene la redenzione e viene quindi ammesso tra gli eletti. Difficile, infatti, dimenticare come senza scrupoli mandò incontro a morte sicura Uria, il marito della bella Betsabea di cui si era perdutamente innamorato. Allo stesso modo Dante che, per colpa delle sue mancanze, si ritrova nella selva oscura attorniato dalle tre fiere, impossibilitato a salire per via diretta al "dilettoso monte" sulla cui sommità si trova la salvezza, ma costretto ad un lungo viaggio di espiazione. Un elemento che lo accomuna al re biblico sta nell'arrivo di un personaggio inatteso mandato da Dio che ha il compito di redarguirlo e di mostrargli la via: Davide se la vedrà con il profeta Natan, mentre Dante avrà a che fare con Virgilio. C'è poi una ripresa delle sembianze di Davide nel personaggio di Manfredi, incontrato nel Purgatorio, che, per il suo aspetto fisico, ricalca con una certà fedeltà la descrizione che nella Bibbia ci viene offerta del re d'Israele.

Un omaggio a Virgilio, la guida dantesca per eccellenza, è stato al centro della relazione di Enrico Rebuffat del liceo classico Michelangelo di Firenze. Partendo dall'apparizione della lupa nella selva, che per Dante rappresenta la più temibile delle tre fiere, Rebuffat sviluppa il tema dell'avarizia nell'Eneide. Solo l'estirpazione dell'avarizia, avverte lo studioso, permette all'uomo di condurre una vita virtuosa. I suoi effetti sono devastati sull'esistenza umana. Ci conduce a perdere qualsiasi altro interesse nei confronti di cose e persone, ci porta ad alienarci sempre di più dal contesto che ci circonda. L'avarizia che si lega all'oro è in Virgilio la forma primigenia, la più insidiosa, da cui ha origine ogni altro tipo. Rebuffat individua nel poema virgiliano quattro vittime illustri di questa bestia che "ha natura sì malvagia e ria": Turno, il vero antagonista di Enea; la vergine Camilla, cresciuta nei boschi lontano dai vizi degli uomini, che troverà la morte proprio sul campo di battaglia perchè attratta improvvisamente dalla veste dorata di Cloreo; Eurialo che, durante un'incursione notturna nell'accampamento nemico in compagnia di Niso, si lascerà sedurre da un elmo dorato che provocherà la morte di entrambi. Un tragico epilogo che serve da ammonimento: l'eroismo non ci rende uomini perfetti, non ci rende immuni alle tentazioni. Solo una ferma volontà e la capacità di accettare i propri limiti, che poi sono tipici della natura umana, possono portarci a una vita tranquilla, per quanto possibile in pace con noi stessi.

Per info: www.dantesca.it

Massimo Vitulano