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venerdì 29 marzo 2024

''Ho sparato a Garibaldi'' di Arrigo Petacco e Marco Ferrari alla Libreria Feltrinelli

21-03-2016
Lunedì 21 Marzo 2016, alle ore 18.30, presso la Libreria Feltrinelli, in Via dei Cerretani 40 R a Firenze, verrà presentato il libro "Ho sparato a Garibaldi" di Arrigo Petacco e Marco Ferrari, edito da Mondadori.
Marco Ferrari, giornalista a lungo impegnato a Firenze, ne parlerà con Claudio Carabba e Giovanni Maria Rossi.

"Garibaldi fu ferito, fu ferito ad una gamba, Garibaldi che comanda, che comanda il battaglion!": Quasi tutti, grandi e piccini conoscono la canzoncina ma pochi sanno chi fu a ferire davvero Garibaldi. Si chiamava Luigi Ferrari, forse l'unico eroe del Risorgimento a non poter andare fiero della florida stagione che fece nascere l'Italia. Non solo, se per Garibaldi l'Aspromonte fu sinonimo di gloria, per Ferrari ha rappresentato la più grande umiliazione della vita. Un'onta che il luogotenente dei bersaglieri si trascinò fino al suo paese natale, Castelnuovo Magra, dove era tornato, ferito a sua volta e con un piede di legno, in veste di sindaco con il segno indelebile della sua poco onorevole impresa.

"Tutto è nato con una foto – dice lo storico Petacco, autore con Marco Ferrari del libro –la stessa immagine di Luigi Ferrari che era presente in casa mia e in casa di Marco Ferrari. Lo chiamavano l'Eroe ma si sapeva poco di lui. Così abbiamo messo insieme le notizie che avevano di Luigi Ferrari, che era un nostro comune antenato, anche se parliamo di cinque-sei generazioni passate". Arrigo Petacco e Marco Ferrari si sono messi sulle tracce dell’ex bersagliere e svelano la sua vita sconsolata, segnata dall’amore mai vissuto per la bella Martina e da quell’episodio dell’Aspromonte, sino alla redenzione finale, restituendoci il ritratto di un’epoca, di un borgo di confine, di una comunità e di una famiglia che ha sempre difeso quel povero soldato che non aveva fatto altro che obbedire agli ordini.

Luigi Ferrari partecipa alla battaglia di Goito, viene inviato in missione segreta a Carrara, allora ducato di Modena, a fomentare le rivolte popolari, diventa sergente dei bersaglieri e partecipa all’assedio di Gaeta dove, dopo più di cento giorni, Francesco II e Maria Sofia si arresero segnando la fine del Regno delle Due Sicilie e l’inizio dell’Italia unita. Per poi concludere la carriera militare sull’Aspromonte, dove ferisce Garibaldi a un piede e viene a sua volta colpito da un garibaldino. Le camicie rosse sono state fermate, Ferrari ottiene la medaglia d’oro. La consacrazione avviene nella Firenze capitale, invasa dai ministeriali torinesi. Ma la motivazione rappresenterà il suo cruccio e la sua rovina, lui che aveva mirato al piede anziché al cuore, seguendo gli ordini ma evitando l’irreparabile: «Mi avete colpito volontariamente in basso?» gli aveva chiesto l’Eroe dei Due Mondi a Scilla. «Fin da ragazzo sono stato abituato a tirare di caccia. Ho preso un merlo a trenta metri quando avevo dodici anni» gli aveva risposto Ferrari, confermando. Quindi Ferrari morirà da sindaco, assistito dalle amorevoli cure della sorella Natalina Livia e dalla nipote Letizia nella casa paterna. Il suo ultimo, straziante desiderio: «Voglio raggiungere Garibaldi così come l’ho lasciato a Scilla».

Info: www.lafeltrinelli.it