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lunedì 23 dicembre 2024
"La Traccia di Toni", il film sul padre dello scialpinismo italiano al Cinema Astra di Firenze
12-02-2024
Lunedì 12 febbraio 2024, alle ore 21.00, con ingresso libero al Cinema Astra di Firenze, in piazza Beccaria 9, verrà presentato "La Traccia di Toni", il docufilm dedicato al famoso alpinista e guida alpina Toni Gobbi (1914-1970), firmato dal regista Antonio Bocola e prodotto da Grivel. Presenterà il film, il nipote Oliviero, amministratore delegato di Grivel.
Toni Gobbi è considerato non solo il padre dello scialpinismo italiano, ma anche un grande innovatore che trasformò il mestiere di guida alpina; ed un attivo divulgatore. Fu tra i fondatori della UIAGM (Union Internationale des Associations de Guides de Montagne), la federazione internazionale che riunisce le associazioni delle guide alpine. Fra le molte sue coraggiose ascensioni nella zona del Monte Bianco negli anni ’50, spicca la prima salita al Grand Pilier d’Angle (4234m) insieme a Walter Bonatti nel 1957. Partecipò in seguito alle spedizioni italiane nelle Ande Patagoniche (1957-58) e al Gasherbrum IV (1958).
Ben più che il ritratto di una guida alpina o dell’alpinista di vaglia (che pure egli fu), il film è un viaggio spazio-temporale nel mondo dell’immediato dopoguerra, con il successivo boom economico, fino al fatidico marzo 1970, quando accadde l’imperscrutabile: al Sassopiatto, una slavina si portò via il “maestro”, insieme a tre clienti. All’epoca la sua morte suscitò grande emozione e al funerale a Courmayeur accorsero alpinisti da tutta Europa. Eppure la sua memoria nel tempo si è come dissolta, svanita.
Ci voleva un nipote a ridare vita al nonno. «Ero curioso, perché in casa non se ne poteva parlare» racconta Oliviero Gobbi, motore di questa appassionata ricerca che ha portato alla realizzazione del film, di cui è anche autore e produttore. «Nel 2008, alla morte di mia nonna, tutto era rimasto come se lui fosse ancora lì. Così ho fatto ordine, e ho contattato le persone che l’avevano conosciuto.» Parlare con loro non è stato facile. «Per molti si trattava di affrontare un dolore cristallizzato» spiega il regista; «Volevo comunque lavorare sulle emozioni e accompagnare la famiglia in questo viaggio, in una vera e propria rielaborazione del lutto».
La ricca documentazione si anima in un montaggio che ci restituisce una figura di prima grandezza, apprezzabile non solo per quel che mise in atto ma per la forza della visione, tanto in anticipo sui tempi.
Classe 1914, uomo di città con una laurea in giurisprudenza, seppe entrare nel mondo della montagna con garbo e rispetto. Letteralmente rivoluzionò la figura della Guida alpina, trasformandola da mero accompagnatore sulle vie più note, a educatore e formatore di chi gli si affidava. Trasse lo sci dal cono d’ombra delle discipline alpinistiche tradizionali: le sue “Settimane nazionali sci-alpinistiche d’alta montagna” hanno fatto storia. Tutti ne ricordano la straordinaria organizzazione, fin nei minimi dettagli, anche nell’attrezzatura. Sul terreno, la sua capacità di dialogare e l’autorevolezza si trasformavano in autorità: persino la prima discesa nella neve, una sola, limpida e precisa, che egli stesso tracciava, doveva essere seguita da tutti lungo la linea e senza sbavature. Il capo indiscusso era lui, che tutto controlla e pare invulnerabile. Ecco perché una morte così improvvisa e inaspettata lasciò il suo mondo attonito, senza parole. E in fondo senza futuro, per lo meno non nel suo nome.
Il film viene a riscattarlo, a restituirgli quella giovinezza di cui egli stesso parlava in relazione all’andare in montagna: «C’è chi ci va per il rischio e per l’impresa, chi per misurarsi con grandi ostacoli, chi per il miraggio di evadere nel silenzio, nella gioia dello sforzo fisico con la sottile droga dell’aria dei 4000. Io ci vado per tutte queste ragioni e per un’altra ancora, perché la montagna mi aiuta a fermare la giovinezza».
Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili.