Città di Firenze
Home > Webzine > Giovani Reporter > 25 novembre a Palazzo Vecchio: arte, teatro e giovani contro la violenza sulle donne
domenica 22 dicembre 2024

25 novembre a Palazzo Vecchio: arte, teatro e giovani contro la violenza sulle donne

25-11-2016
La violenza sulle donne non è un fatto emergenziale e non è solo un problema di ordine sociale o sanitario. La violenza sulle donne è una questione culturale, radicata nel profondo, legata a stereotipi di genere che persistono da anni.

È per educare, sensibilizzare e mai abbassare la guardia sul tema, che nel 1999 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha istituito il 25 novembre come Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne: un'occasione per parlarne, per seminare degli spunti di riflessione che possano restare in ognuno di noi, facendo germogliare consapevolezza, rispetto per se stessi e per l'altro.

In occasione di questa giornata, il Comune di Firenze ha aderito a "Florence for Women" (F4W), il progetto lanciato nel 2014 dall'assessorato alle Pari opportunità guidato da Sara Funaro e che quest'anno ha voluto proporre qualcosa di diverso dal consueto: celebrare il 25 novembre attraverso l'arte, la cultura e il teatro, perché "capaci di trasmettere il messaggio contro la violenza sulle donne in modo ancora più potente", come affermato dall'assessore Funaro. E i destinatari di questo messaggio non potevano che essere, in particolare, i più giovani: per questo motivo la celebrazione del 25 novembre si è svolta nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio alla presenza delle classi quarte e quinte di alcuni istituti superiori fiorentini (Peano, Galileo, Russell Newton, Cellini, Porta Romana). Un'iniziativa alla quale hanno partecipato il sindaco Dario Nardella, l’assessore alle Pari opportunità Sara Funaro, la vicesindaca Cristina Giachi e il direttore della Galleria degli Uffizi Eike Schmidt che in occasione della Giornata Mondiale contro la violenza, ha voluto fare un grande regalo a tutta Firenze: il trasferimento temporaneo dagli Uffizi a Palazzo Vecchio, seguito dallo storico dell'arte Sergio Risaliti, del dipinto "Giuditta che decapita Oloferne" di Artemisia Gentileschi.

"Troppo poco si parla di violenza di genere - ha esordito il sindaco Nardella, rivolgendosi ai giovanissimi presenti - proprio ieri si è consumato un altro femminicidio, la 116a donna uccisa nel 2016 nel nostro Paese. La violenza contro le donne è la prima causa di morte del genere femminile in Italia, avviene in ogni ceto sociale, in ogni Regione e spesso tra le mura di casa. Fino a pochi decenni fa il delitto contro le donne era considerato delitto d'onore - ha proseguito il sindaco - il modello sociale è cambiato, ma ancora oggi molti uomini non vogliono sentirsi dire di no da una donna, non accettano le maggiori opportunità che fortunatamente ora si presentano alle donne". Rivolgendosi ai giovanissimi studenti, ragazzi e ragazze, il sindaco ha voluto così lanciare un appello: "Io ho molta fiducia in voi. Abbiate rispetto per voi stessi e per gli altri, pretendetelo da chi vi è intorno. Voi siete la nostra speranza e il nostro futuro: dateci una mano a migliorare". 

La mattinata è poi proseguita con una parentesi particolarmente intensa per i giovani presenti, che ha unito teatro e riflessione: la lettura e l'interpretazione di alcuni atti del processo che vide coinvolta come vittima di violenza carnale Artemisia Gentileschi. A dare voce all'artista è stata l'attrice Patrizia Zappa Mulas che ha rievocato i tragici fatti del 6 maggio 1611 quando Artemisia subì violenza da parte del pittore Agostino Tassi, suo maestro. La complessa vicenda giudiziaria, diventata simbolo dei soprusi subiti per secoli e in silenzio da molte donne, vide l'utilizzo della tortura sull'artista, ovvero lo schiacciamento dei pollici: una pratica alla quale veniva fatto ricorso in queste occasioni (ancor più dannosa su una pittrice quale era l'allora diciottenne Artemisia) e che serviva "per verificare l'attendibilità di quanto veniva deposto dalla vittima, per purificarla, per emendare la colpa". 

Il teatro, quindi, come fonte di riflessione: "L’iniziativa di oggi nasce dall’idea di aderire alla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne non solo attraverso tradizionali convegni, che restano fondamentali - ha sottolineato l'assessore Funaro ai liceali presenti  - ma con la cultura, perché siamo sicuri che attraverso le sue varie forme di espressione, possa arrivare un messaggio ancora più potente per sensibilizzare i cittadini. Chi meglio dei ragazzi delle scuole, che sono nell’età giusta per accogliere questo messaggio, può farsi portatore di messaggi positivi per il futuro?”. Messaggi positivi sui quali dover riflettere e lavorare non solo oggi, ma ogni giorno. Un impegno quotidiano, una responsabilità costante confermata anche dalle parole della vicesindaca Giachi: "Noi dobbiamo fare in modo che la comunità usi tutte le energie che ha e le usi al meglio: gli uomini e le donne sono due motori della nostra crescita civile e del nostro star bene. Se uno di questi due motori è tenuto al minimo o è spento, perché c’è lo spettro della violenza o uno stereotipo di genere, è un male per tutti - e ha consluso - Quella di oggi non è una Giornata di celebrazione, ma deve essere un nostro impegno per tutto l’anno”.

Grazie alla collaborazione con le Gallerie degli Uffizi, inoltre, questo 25 novembre è stato nel segno dell'arte e, ancora una volta, di una figura così significativa come Artemisia Gentileschi. Fino a domenica 27 novembre, infatti, l'opera "Giuditta che decapita Oloferne" conservata agli Uffizi è esposta a Palazzo Vecchio in Sala dei Gigli. "L'arte non è solo bellezza. L'arte può assumenre un forte valore sociale, comunicare e provocare riflessione", ha spiegato il direttore degli Uffizi Schmidt ai ragazzi presenti, che al termine della mattinata hanno avuto l'occasione di ammirare da vicino l'opera esposta. Un allestimento temporaneo, ma pregno di significato, perché consente di ammirare il dipinto di Artemisia in dialogo con un'altra Giuditta: quella più canonica scolpita in bronzo da Donatello. Il soggetto è lo stesso: l'eroina ebrea, modello di coraggio e virtù, ma ciò che cambia è l'interpretazione, il messaggio che si intende trasmettere, la carica simbolica. Da una parte la staticità, la fermezza, la posa equilibrata di Donatello, dall'altra l'azione, la violenza, la rappresentazione cruenta fatta da Artemisia. Una rappresentazione che risente del suo vissuto personale: come spiegato anche da Schmidt, infatti, il dipinto può essere letto come una "risposta all'atto di violenza subito". Nonostante sia un soggetto molto rappresentato, la Giuditta di Artemisia è diventata nel tempo manifesto di denuncia della violenza di genere, simbolo di accusa e di riscatto in nome di tutte le vittime che hanno subito in silenzio. Un grido, quello di Artemisia, che si fa pennello e cerca vendetta contro la bestialità del suo carnefice.
Una visione cruda dove anche il sangue si fa tangibile: gocce rosse che da Oloferne/Agostino Tassi arrivano a coprire il seno di Giuditta/Artemisia. Un doppio piano di interpretazione che diventa segno riparatore dell'ingiustizia subita, di rivincita sulla barbarità dell'uomo. Perché di sangue non ne venga versato più. Da nessuna donna.

di Alessandra Toni