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domenica 22 dicembre 2024

Reporter a Teatro: ''I pugni ricolmi d'oro'' di Valentina Mustardino

13-07-2017

Cos'è l'arte, in tutte le sue forme, se non l'emanazione della propria espressività creativa da colui che la sprigiona a tutti quelli che vogliono e riescono a recepirla? Un libro, un film, uno spettacolo teatrale, un quadro, una melodia: ognuno è a suo modo agente di quella sinfonia perfetta che un artista va a comporre, esponendo una propria idea o comunicando un sentimento. La buona riuscita di una sintonia tra l'artista e il fruitore si riscontra proprio nella capacità di trasmettere qualcosa: che sia un significato profondo, un'idea, un'ispirazione, un'emozione viscerale e commovente o semplicemente un sorriso.

Qualche tempo fa ho avuto il privilegio di assistere (o sarebbe meglio dire “partecipare”?!), presso il teatro Niccolini, allo spettacolo dei Carissimi Padri I pugni ricolmi d'oro, una mise en espace che definirei illuminante. Ho usato il termine partecipare per un motivo specifico, riguardante il tipo di rapporto instaurato con il pubblico: l'approccio è quello del teatro partecipato, in cui si cerca di educare lo spettatore, veicolare un messaggio attraverso il coinvolgimento diretto, raccontando spesso con toni ironici e dissacranti vicende storiche che sottintendono risvolti drammatici. Colpisce, attrae e contribuisce a mantenere viva l'attenzione la scelta di utilizzare l'edificio teatrale in tutti i suoi spazi, frantumando brechtianamente quella quarta parete invisibile che a lungo ha relegato l'attore in una condizione di "oggetto" fisso, cristallizzato, distante, osservato da sguardi spenti. Qui invece gli occhi si accendono, luccicano, "lampeggiano" (per citare un'espressione dello spettacolo stesso). Il pubblico non assiste passivamente, ma sviluppa un atteggiamento critico e riflessivo. Credo sia voluto anche l'effetto di straniamento derivato da un primo impatto con la visione, denso di una carica umoristica e simbolo di rottura degli schemi tradizionali dell'interpretazione teatrale. Viene subito svelato il trucco della messinscena e la natura artificiale dei personaggi, attraverso il continuo passaggio tra la prima e la terza persona: ciascuno è allo stesso tempo narratore esterno e personaggio agente. Gli attori si spostano freneticamente, praticando tutti gli ambienti, correndo senza sosta per parchi, galleria e platea, dimostrando uno sforzo non solo interpretativo ma anche fisico. Riempiono gli spazi; riproducono i suoni esterni con l’ausilio della voce, cantano sulle note della fisarmonica di Olimpia Greco; si servono di pochi fondamentali oggetti di scena e quelli che non hanno li simulano; colmano con la plasticità di pose ricercate, con l'impegno fisico e l'espressività corporea una voluta mancanza di scenografia o di costumi "a tema". Tutto ciò che non vediamo concretamente in scena, gli attori riescono a farcelo immaginare e percepire in maniera quasi tangibile. Un quadro variegato e dinamico, perfettamente integrato in quella straordinaria sintonia che rende questo gruppo unico nel suo genere. Dovremmo vederne più spesso di QUESTO teatro! Si tratta di un lavoro sperimentale, di carattere corale, sapientemente diretto dal regista Claudio Longhi. Una sfida, una strizzata d'occhio allo spettatore, una divertita (e divertente) provocazione. E noi l'abbiamo accolta.

Riguardo agli interpreti, che ho avuto la fortuna di conoscere in occasione di un incontro preliminare ed esplicativo dello spettacolo, ritengo che le loro scelte lavorative siano perfettamente in linea con quella che mi è parsa essere la loro personalità: preparati, meticolosi, divertenti, estroversi (come ogni attore che si rispetti!), coinvolgenti. Una sorta di missione, la loro, supportata da un forte interesse personale e da un impegno appassionato. Un plauso a ciascuno di loro, dunque, per aver superato le già alte aspettative: a Eugenio Papalia, per la grande espressività in ogni ruolo; a Michele Dell’Utri, attore completo e d’esperienza; alla bravissima Donatella Allegro; al protagonista Nicola Bortolotti; al poliedrico e dinamico Simone Tangolo; a Diana Manea, davvero strabiliante nel far affiorare i personaggi con mimica azzeccata e impostazione vocale pazzesca; a Simone Francia, versatile e divertentissimo.

Anche a distanza di tempo, rimane in mente la loro interpretazione intensa e coinvolgente, le abilità trasformistiche che permettono loro di passare da un personaggio all’altro, di entrare e uscire continuamente dalla parte, di farsi attori e insieme narratori delle vicende. Questo processo metamorfico che permette di penetrare personalità sempre differenti è una delle qualità più affascinanti che possieda un attore. Oltre all’incredibile capacità di relazionarsi con il proprio pubblico, di creare un rapporto alla pari dentro e fuori dalla sala: in fondo cos’è l’attore senza il suo pubblico?! Esempi di professionalità, impegno, umiltà e simpatia, i Carissimi Padri riescono ad avvicinare al teatro anche i più restii. Non perdeteveli!

Valentina Mustardino



Valentina Mustardino con questo articolo ha partecipato al concorso "Reporter a Teatro" indetto dal Portalegiovani del Comune di Firenze e dalla Fondazione Teatro della Toscana.