La Locandiera B&B si rivela una rivisitazione a 360 grandi di un classico intramontabile, una proiezione della tradizionale locanda fiorentina in epoca moderna, in cui assume le sembianze di un bed and breakfast. Edoardo Erba riscrive completamente l’opera goldoniana rispettando però lo spirito che la caratterizza. Con l’aiuto del regista Roberto Andò infatti riesce comunque a far riflettere il pubblico dello storico Teatro della Pergola di Firenze sui vizi che non scompaiono nel tempo ma semplicemente si adattano ad esso.
La trama e’ un climax crescente di un gioco pericoloso che con il procedere della notte svela relazioni e intrighi ambigui tra sette personaggi altrettanto complessi. Mira, la moderna locandiera e personaggio principale della commedia, si trova per l’intera messinscena a fare da giudice e da mediatore tra gli ospiti dell’antica villa di proprietà del marito, recentemente trasformata in un albergo. La cena d’affari, organizzata dal marito Rando, si trasforma in un irrefrenabile richiesta di spiegazioni da parte dei loschi commensali ad un apparentemente ingenua e disorientata Mira dal momento in cui diventa chiara l’assenza ingiustificata del proprietario di casa. In aiuto della padrona di casa arriva un inaspettato sconosciuto in cerca di un alloggio per la notte, il signor Riva, e Mira non perde l’occasione proponendo uno scambio: una stanza in cambio di un aiuto in una situazione di tale imbarazzo. Nel secondo atto la situazione si complica con una serie di colpi di scena che aumentano l’inquietudine nello spettatore, una tensione che si risolverà solo nello sconvolgente finale, non senza crimini, in cui la protagonista si mostrerà tutt’altro che ingenua e priva di armi.
Mira e’ un personaggio di trasformazione che evolve soprattutto durante il secondo atto, dove si trasforma nella Mirandolina di Goldoni, una donna furba e audace al pari del marito, e dove rivela il suo vero ruolo di “deus ex machina”, in quanto fautrice delle sorti della serata sin dal principio.
Il ruolo complesso della protagonista e’ reso da una splendente Laura Morante che riesce fin da subito a catturare l’attenzione dello spettatore e a trascinarlo in una realtà priva di morale, con una performance pari a quella de La stanza del figlio e di Ricordati di me. Da citare anche gli altri attori che contribuiscono al successo della messinscena, come Giulia Ando’, Bruno Armando, Eugenia Costantini, Vincenzo Ferrara, Danilo Nigrelli e Roberto Salemi.
Di altrettanto livello e’ la scenografia di Gianni Carlucci che nel primo atto divide il palcoscenico in una cucina e una sala da pranzo, permettendo al pubblico la visone di entrambi contemporaneamente, per poi trasformarsi nel secondo atto nell’anticamera dell’albergo al piano superiore. Un ruolo fondamentale viene giocato anche dalle musiche di Humbert Westkemper che aumentano il patos dell’intera messinscena in contrasto con le allegre canzoni canticchiate dalla falsa Mira.
Particolari i costumi di Alessandro Lai che nella loro ordinarietà, in linea con i giorni nostri, irrompono nell’inconsuetudine di ciò che accade sul palco.
Il linguaggio varia da attore ad attore definendo in modo marcato i rispettivi profili sociali ed enfatizzando il caos gia’ dettato dalla complicata rivisitazione. Il regista sottolinea così la boria del signor Albi, l’iniziale civetteria di Mira, la misteriosità del contabile Brizio, la marcata differenza tra le due attrici Deja e Orte e l’irreale disinteresse del signor Poli.
Il finale, che definisce chiaramente il carattere comico e misterioso dell’intera commedia, lascia sbigottita l’intera platea che si trova a fare i conti con delle aspettative in gran parte sbagliate, ma comunque ben soddisfatte da una messinscena intrinsecamente anticlassica.
Camilla Bandinelli
Camilla Bandinelli con questo articolo ha partecipato al concorso "Reporter a Teatro" indetto dal Portalegiovani del Comune di Firenze e dalla Fondazione Teatro della Toscana.