Messinscena intrisa di mistero e humor nero quella rappresentata al Teatro della Pergola di Firenze, una rivisitazione completa della Locandiera di Carlo Goldoni a opera del drammaturgo Edoardo Erba e a cura del regista Roberto Andò.
La vicenda si svolge in un'antica e tetra villa della Toscana che sta per essere tramutata in un albergo, la proprietaria della villa Mira (Laura Morante) si ritrova al centro di una cena con quattro ospiti: Albi (Bruno Armando) che rappresenta il personaggio goldoniano del conte di Albafiorita, Poli (Roberto Salemi) rappresenta il marchese di Forlipopoli e le due commedianti Orte e Deja (Giulia Andò e Eugenia Costantini) le omonime Ortensia e Dejanira, tutti sono in attesa del marito della donna che però non si presenterà per tutta la durata dello spettacolo. Quando improvvisamente il contabile della società Brizio (Vincenzo Ferrera) che ricorda Fabrizio, lascia la tenuta, la donna rimane sola a gestire la serata e la suspense aumenta quando entra in scena un ospite misterioso: il signor Riva (Danilo Nigrelli), il cavaliere di Ripafratta.
Coinvolgente la recitazione di tutti gli attori e in particolare spicca l'interpretazione di Laura Morante, molto naturale e convincente nelle sue battute, che carica consapevolmente la parte con il suo essere logorroica: Mira è la regista di tutta la messa in scena.
Famosa attrice che ha esordito in teatro a fianco del grande Carmelo Bene per poi affermarsi nel cinema italiano con celebri film come La stanza del figlio di Nanni Moretti e Ricordati di me di Gabriele Muccino, la Morante si inserisce nella tradizione delle grandi locandiere del teatro italiano come Valeria Moriconi e Carla Gravina.
Questa Locandiera B&B di Erba è una rilettura a trecentosessanta gradi dell'opera di Goldoni, un classico per eccellenza, ed è presente lo spirito di Goldoni e della Locandiera: il “mondo” goldoniano come spaccato della realtà contemporanea, privo di moralità, e l'utilizzo del “teatro” come strumento per mettere in scena i vizi di un mondo di faccendieri. Il numero dei personaggi è lo stesso ma con una ricercata finezza dei nomi che ricordano quelli goldoniani.
Il primo atto è tutto un depistaggio dello spettatore: Mira è una dark lady sui generis e solo nello scioglimento finale si capisce il senso dell'opera. Nella metamorfosi di Mira rivive lo spirito di Mirandolina, donna dal forte senso imprenditoriale e smania di potere, cinica e opportunista come la locandiera di Goldoni. La lingua come nel teatro goldoniano serve per collocare i personaggi e Mira parla un fiorentino 'super' dialettale mescolato all'aretino e al maremmano.
La regia filante di Andò si articola nei cambi di scena: la prima è una sala da pranzo con la cucina antigua mentre nella seconda i corridoi della villa rappresentano simbolicamente i segreti che si celano tipici delle locande. La scenografia e la soffusa illuminazione, entrambe curate da Gianni Carluccio, contribuiscono alla creazione del clima di suspense, mentre gli arredi scenici danno vita ad un'atmosfera cupa e noire come lo specchio sullo sfondo che crea un cambio di prospettiva. Alessandro Lai proprone costumi ordinari nella non ordinarietà di quanto accade, contemporanei e raffinati. La musica di Hubert Westkemper crea il sottofondo e un contrasto tra scene cupe e comiche con canzoni attuali come Lean on e Pedro della famosa Raffaella Carrà.
Spettacolo apprezzabile ma non del tutto convincente per l'operazione rischiosa del distaccamento eccessivo dall'opera di Goldoni. Per la prima volta viene messa in scena una Locandiera anticlassica, completamente rivisitata, con grande coraggio del drammaturgo e del regista e della prima attrice.
Questa non è una mise en scène popolare di approccio immediato ma necessita di una riflessione finale soprattutto sul personaggio di Mira, che non è una delle tante Mirandoline ma è la Mira di Andò.
Alessia Cuccuini
Alessia Cuccuini con questo articolo ha partecipato al concorso "Reporter a Teatro" indetto dal Portalegiovani del Comune di Firenze e dalla Fondazione Teatro della Toscana.