Essere se stessi. Intervista al poliedrico scrittore Matthew Licht - Il suo motto? "Mira in alto. Spara più forte che puoi. Non guardarti indietro" di Matteo Ghidini. Questo articolo è stato scritto all'Edera Summer Camp, il laboratorio gratuito di Edera Rivista e Informagiovani del Comune di Firenze per giovani su strumenti comunicativi e linguaggio giornalistico in programma dal 17 al 20 giugno 2024 al PARC Performing Arts Research Centre.
Matthew Licht è un personaggio pieno d’interessi. Crescendo fra l’America e l’Italia, ha sviluppato uno stile graffiante che pervade la sua scrittura e le sue letture. Uno scrittore che ama l’alpinismo, il canottaggio e a cui piace affacciarsi anche ad altre forme d’arte.
Come sei arrivato a Firenze?
«Sono cresciuto a Firenze, sono venuto a vivere qui quando avevo 7 anni; mio padre faceva lavori di restauro. Dopo il liceo, sono andato a New York per fare l’università, una parentesi a New Orleans e a Los Angeles. Poi però non ho più voluto stare lì e sono fuggito; intendevo iniziare un’altra vita. Avevo una mezza idea di fare la guida alpina, ma quella storia non ha funzionato. Dopo la fine di una relazione ho convissuto con un mio amico fiorentino; con il tempo ho capito che era una città tranquilla per scrivere. A Firenze ora mi trovo bene, mi piace molto andare in bicicletta, intorno alla città ci sono strade di campagna veramente belle: questo mi è d’ispirazione».
Cosa ti ha avvicinato alla scrittura?
«Sin da bambino scrivevo e costringevo i miei fratelli a interpretare i ruoli delle storie. Alle scuole medie però sono andato in gita a Roma e sono rimasto sbalordito dalla grandezza e dalla bellezza, dall’acqua per esempio che scorreva dappertutto. Ho capito che non potevo contenere l’emozione e dovevo buttarla giù. A una maestra piacque quello che scrissi e decise di pubblicarlo su un giornale di Firenze. Così è iniziata una vita da scrittore».
Ogni settimana scrivi su un blog chiamato Hotel Kranepool…
«Sì, faccio parte di un gruppo di artisti che si chiama Stanza251. I due fondatori hanno dato a ognuno di noi uno spazio per potersi esprimere e da un disegno di Raymond Pettibon ho scelto il nome del progetto. È nata l’idea di scrivere le vicende di un hotel strano, collocato in nessun posto. Un universo in cui chi vuole leggere può perdersi; con il tempo poi ho aggiunto delle immagini anche su richiesta dei lettori. Hotel Kranepool sicuramente non è per bambini, ma forse ai ragazzi potrebbe divertire. Presto forse uscirà una raccolta di alcuni episodi scritti sul blog edita da Grani Edizioni».
Quale sono gli altri progetti a cui stai partecipando?
«Con un amico ho scritto tre romanzi gialli, la Trilogia di Montecumoli edita da Edizioni Erasmo. È stato un vero piacere scriverli: lui si inventava i delitti, io gli fornivo personaggi e atmosfere, due elementi importanti per la storia. Insieme alla scrittura, dopo il lockdown ho iniziato a fare dei film con un fotografo e con attori di mia conoscenza. Uno lo abbiamo già proiettato, si chiama “Danni” è diviso in tre episodi e parla dei miei problemi con il mondo femminile, narrati durante una sessione di psicoterapia. Magari lo presenteremo a qualche festival vicino a Firenze».