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mercoledì 15 ottobre 2025

Edera Summer Camp: "Nasci, erediti, muori" di Pushpanjali Dallari

12-09-2025
"Nasci, erediti, muori" di Pushpanjali Dallari è l'articolo scritto all'Edera Summer Camp, il laboratorio gratuito di Edera Rivista e Informagiovani del Comune di Firenze per giovani su strumenti comunicativi e linguaggio giornalistico in programma dal 9 al 12 giugno 2025 al PARC Performing Arts Research Centre.

Quando, all’ultimo anno di liceo, dissi a mia madre che Ottavio (nome di fantasia), un mio compagno di classe, aveva scelto di frequentare la facoltà di Giurisprudenza, ottenni una risposta lapidaria: «Ovvio. I figli dei notai fanno i notai». Che certi mestieri siano ereditari è del resto un luogo comune ampiamente diffuso; ma c’è del vero? È quello che si sono chiesti Guglielmo Barone e Sauro Mocetti, economisti della Banca d’Italia, e per capirlo hanno scelto di analizzare proprio la città di Firenze: il risultato è stato uno studio pubblicato nel 2016, Intergenerational mobility in the very long run: Florence 1427-2011. 

Questo studio tuttavia non si limita a indagare l’eventuale ereditarietà delle professioni, ma esamina anche la conservazione della ricchezza e dello status sociale all’interno della stessa famiglia: per farla breve, ciò che gli esperti chiamano mobilità intergenerazionale.

Uno degli indicatori di quest’ultima è rappresentato dall’elasticità intergenerazionale, ovvero la misura in cui le condizioni socio-economiche dei padri influenzano quelle dei figli. Ebbene, in Intergenerational mobility in the very long run: Florence 1427-2011 si mostra che l’elasticità intergenerazionale non si estende solo di padre in figlio, bensì può essere rintracciata attraverso diverse generazioni, addirittura dopo sei secoli.

Sauro e Mocetti hanno infatti esaminato il catasto del 1427, che riportava, a scopi fiscali, dati sull’occupazione e il reddito dei circa diecimila capofamiglia dell’epoca, confrontandolo con le dichiarazioni dei redditi dei fiorentini per l’anno 2011, associando le famiglie nell’uno e nell’altro elenco per cognome. Il risultato, incredibile. Non solo è emerso come la ricchezza sia rimasta concentrata nelle mani di determinate famiglie (900 dei cognomi più abbienti sono tuttora presenti in città), ma anche come certe professioni siano state tramandate di padre in figlio (avvocati, banchieri, orafi) per 600 anni.

Non è una buona notizia: una società immobile è fonte di disuguaglianze. Ne parlo con Lisa e Jacopo (nomi di fantasia), entrambi under30, quindi Gen Z, che a Firenze sono nati e cresciuti. Lei, figlia di un chirurgo e di una casalinga, Lui, figlio di operai; entrambi studiano medicina (Lisa sostiene che suo padre non ha influito nella sua scelta). Vivono a casa dei loro genitori e «Le nostre famiglie ci danno ancora una mano, con le tasse dell’università e cose del genere». Non sono stupiti dal risultato dello studio: «Firenze è per ricchi e per turisti ricchi».

Chiedo se le differenze sociali abbiano influito sul loro percorso scolastico: «No, abbiamo fatto lo stesso liceo e abbiamo la stessa preparazione». La scuola come parificatore sociale? «Nel mio caso in un certo senso sì», commenta Jacopo, che aggiunge «Molto hanno contato la fiducia e il sostegno dei miei genitori». Oggi siamo immersi fino al collo nella retorica del Se vuoi puoi.

«Chi dice così di solito ha le spalle parate. Tipo il figlio del banchiere che lascia il lavoro per coltivare la vigna di famiglia, finisce sui giornali e tu devi pure dirgli bravo» afferma Lisa, che continua: «Essere economicamente indipendenti, viaggiare, scegliere un mestiere diverso da quello dei propri genitori: dovrebbero essere cose normali, ma qui non lo sono». Dalla mia conversazione con Lisa e Jacopo esco con una certezza: l’Italia non è un paese per giovani a meno che questi giovani non facciano quello che facevano i loro padri, e Firenze ne è la lampante dimostrazione.