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domenica 19 maggio 2024

Reporter alla Pergola: ''Tra ironia ed introspezione: ''La Coscienza di Zeno'' ci fa riflettere sulla condizione umana''

12-05-2014
Uno dei romanzi più profondi della letteratura italiana rivive nella trasposizione teatrale al Teatro della Pergola: "La Coscienza di Zeno" di Italo Svevo, viene proposta dalla Compagnia del "Teatro Carcano di Milano", con la regia di Maurizio Scaparro.
Scaparro, maestro del teatro italiano e internazionale, sceglie lo storico adattamento di Tullio Kezich del 1964 per proporre l'opera, portata sulle scene per primo da Alberto Lionello nello stesso anno.
Sullo sfondo di una Trieste cosmopolita e commerciale, incastrata nel passaggio epocale dalla Belle Epoque alla Prima Guerra Mondiale, si svolge una seduta psicoanalitica, nella quale Zeno Cosini, protagonista del romanzo, rievoca la sua vita nelle esperienze che più lo hanno segnato, partendo dal fumo, passando dalla morte del padre sino al matrimonio.
“La Coscienza di Zeno”, scritto nel 1923, è il terzo ed ultimo romanzo scritto da Italo Svevo, un’opera emblematica della letteratura italiana del primo Novecento, che esprime i timori e i disagi dell’uomo moderno, il quale si scopre privo di certezze e incapace di inserirsi positivamente nel contesto sociale e culturale dell’epoca che lo circonda.
Nella letteratura del periodo, la figura del protagonista del romanzo cambia radicalmente con l’introduzione del nuovo “antieroe”: l’inetto; nel romanzo ottocentesco il protagonista era un personaggio a tutto tondo, espressione di un ben identificato sistema di valori, che aveva chiaro l’obiettivo della sua vita; viceversa l’inetto soffre dell’incapacità di progettare la propria vita, di darle finalità e obiettivi, di agire, di provare emozioni e sentimenti autentici: in una parola, la cosidetta “senilità”.
Anche Zeno è “malato” di senilità, e tutta la sua vita è tesa a raggiungere la “sanità”, tipica della società borghese. Zeno però non è una persona che fallisce nella vita, bensì, attraverso uno sguardo critico e consapevole verso i meccanismi della società borghese, risulterà alla fine un uomo che avrà successo: troverà  una moglie che gli vorrà bene, riuscirà a condurre un’impresa commerciale e, soprattutto, saprà guardare la realtà in modo ironico e distaccato (Nelle sue parole: "La vita non è ne' brutta ne' bella, ma è originale").
Svevo scrive quest’opera dopo un periodo di inattività, nel quale viene a conoscenza della psicoanalisi freudiana; nonostante non la giudichi un efficace strumento terapeutico, tuttavia gli è funzionale come tecnica narrativa. Nell'opera troviamo numerosi riferimenti e temi cari alla tecnica psicoanalitica: il legame di amore-odio verso il padre, la continua messa a nudo di disagi interiori, ambiguità e incertezze del protagonista, la presenza di lapsus (lo “sbaglio” di funerale, la dichiarazione “sbagliata” alla futura moglie).
La difficile sfida nell'interpretare il ruolo di Zeno è affidata a Giuseppe Pambieri, uno degli attori più poliedrici delle nostre scene; la versatilità e l'esperienza di Pambieri gli permettono di imprimere al suo personaggio quel tono al contempo ironico e meditativo, al punto che sembra davvero di veder vivere le vicende di Zeno sul palco.
Ricalcando lo stile del romanzo, con il narratore interno e onnisciente, Zeno è sempre presente in scena, entra ed esce in tutte le situazioni recitando il doppio ruolo di protagonista e narratore delle vicende, che ci accompagna attraverso i celebri capitoli tematici dell'opera sveviana.
La fluidità delle vicissitudini dei personaggi ci proietta continuamente nell'universo di un uomo comune, così comune che ogni spettatore in sala può riconoscervi i propri difetti, sorriderne, e prenderne consapevolezza in modo autentico.
E' attraverso la "malattia", cioè con lo sguardo ironico e distaccato o, detto nelle parole di Zeno, "l'originalità", che ognungo può prendere davvero "Coscienza" di sè.
 
Alessio Vagaggini