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domenica 19 maggio 2024

Reporter alla Pergola: ''La coscienza di Zeno o la comicità dell'inadeguatezza''

12-05-2014

Ho conosciuto Zeno a 16 anni quando mi fu imposto durante i miei studi liceali. Quando l'ho rincontrato, qualche sera fa al Teatro della Pergola, ho faticato a riconoscerlo. Della lettura del romanzo di Svevo mi ricordavo un protagonista malinconico, infelice e disilluso, un uomo incapace di prendere veramente in mano la propria vita. Ora, credo che la mia impressione sia stata fortemente influenzata dalla condizione in cui lo lessi, costretto a prenderlo come un compito scolastico. Da allora diverse volte mi sono ripromesso di prenderlo in mano, nella speranza che una lettura più libera potesse rivalutarlo. Dunque quando ho visto in cartellone la rappresentazione teatrale di  Maurizio Scaparro non ho perso l'occasione. Tuttavia lo Zeno che mi sono trovato davanti era piuttosto diverso da come me lo ricordavo: un personaggio divertente, a tratti comico, spensierato e allegro. Ma soprattutto“ottimista” come lui stesso dichiara. Io che me lo immaginavo cinico e distante lo ritrovo impacciato e buffo.
Il risultato è buono, anche se a tratti mi ha lasciato un po' incerto. Lo spettacolo è ben costruito, le oltre due ore di rappresentazione volano senza accorgersene, merito anche delle interpretazioni degli attori, primo fra tutti Giuseppe Pambieri, nel ruolo di Zeno. D'altra parte è giusto rendere merito, oltre che a Scaparro, anche a Tullio Kezich, l'autore originario di questo adattamento teatrale.
Ma la forza del personaggio Zeno probabilmente è proprio questa: ognuno lo interpreta a proprio modo, e ci si immedesima come preferisce. Perchè tutti, quando leggiamo “La coscienza”, siamo tentati di rivederci in quel personaggio così umano e così pieno di difetti. Zeno fuma, Zeno è indeciso, Zeno è ipocondriaco e nevrotico, Zeno è inadeguato a lavorare, Zeno è addirittura incapace di scegliere la propria moglie! D'altra parte è figlio di quel filone letterario che fa capo a “L'uomo senza qualità” di Musil, ed è sostanzialmente inadeguato a vivere. Non possiamo che sentirlo vicino alle nostre infelicità e ai nostri fallimenti. Non fosse altro, per il fatto che ci ricorda che lui, malato tra i sani, alla fine è il vero e unico vincitore. E se con questo ci fa anche ridere, tanto meglio.

Andrea Baroncini