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domenica 19 maggio 2024

Reporter alla Pergola: ''La statura del male''

12-05-2014

C'era una volta...“Un re!” diranno subito i miei piccoli lettori. Ebbene sì, stavolta avete indovinato. Due metri e poco più, abnorme e deforme nel fisico e nell'animo. Il sole di York, un sole che evidenzia le ombre più che emanare luce, è giunto al Teatro de La Pergola. E al suo seguito, una schiera di personaggi sui quali Tim Burton sembra averci messo lo zampino. Alessandro Gassman è in testa al gruppo, è lui il temibile Riccardo, è lui il gigante in un mondo che sembra troppo piccolo per accoglierlo, in una York di cui è il regista. Affiancato da Vitaliano Trevisan che ha reso un accattivante adattamento del testo shakespeariano, Gianluca Amodio per la scenografia cupamente gotica, Marco Schiavoni per l'accattivante videografia e Mario Tufano per i costumi di tutto il cast, che viaggiano nel tempo dal Rinascimento al nazismo, passando per un retrogusto steampunk. Fin dal primo atto non abbiamo scampo, siamo catapultati subito in un mondo freddo, dove persino le mura hanno orecchie, dove nessuno è al sicuro... se un aspirante Re è nei paraggi. Nell'opera shakespeariana Riccardo è piccolo, deforme, decisamente di brutto aspetto, e per questa sua orripilante diversità gonfio d'odio e di rabbia verso il mondo. Alessandro Gassman compie innanzitutto un'operazione singolare: non potendo abbassare la sua altezza, si eleva ancora di più del suo metro e novantadue fino ad erigersi prepotentemente su ogni cosa. È il suo gigantismo a dominare tutto e tutti: da Tyrrel, fidato sicario senza scrupoli ma la cui coscienza farà capolino tra un assassinio e l'altro, al subdolo Buckingham, il cui dialogo con Re Riccardo sul finire del secondo atto mostra quanto il peso di tanta crudeltà si riveli ad un tratto croce insopportabile, passando in sostanza per chiunque osi frapporsi fra lui e i suoi obiettivi. La mostruosità del protagonista, fatta di una mimica studiata e precisa a tal punto da sembrare naturale, si rivela appieno nell'infima capacità di persuasione che lo impregna (e della quale cadrà prima vittima Anna, alla quale Riccardo ha ucciso marito e suocero, che accetterà di sposarlo dopo un serrato confronto), a tal punto che alla fine del primo atto non si può fare a meno di tifare per lui, nell'immorale strage che sta compiendo fra parenti e amici considerati minacce. Lo spettatore si stupisce di provare una simile emozione, ma la modernità del personaggio è in fondo questa: conquista con la sua abnormità, il suo essere più che umano, l'intelligenza di cui è stato fornito dalla natura a compensare la bellezza che gli manca.
Il secondo atto è il lento disgregarsi del trono su cui Riccardo è arrivato a poggiare. Gli ultimi omicidi ma anche la caduta psicologica dei suoi fedelissimi, la cui umanità esiste ancora. Di grande resa i dialoghi che Riccardo tiene con la madre, la duchessa di York, la quale lo saluterà per sempre con le peggiori maledizioni ma chiamandolo comunque “figlio”, e con Buckingham, il quale reclama le contee promesse ad un Re che già pensa alle sue prossime vittime, non prestando ascolto a chi sembra vacillare o pretendere. Il linguaggio dell'opera è adatto a tutti, scremato dalle parole troppo lontane o “arcaiche” del testo originale per un preciso volere di Alessandro Gassman, il quale ha più volte ripetuto, anche nell'incontro con il cast tenutosi alla Pergola qualche giorno dopo la prima, di voler avvicinare anche un pubblico giovane al suo Riccardo, e pur mantenendo l'essenza shakespeariana farne uno spettacolo godibile per tutti. La videografia è un'azzardo degnamente ripagato dal favore con il cui pubblico pare averla accolta: due pannelli fissi dividono l'area scenica in due, permettendo giochi di luce, cambi scena rapidi, proiezioni di paesaggi e battaglie nonché i fantasmi delle vittime del tiranno che popolano l'ultimo suo incubo, presagendogli la fine. Le musiche sono moderne (i più acuti avranno notato “I've got a woman” di Ray Charles dopo il corteggiamento di Lady Anna) e contribuiscono in maniera non eccessiva al grottesco di cui l'intero palco vuole essere specchio. Pur tifando per il terribile Riccardo, persino lo spettatore più tenace arriva a fine spettacolo stremato interiormente. Se si è lasciato prendere per mano dal mostro non c'è pace fino alla fine: condividiamo con lui la soddisfazione del trono, la rabbia per la minaccia del legittimo suo erede, la paura che lo invade nell'ultima lotta. Tuttavia, quando Riccardo III cade, morto, al suolo, non siamo rassicurati dal trionfo dell'avversario Richmond, unico superstite alla sua furia e futuro Re, che veste richiamando echi nazisti. Alessandro Gassman decide di concludere con i Dire Straits uno spettacolo unico e certamente memorabile, fatto di scelte ponderate e forse azzardi mancati, ma certamente di una forte carica emotiva e un cast di tutto rispetto. Il sole di York sa viaggiare, e dalla Pergola riparte. Se uno spettacolo del genere è in grado di farci emozionare ancora oggi... lunga vita a Riccardo!

Giada Moneti