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domenica 19 maggio 2024

Reporter alla Pergola: ''L'inaspettata leggerezza di Leopardi''

12-05-2014
La nuova sfida di Mario Martone si chiama Operette morali. Dopo il trionfo della stagione scorsa di La serata a Colono, testo teatrale mai messo in scena prima di Elsa Morante, il regista propone una rappresentazione di uno dei capolavori di Giacomo Leopardi. Una scelta audace: apparentemente Le operette morali sono un testo difficile da portare sul palco, soprattutto per il linguaggio arcaicizzante. Gli interpreti riescono nell’intento di rendere fruibile le parole del poeta, che rivelano un carattere teatrale ed evocativo, ben sfruttato anche dalle maestose scenografie di Mimmo Paladino, artista contemporaneo che ultimamente ha lavorato molto per il teatro. Viene quindi spontaneo chiedersi perché non sia stata pensata prima una messa in scena di questo testo. La forma dialogica della maggior parte dei componimenti e la vena ironica con cui sono affrontati temi universali come la morte e l’infelicità fanno delle Operette morali un testo vincente. Martone dichiara apertamente che si tratta di una scelta di “politica culturale”: invece di seguire strade sicure per compiacere il pubblico, il dovere del teatro è anche quello di rischiare liberamente per ciò in cui si crede. In effetti, in tempi di crisi, economica ma anche culturale, non è semplice portare in scena un autore come Leopardi, purtroppo spesso sottovalutato o, peggio, deriso per il suo pessimismo solitario. Al di là della superficie, Martone contribuisce alla distruzione di questi luoghi comuni che, se in parte possono trovare un riscontro reale, dall’altra non sono tutto. Lo spettacolo dello Stabile di Torino mette in luce un Leopardi che, pur avendo i classici come punto di riferimento, si rivela perfettamente in grado di reinterpretarli in una chiave nuova e persino comica. Il pubblico segue grazie alla compagnia dello Stabile di Torino il percorso di riflessione leopardiana, che resuscita personaggi mitologici e storici per dar voce alla sua filosofia. Gli attori danno vita alle immagini fantastiche delle prose e dei dialoghi, impersonando figure indimenticabili, come Ercole e Atlante che si burlano della leggerezza e dell’insignificanza della terra e degli esseri umani, la Terra e la Luna, entrambe sicure dell’infelicità di tutti gli esseri, umani e non umani, le mummie di Federico Ruysch che per un quarto d’ora riprendono vita e raccontano l’esperienza della morte, la Moda, sorella della Morte, nata come lei dalla Caducità. L’esito di ogni componimento è privo di speranze: mentre l’islandese si lamenta con l’ostile natura, due leoni interrompono i suoi discorsi e lo divorano, il dubbio sulla positività del furto del fuoco da parte di Prometeo è confermato dalle atrocità compiute dall’uomo proprio con quest’elemento. Insomma, niente può salvare l’uomo dal suo destino d’infelicità, insito nella sua natura, poiché gli sono state date solo parvenze di infinito e perfezione. Tuttavia, le riflessioni crudeli di Leopardi sulla vita felice come ossimoro sono spesso scavalcate dall’umorismo, che fanno sorridere lo spettatore nonostante la gravità degli interrogativi filosofici. Lo stesso scrittore diceva infatti che “la disperazione ha sempre nella bocca un sorriso”.

Elisa Grimaldi