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domenica 19 maggio 2024

Reporter alla Pergola: ''Le “Operette Morali” di Mario Martone''

12-05-2014

Il poeta è colui che si addentra alla ricerca di quello che Ungaretti ha definito il “Porto sepolto”, per riemergere con la giusta parola o immagine che sappia descrivere l'oggi. Il poeta è colui che fa di questa immersione nei substrati dell'anima umana, lo sport preferito e che raccoglie parole prive di connotazione temporale. Giacomo Leopardi è un poeta vivente che vivrà fino a quando l'uomo continuerà ad interrogarsi sulla propria condizione, ed è per questo che è necessario riscoprirlo di tanto in tanto, rileggerlo e dal 2011 vederlo a teatro.
Mario Martone firma uno spettacolo azzardato e coraggioso che riesce magnificamente, per la capacità dell'opera leopardiana da cui è tratto di universalizzarsi nel tempo. Le “Operette Morali”, di cui non è importante ricordare la data di componimento o il numero di testi che contengono, sono  l'opera che maggiormente si avvicina all'idea di un copione teatrale, in quanto formata da dialoghi tra due o più protagonisti, ma sono anche l'opera meno conosciuta e sfruttata del poeta di Recanati.
Difficile è dunque la volontà di questo adattamento di far riscoprire un Leopardi diverso da quello dei manuali di letteratura, diverso dall'immagine di ragazzo malaticcio e solitario che osserva la vita del “borgo natio”, ma invece profondamente moderno e rigidamente materialista.
Il poeta, e quindi lo spettacolo, anticipa temi che verranno sviluppati e sfruttati moltissimi decenni dopo la sua attività, come la riflessione sul momento esatto della morte nel “Dialogo di Federico Ruysh e delle sue mummie”; sulla concezione di moda e bellezza nel “Dialogo della moda e della morte”; sul suicidio e l'infelicità nel “Dialogo di Plotino e Porfirio” ed  è uno dei primi letterati italiani ad affidare ad una sua opera il proprio testamento filosofico nel “Dialogo di Tristano e di un amico”. Tra questi e molti altri temi si snoda la regia di Martone, che sfruttando il coinvolgimento e l'attualità delle parole del poeta, divide l'azione tra il palco e la platea, con personaggi che emergono dal buio vicino allo spettatore, sorprendendolo e inserendolo nell'azione. L'uso delle luci e della scenografia riflettono molto la contemporaneità dello spettacolo, che a tratti riesce a staccarsi dall'opera per diventare autonomo e di una originalità disarmante, facendo della paternità leopardiana del testo un solo quid in più alla bellezza del risultato finale.
Molti di noi hanno studiato Leopardi nei licei di tutta Italia, alcuni lo hanno apprezzato altri hanno preferito odiarlo, ma alla visione di questo spettacolo in tutti rimarrà la voglia di approfondirlo, di riscoprirlo, e di cercare il senso più profondo delle sue parole. Ed quindi in questo modo, che Martone riesce a fare un servizio allo spettatore, non limitandosi a recitare un testo di base, ma svelando al pubblico il lato disperato e cinico, del più grande “realista” italiano.
“Dicono i poeti che la disperazione ha sempre in bocca un sorriso” ed infatti, non mancano momenti che sollevano gli angoli della bocca in un sorriso, che però ha sempre un retrogusto amaro lasciato dalla verità delle battute, che Leopardi scrive incattivito nei confronti della vita e dell'uomo, che mai come in quel momento è stato capace di comprendere.
La poesia giunge a teatro con le “Operette Morali”, trainando lo spettatore nella ricerca di un significato del percorso umano, elevando Leopardi a filosofo senza dimenticare la fragilità della sua persona; quando le luci si abbassano e sta per calare il sipario, un 'ombra in lontananza si inchina verso il pubblico a cui rimane quel “nulla di inesauribile segreto”.

Caterina Tua