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domenica 19 maggio 2024

Reporter alla Pergola: ''Don Giovanni''

12-05-2014
Eccomi a riferire a voi le impressioni che ho avuto sul “caso” Timi: prima l’incontro con autografo e foto annessi, poi il Don Giovanni (vivere è un abuso mai un diritto), declamato con la sua grana della voce: ruvida, graffiante, sublime, penetrante, subdola, conturbante e possente, che ammalia con una sola sillaba. Ho avuto la fortuna di conoscerlo e osservarlo da vicino (quasi fosse una specie rara) nell’occasione di un incontro organizzato dalla Repubblica nella sede di Via La Marmora, quello che più mi ha impressionata è stata la sua energia: lui,come è sul palco, così risulta essere in ogni momento, vivo, possente, presente, guardandolo mi sembra di rivedere Michelangelo, i suoi dipinti, l’uomo che si protende verso Dio. Un’opera d’arte fuori dal tempo con accenni brutali.
L’incipit, o meglio l’overture, con l’aria “Recitar…Vesti la Giubba” tratta dai Pagliacci di Leoncavallo nella fantastica interpretazione di Pavarotti è superba. La scena si apre e vediamo lui che dorme sopra un materasso cruciforme (quasi fosse una morbida punizione la sua vita) poggiato sul pavimento illuminato stile disco anni’70, le pareti-quinte sono coperte da pacchiana imbottitura dorata.
I costumi sono rivisitati in chiave pop contemporanea ma il profumo settecentesco permea ogni fibra: i tacchi rossi Luigi XIV ora sono neri, a clessidra e reggono scarpe pastello con fiocchi esageratamente grandi.
Le donne sono il motore degli eventi e la prima delle tre ad entrare in scena è Elvira, monaca strappata al convento dal rubacuori, un’ enorme crinolina sorregge l’abito di velluto rosso, con fiocchi neri e seni appuntiti, tiene in mano un coltello; è il simbolo dell’amore passionale, acceso, cieco, pieno di disperazione e di desiderio, irrazionale al punto che farebbe follie.
La seconda è Anna, sta per sposarsi, suo padre è ricco e tutto è già stato stabilito, sullo sfondo un video di ginnaste orientali ci delizia con performance di estrema precisione, simbolo di liberà corporea e oppressione mentale, in contrapposizione alla condizione di degenza su sedia a rotelle della donna, costretta più da un peso morale che da un problema fisico. È lei che parla dell’aborto spontaneo, degli abusi subiti dal padre, e dopo poco Don Giovanni lo uccide. Ludovico, completamente nudo, come un moderno Discobolo, perfetto in ogni sua parte, trascina via il cadavere dell’uomo.Anna, da timida e impaurita, diventa dominatrice, simbolo di un amore che nasce dal male e che potrà continuare solo in modo malato.
La terza ultima donna a fare la sua comparsa è Zerlina, popolana romana, che troviamo a girare su un carillon con indosso una polonnaise in colori pastello molto tenui e genuini su sfondo bianco. Oltre a richiamare alla mente le porcellane del ‘700, si cita anche la commedia dell’arte sia nelle movenze che nella caratterizzazione psicologica di lei. Zerlina rappresenta l’amore sincero, puro, semplice, ingenuo perché ignorante, incontaminato dalle nefandezze del mondo e quindi più felice. Don Giovanni saprà conquistare pure lei grazie ad un (il) monologo nel quale spiega come quando una donna si sposa essa sia legittimata a tradire per dimostrare quanto ami veramente il marito.
Meravigliose le pellicce che indossa Filippo: sono adornate da una cascata di fiori, oppure da parrucche di donne di ogni colore e forma, e ancora indumenti femminili tutti cuciti insieme, simboli di passate sue prede. Gli intermezzi video, utili a separare una scena dall’altra, sono tremendamente trash e attingono dal pozzo infinito di stranezze che è youtube. Le luci si alternano: passiamo dall’assenza di colore, al buio, e alla luce più asettica e potente, ricreando Rinascimento elettronico-commerciale. La drammaticità degli eventi non è resa tanto dai dialoghi quanto dall’iterazione no-sense degli stessi, spesso infatti si assiste ad interminabili battibecchi che spersonalizzano i personaggi: futili oggetti di un sistema inceppato.
Sul finale si apre una scena totalmente bianca, dalla bara del Commendatore padre di Anna esce Lucifero in persona (Ludovico), in tenuta da generale nazista rosa e azzurra, e sulle note di Lascia ch’io pianga, ci spiega come ucciderà Don Giovanni. “Casanova sta per esser violentato in via della Povertà”, così cantava anni fa De Andrè, e così finirà l’ammaliatore di cuori: Elvira, Anna e Zerlina, in abiti rossi accesi, lo divoreranno con fauci molto intime. Dopo una pioggia di lustrini rossi argentati muore Don Giovanni, nella scena finale vediamo a sinistra Leporello con code di cavallo al posto delle mani, al centro Satana-Ludovico e a destra un Cristo drogato da due indovene, accasciato su una sedia a rotelle: un quadretto degno di Koons per le provocazioni spensierate e la vena pop, come di Matthew Barney ed i suoi Creamaster per il lavoro svolto sul corpo ed il trasformismo, e pure di Carmelo Bene per le ingenti e a volte gratuite provocazioni.

Costanza Materassi