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domenica 19 maggio 2024

Reporter alla Pergola: ''Giocando con l'’Orlando''

12-05-2014

Armata di incoscienza e curiosità, combattendo a singolar tenzone contro la stanchezza, arrivo a teatro giusto in tempo per prendere il volantino della serata e lasciare il cappotto al guardaroba. Una volta trovati i posti io e mia sorella ci sediamo e aspettiamo l’inizio, con la speranza di non cadere vittima di un attacco di tosse – o peggio di sonnolenza – dovuto all’influenza.
Giocando con l’Orlando, nella sua prima nazionale, inizia col regista Marco Baliani che parla a noi con le luci ancora accese: il contatto con il pubblico è diretto, intenso, ideale  per instaurare un dialogo in rima. Dunque quest’anno si ha una presenza maschile accanto ad Accorsi, anziché l’attrice francese, pure la scenografia è cambiata: parallelepipedi di legno scuro creano palchi e scalini, dividono lo spazio in scene diverse.
Colpisce il recitare, che lentamente si trasforma da chiacchierata intima tra gli spettatori ed il regista in conversare rimato e ritmato dai tempi dell’Ariosto. Improvvisamente si illumina il palco per intero e vediamo dei cavalli sul fondo ancorati a  terra da robusti pali: ecco la nostra giostra.
Mentre le gesta di Orlando e Angelica proseguono in un climax di peripezie si colgono gli aspetti innovativi della nuova versione: uno spettacolo più divertente e colmo di citazioni, allusioni, ricordi, memorie. Si avverte il taglio maschile dell’opera, si parla infatti  di amore come pulsione primordiale che tutto muove e tutto spinge, inarrestabile, che non bada a vecchie promesse e anzi irrompe platealmente nei cuori dei protagonisti, lasciandoli in balìa di una forza incontrollabile, non sempre gentile, ma brutale e folle quando si trasforma in gelosia.
Indiscussa la bravura degli attori in scena che per un’ora e mezzo ci hanno trasportato dentro il mondo cortese. Importante è l’uso dell’illuminazione: inizio a luci accese, quasi fosse un incontro informale, una chiacchierata, poi abbiamo lampi sui cavalli colorati in coda alla scena, ancora luci viola se si tratta di momenti magici, verdi, blu, rosse per indicare la rabbia e la gelosia, la furia assoluta, e poi il buio. Mancano invece i suoni, se escludiamo infatti il rumore del mare simulato dal regista, e qualche altra onomatopea prodotta con la voce non si ha altro modo per calarci nei panni di Ruggero, Bradamante e gli altri eroici protagonisti se non attraverso gli attori.
Tra un verso e l’altro Accorsi riesce a dare contemporaneità alla narrazione con allusioni al presente, è il caso del nano Brunello, di cuor perfido e basso di statura, che porta con sé il tesoro dell’anello – fate voi lo sforzo di trovare il nostro politicante che gli è compare; non solo risate però, triste è l’affinità che le battaglie antiche hanno con i tempi nostri: sono i cadaveri sepolti, riaffiorati o spersi sulle rive mediterranee.
Battaglie si, ma soprattutto amori e dolci pensieri: una donna che tutti desiderano e che persino un eremita cerca di traviare, questo vecchio addormenta Angelica e cerca di possederla ma, sfortunatamente, è troppo anziano per una cotal impresa e si abbandona alla resa. Mi ha fatto pensare a Sleeping Beauty, film diretto da Julia Leigh del 2011 con una meravigliosa Emily Browning: stessa scena, peccato che qui la ragazza sia una prostituta e a volte questi “vecchi” non si limitino soltanto a dormirle accanto.
Infondo è giusto che la bella Angelica si innamori di colui di cui mai si sarebbe aspettata, una gioia genuina, un amore sincero, così vero che strappa il senno al vecchio amato, e solo dopo che Astolfo glielo ha riportato potrà tornare alla guerra e vincere contro il nemico tanto odiato.
Magistrale l’uso dello spazio scenico e la sincronia tra gli attori, con varie tecniche di botta e risposta, eco, interruzioni e scambi di ruolo. Per niente noioso se non per chi non sopporta il teatro. Mentre ascoltavo, rapita, il dialogare, mi è venuto in mente un altro parafrasare, il Recitativo di De Andrè che molto ha da dire per la trattazione dei temi riguardo alla nostra società ed ai suoi problemi, ma pur ben si adatta a descrivere le gesta qui rievocate, e allora vi lascio così, con queste parole cantate:

“La polvere il sangue le mosche e l'odore
per strada fra i campi la gente che muore
e tu, tu la chiami guerra e non sai che cos'è
e tu, tu la chiami guerra e non ti spieghi il perché.

L'autunno negli occhi l'estate nel cuore
la voglia di dare l'istinto di avere
e tu, tu lo chiami amore e non sai che cos'è
e tu, tu lo chiami amore e non ti spieghi il perché.”

Costanza Materassi