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domenica 19 maggio 2024

''Grace di Monaco'' e la favola che non c'è

23-05-2014

Da Giovedì 15 Maggio è arrivato nelle sale italiane "Grace di Monaco", il film di Olivier Dahan che ha dato il via alla sessantasettesima edizione del Festival di Cannes. E proprio a Cannes la pellicola, frutto di una co-produzione italo-francese, è scivolata sul tappeto rosso con uno "sgambetto" di critiche e delusioni, in aggiunta al forte disappunto della famiglia Grimaldi.
Prevedibile? Forse. Giustificato? Forse ancora di più.
Deliziosa Nicole Kidman che sfoggia abiti da sogno su un fisico aggraziato e principesco, fluida la trama e piacevolmente scorrevoli le immagini, abbaglianti le inquadrature degli scorci naturali del Principato di Monaco. Ma tutto questo non basta quando si ha per le mani un'icona quale l'attrice hollywoodiana, poi Sua Altezza Serenissima, Grace Kelly e una favola che da sempre ha dolcemente cullato la fantasia del grande pubblico. Qui della fiaba si salva poco o niente. Dell'amata principessa ancor meno. Una messa a fuoco eccessiva dei problemi coniugali e del disagio di Grace nel vivere in un luogo che non gli appartiene davvero; un matrimonio che nel film appare (dichiaratamente) combinato dai vantaggi economici, gli intrighi di palazzo che vedono coinvolta la sorella di Ranieri, un'insofferenza, quella che ci mostra lo sguardo della Kidman, quasi costante e che nemmeno l'amore per Rinaldi o per i figli sembra poter alleviare. E poi la ricomparsa di Hitchcock che afferra e scuote ancora di più i problemi della principessa e il rapporto coniugale, tanto da spingerla a considerare le possibili conseguenze di un divorzio. Storia e libera ispirazione si intrecciano con armi non troppo alla pari, tanto che la seconda sembra conquistare una squilibrata vittoria. Certo, tutto può essere e la verità non dimora sopita nelle tasche del pubblico o della critica, ma nemmeno in quelle di Dahan. Troppo azzardato, forse anche troppo romanzato il copione per aspettarsi l'approvazione dei parenti più stretti; troppo superficiale l'introspezione del personaggio; troppo rischioso scombinare di fronte alle aspettative del pubblico i pezzi del sogno d'amore tra il principe e la bella attrice; sottovalutata la splendida cornice che si poteva costruire intorno al romantico quadro di questa storia. A completare il tutto la rigidità della Kidman, con una bravura interpretativa che luccica negli occhi, ma che resta impigliata nei tratti del viso e nella chirurgia estetica. Un'inquadrtura più pacata e meno "avventurosa" avrebbe senz'altro compiaciuto tutti, e ci avrebbe lasciati sognare e alleggerire i pensieri almeno per un po'. E invece "Grace di Monaco" sorprende per la sua sterilità, per l'attesa di emozioni e sentimenti che invece non arrivano e restano lì, nei pensieri del regista e nella macchina da presa. Le speranze romantiche del pubblico si frantumano definitivamente nelle inquadrature finali, dove il personaggio di Grace Kelly indossa le sue capacità espressive come una maschera del volto e della realtà, quasi a suggerire che la sua stessa vita sia stata un mero ruolo da interpretare. E se vogliamo trovare un'immagine fertile, possiamo guardare al discorso durante il Ballo della Croce Rossa e riflettere su come dolcezza, sottile intelligenza ed innata grazia possano servire da astute risorse nei momenti più critici. La stessa grazia e dolcezza che forse avrebbero potuto salvare il film e l'incanto del castello del nostro immaginario, che invece si sgretola in piccoli granelli di sabbia.  

"Il troppo stroppia" proverbio

di Enrica Pulcinelli