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giovedì 02 maggio 2024

La comicità schietta di Enrico Brignano esalta il pubblico del Mandela

06-10-2014

Sabato 4 ottobre, per la chiusura del Festival delle Generazioni 2014, gli organizzatori hanno deciso di invitare uno dei comici più conosciuti e amati d’Italia, che ha fatto registrare quasi un tutto esaurito: il romano Enrico Brignano.

Inutile dire che il pubblico ha mostrato per tutta la durata dello spettacolo un forte entusiasmo con scrosci di applausi continui. Capace come pochi di incalzare gli spettatori, senza timori nello scendere dal palcoscenico e continuare il suo ruolo di intrattenitore camminando tra i presenti.

L’apertura è dedicata ad un nitido elogio agli organizzatori del festival, giocando sempre sui tempi della comicità che dimostra di giostrare alla perfezione, come ha sempre fatto. Un festival che ben si collega al tono medio dei suoi spettacoli, con i quali riesce a portare sul palco le problematiche e i dubbi consueti, rielaborati e rivisti in chiave ironica.

La voce potente dell’attore romano si scalda quando tocca i temi ormai classici del suo repertorio: la politica, la società in generale, l’economia e il rapporto tra generazioni diverse che spesso sono tenute troppo distanti proprio da chi invece dovrebbe riunirle. L’ammonimento è anche ai giovani, ma bonario. La scarsa memoria, la limitata conoscenza del passato e la marginale attenzione a chi li ha preceduti; che se alle volte possono avere poco da dire, quel poco lo sanno con certezza. Se il festival cercava una figura di spicco, capace di far passare il messaggio della necessità di migliorare e incrementare comunicazione e confronto tra generazioni diverse, di sicuro ha trovato la persona giusta.

La stilettata ai politici non è mancata, riconfermando le sue idee di una classe autocelebrativa paragonata questa volta alle “vecchiette che giocano a canasta”, incapace di comprendere e risolvere problemi e necessità del popolo. L’uso di luoghi comuni lo porta a qualche scivolone, soprattutto quando ricorre ad espressioni sboccate, in genere però non eccessive e spesso solo accennate, lasciate intuire; ma il suo non è e non vuole essere un linguaggio virtuosistico. È “la pancia” della gente a richiedere la schiettezza che Brignano usa alla perfezione. Tutto mira al coinvolgimento maggiore possibile e alla risata, che alle volte ha anche un retrogusto amaro. Come quando fa notare che l’Italia spesso si rovina da sola, non credendo in sé stessa e non dandosi credito; riprendendo alcune vergognose vicende mediatiche; o ancora mostrando l’esigua conoscenza che abbiamo delle eccezionalità del Paese.

L’uso delle parole è iperbolico e trascinante: al termine della lunga lista di meriti nazionali è chiaro che l’unica volontà soggiacente è quella di restituire un minimo di orgoglio che sostituisca l’autoflagellazione, senza per questo dimenticare le colpe. Proprio la memoria culturale del Paese è celebrata nella tirata finale, che aveva già proposto in contesti importanti, con il viaggio linguistico nell’Italia dialettale che fa pelo e contropelo a certi spiriti secessionisti.

Certo si potrebbe rimproverare una certa ripetitività negli spettacoli dell’attore romano, ma in fin dei conti lo spettacolo ha funzionato e continua a funzionare benissimo, i temi rimangono sempre quelli in un Paese troppo spesso immobile rispetto alle sue difficoltà. Se è vero che spesso torna sugli stessi argomenti forse bisognerebbe chiedersi anche il perché.

Ad ogni modo il prossimo anno proporrà un nuovo spettacolo. Chissà che fino ad allora qualcosa non cambi davvero, magari grazie anche a chi come Brignano ci ricorda i nostri pregi e difetti con un sorriso.

Per maggiori informazioni: www.festivaldellegenerazioni.it


di Luca Pollara