Quando affrontiamo un'opera di Samuel Beckett ci sentiamo attaccati, scorticati, erosi dentro. Perché ciò che propone l'autore irlandese, una delle voci più autorevoli del "teatro dell'assurdo", è un'impietosa disanima dell'uomo moderno e della sua esistenza spogliata di senso. Che non lascia respirare, che vorrebbe farci chiudere gli occhi per non guardare, ma che invece li spalanca per farci comprendere di più, rivedendo noi stessi. Lì, rappresentati sul palcoscenico, insieme alle nostre debolezze, le nostre manie, le nostre frustrazioni. Una messa a nudo feroce e al tempo stesso rivelatrice, che si è compiuta nuovamente sul palcoscenico del Teatro Studio Mila Pieralli di Scandicci, con il felice ritorno del "Trittico Beckettiano" di Giancarlo Cauteruccio, senza dubbio uno degli interpreti di Beckett più importanti in Italia e in scena dal 18 al 20 febbraio. A 10 anni dal suo debutto e a 110 dalla nascita dello stesso Premio Nobel irlandese.