Quanto vale un capolavoro del Rinascimento, per esempio una Madonna con Bambino di Donatello? O ancora un bronzetto di ambito michelangiolesco o una terracotta di bottega Della Robbia? E ancora: quale è stato il suo valore nel corso del tempo? Le opere che oggi hanno valori stellari avevano valori analoghi quando furono realizzate? Domande a cui è difficile dare risposta, soprattutto se le opere in oggetto fanno parte della collezione di un museo, dove tutto sembra assumere un valore “inestimabile”. Se, infatti, ancora sul finire dell’Ottocento il rapporto fra mercato dell’arte e musei era alquanto stretto – può essere utile ricordare quanto siano debitori di questo legame i grandi musei oltreoceano – nel corso del XX secolo il mondo della “fruizione” e quello del “mercato” conoscono un progressivo allontanamento: e la stessa opera verrebbe da una parte custodita ed esposta per il suo solo valore storico, culturale ed estetico, dall’altra valutata economicamente sulla base di criteri che hanno a che fare anche con la materia, il gusto, il contesto.