"Avevo bisogno di liberarmi da un'inquietudine costante e per farlo cercavo di distrarmi dal dolore riempiendo quella mancanza con troppi diversivi. Niente di futile, ma sicuramente inutile. Poi è sopraggiunta la consapevolezza. Era necessario non solo riconoscerla, ma anche abitarla e accoglierla quella stessa mancanza, per poter finalmente trovare sollievo: solo nella sofferenza si può sperimentare la fine della sofferenza. Ho smesso di opporre resistenza all'inevitabilità dell'essere come sono; mi sono abbandonata alle rivelazioni – piccole e grandi – degli accadimenti intorno a me, dentro di me. Non bastava più continuare a cantarla o interpretarla, dovevo sentirla nel corpo questa consapevolezza per poterla riflettere e abbracciare”.