Il quarto appuntamento sinfonico dell’85º Festival del Maggio Fiorentino, mercoledì 10 maggio 2023 alle ore 20.00 segna un particolare e molto importante appuntamento imperniato sulla figura di Giuseppe Verdi. Il direttore principale Daniele Gatti, dopo aver diretto il concerto inaugurale dello scorso 22 aprile, torna quindi alla testa dell’Orchestra e del Coro del Maggio, sul podio della Sala Mehta, per la serata completamente dedicata, appunto, al progetto “VIVA VERDI”.
La Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino aderisce con entusiasmo infatti all’iniziativa promossa del Ministero della Cultura, in collaborazione con Anfols, per sostenere il progetto di acquisto in prelazione di Villa Sant’Agata, la casa-museo del grande compositore, da parte dello Stato a Villanova sull’Arda. In questa villa che Verdi stesso progettò nei suoi ampliamenti rispetto alla struttura di base e nella quale visse dal 1851 sono stipati cimeli d’inestimabile valore storico per la cultura del nostro Paese. Qui compose il Requiem, Aida, Il trovatore, La traviata, Simon Boccanegra, Aroldo, Un ballo in maschera, La forza del destino, Don Carlo, Otello e Falstaff.
L’iniziativa, attraverso un ciclo di 14 rappresentazioni di musiche e opere verdiane coinvolge le 14 Fondazioni liriche dallo scorso 10 febbraio e prosegue fino al prossimo 15 giugno 2023. È tesa a indirizzare gli incassi ricavati dagli spettacoli dedicati al progetto, verso la realizzazione di un fondo devoluto all’acquisto del sito artistico e culturale verdiano e delle sue pertinenze. Anche il pubblico può contribuire al progetto e, oltre all’acquisto del biglietto, può effettuare una donazione tramite un bonifico bancario sull’ IBAN: IT81E01000032453480 29368004. Il progetto del Ministero della Cultura e Anfols ha il sostegno di Agis e di Rai Cultura. Il concerto eseguito al Teatro del Maggio il 10 maggio, verrà trasmesso in diretta da Rai Radio 3.
Il maestro del Coro del Maggio è Lorenzo Fratini.
In programma per l’appuntamento fiorentino, un nutrito numero di estratti da alcune delle più celebri composizioni del grande compositore, che varieranno dalle prime opere del periodo giovanile arrivando sino ai suoi ultimi lavori. In apertura alla serata la Sinfonia del Nabucco, cui segue, sempre estratta dalla terza opera composta da Verdi, uno dei pezzi musicali più famosi e amati di sempre, il celeberrimo “Va’, pensiero”. Segue, ancora del periodo giovanile verdiano, “O Signore, dal tetto natio”, da I Lombardi alla prima crociata, opera che ‘inaugurò’ il famoso periodo degli “Anni di galera” di Giuseppe Verdi; dal Macbeth, nella sua versione del 1865, sono i successivi due estratti, il ballo del III atto e la celebre “Patria oppressa”. La sinfonia de I vespri siciliani e il “Sanctus” della Messa da Requiem precedono due parti di Otello, i ballabili - composti per la rappresentazione all’Opéra di Parigi del 12 ottobre 1894 - del III atto e il coro “Fuoco di gioia” che chiudono il concerto.
Il concerto:
Nabucco
Nabucco debuttò al Teatro alla Scala di Milano il 9 marzo 1842 accompagnato da un successo clamoroso che segnò per Giuseppe Verdi il riscatto da uno dei periodi più bui della sua vita. Oggi come allora la chiave del successo imperituro di Nabucco è da ricercarsi nei molti numeri musicali di immediata presa sul pubblico, a partire dalla celebre Sinfonia in cui Verdi combina abilmente alcuni dei motivi principali del dramma: dal tema di apertura di tono ieratico intonato da tromboni e cimbassi, che allude alla spiritualità del popolo ebraico, al tema aggressivo e ben scandito che anticipa il coro dei Leviti del II atto, fino alla citazione dell’arcinoto “Va’, pensiero”, quintessenza dei cori risorgimentali. Il più celebre dei cori verdiani descrive (nella III parte) lo sgomento del popolo ebraico in attesa di essere giustiziato. Tre accordi ribattuti innescano un canto nostalgico per la patria perduta che diventa un vero e proprio addio alla vita.
I lombardi alla prima crociata
Dopo il successo di Nabucco nel 1842, l’impresario del Teatro alla Scala Bartolomeo Merelli commissionò a Giuseppe Verdi una nuova opera per la successiva stagione di carnevale: I lombardi alla prima crociata. Il soggetto era tratto dall’omonimo poema epico di Tommaso Grossi ambientato in epoca medioevale. Per versificare il libretto fu riconfermato Temistocle Solera, che aveva diviso con Verdi il successo di Nabucco. La quarta opera del catalogo verdiano debuttò l’11 febbraio 1843 sul palcoscenico scaligero, bissando lo stesso grandioso successo registrato dal titolo precedente. Anche ne I lombardi ritroviamo uno scontro tra popoli di diverse culture e religione, nonché la predominanza della dimensione corale sempre in primo piano nel corso dei quattro atti. Tra i cori più memorabili, “O Signore, dal tetto natio” avvia, nel Finale ultimo, la sequenza di eventi che condurrà all’epilogo. La melodia lineare, intonata in omoritmia e punteggiata dai legni, catturò fin da subito il pubblico decretandone il successo pari a quello del ‘Va’, pensiero’.
Macbeth
Del Macbeth di Verdi esistono due versioni: la prima fu composta nel 1847 per il debutto al Teatro della Pergola di Firenze, la seconda invece fu approntata diciotto anni dopo, nel 1865, per il Théâtre Lyrique di Parigi. Per questa seconda versione Verdi sentì la necessità di revisionare alcuni passaggi musicali, aggiungendo anche dei numeri espressamente richiesti dall’impresario del teatro per rendere l’opera più gradita al pubblico francese. Tra le modifiche principali, oltre alla sostituzione di alcune arie dei due protagonisti e l’aggiunta di un coro di vittoria finale (che sostituiva la morte in scena di Macbeth) figurano l’inserimento, all’inizio nel terzo atto, dei ballabili, condizione indispensabile per le scene operistiche francesi del tempo, e la riscrittura del coro “Patria oppressa” all’inizio del IV atto. I tre balli, inseriti dopo lo svenimento di Macbeth nella caverna delle streghe, vedono protagonista Ecate, dea della notte, e si concludono con un valzer veloce. Il Coro dei profughi scozzesi che apre il IV atto è invece caratterizzato da frasi spezzate e numerose dissonanze che ben sottolineano la paura e il pessimismo dei profughi.
I vespri siciliani
Dopo l’adattamento dei Lombardi alla prima crociata per le scene parigine, Les vêpres siciliennes fu il primo grand opéra composto ex novo da Verdi. Il maestro aveva richiesto da contratto che il librettista fosse Eugène Scribe, collaboratore prediletto di Giacomo Meyerbeer, l’allora indiscusso maestro nel genere del grand opéra. La composizione dell’opera si rivelò tuttavia problematica; Scribe rifilò a Verdi un soggetto di seconda mano già offerto a Donizetti anni prima e Verdi pensò più volte di ritirarsi dall’impresa. Ma nonostante i vari tentennamenti e malumori, Les vêpres siciliennes debuttò con successo all’Opera di Parigi il 13 giugno 1855. La Sinfonia d’apertura, in cui già aleggia minacciosa l’ombra di morte che coinvolgerà nel finale i protagonisti, è scritta in forma sonata con un’introduzione lenta in cui Verdi sceglie di anticipare alcune melodie dell’opera con funzione narrativa: il De profundis intonato dal coro nel IV atto e la cavatina di Elena nel I atto.
Messa da Requiem
La Messa da Requiem fu realizzata in un momento cruciale della vita di Verdi. Dopo la rappresentazione di Aida nel 1871, il compositore pensava ormai di aver concluso la sua carriera. Tuttavia, la notizia della morte di Alessandro Manzoni, il 22 maggio 1873, lo addolorò a tal punto da indurlo a volerne omaggiare la memoria con una messa. “È un impulso, o dirò, meglio, un bisogno del cuore che mi spinge a onorare, per quanto posso, questo Grande che ho tanto stimato come scrittore e venerato come uomo, modello di virtù e patriottismo”, scrisse Verdi al suo editore Ricordi. Quindi tra la fine del 1873 e l’inizio del 1874, realizzò il Requiem che, eseguito il 22 maggio 1874 nella chiesa di San Marco a Milano, ottenne un successo enorme. Per la sezione del Sanctus Verdi compose una fuga a due cori in un tempo Allegro, una scelta che contrasta con il carattere tradizionalmente maestoso del Sanctus, riunendo, inoltre, in unico movimento Hosanna e Benedictus, che generalmente venivano trattati come sezioni separate.
Otello
L’incontro con lo scapigliato Arrigo Boito fu decisivo per Verdi riportandolo, dopo il successo di Aida e anni di silenzio teatrale, ancora una volta sulla via dell’opera. Verdi, come Boito, era desideroso di soluzioni poetiche sperimentali e innovative ed era già proiettato verso l’emancipazione del melodramma dal sistema dei numeri chiusi. L’intesa tra i due nacque sotto il segno di Shakespeare, autore che Verdi aveva amato e rincorso per tutta la vita. Primo frutto del fortunato sodalizio fu Otello, che debuttò trionfalmente alla Scala di Milano il 5 febbraio 1887. Come già avvenuto in passato con Macbeth, anche per la ripresa francese di Otello, andata in scena al Théâtre de l'Opéra di Parigi il 12 ottobre 1894, Verdi fu costretto ad operare alcune modifiche alla partitura. La differenza più sostanziosa riguardò l’inserimento delle danze nel terzo atto, scelta ancora una volta dettata dal gusto teatrale francese e nient’affatto condivisa da Verdi, che definiva l’aggiunta del ballo nel pieno corso dell’azione una “mostruosità”. Il coro “Fuoco di gioia” nell’atto I, invece, non subì modifiche. Mentre Jago ha già reso manifesta la rabbia che prova nei confronti di Otello, il popolo canta attorno al fuoco, rinfrancato dal calore delle fiamme dopo la violenta tempesta che ha aperto l’atto. Con una melodia pittoresca e di andamento circolare, “Fuoco di gioia” pare evocare il guizzo vacillante della fiamma.
Per ulteriori informazioni: https://www.maggiofiorentino.com