Da martedì 25 a domenica 30 ottobre 2022 debutta nel Saloncino "Paolo Poli" del Teatro della Pergola di Firenze "Bazin", uno spettacolo di Giancarlo Sepe, con Giuseppe Arezzi Marco Celli, Margherita Di Rauso, David Gallarello, Claudia Gambino, Francesca Patucchi, Federica Stefanelli, Guido Targetti, e con Pino Tufillaro. Le scene sono di Alessandro Ciccone, i costumi di Lucia Mariani, il disegno luci è di Roberto Bonfantini, le musiche sono di Davide Mastrogiovanni e Harmonia Team. Una produzione Teatro della Comunità in collaborazione con Diana OR.I.S e Teatro della Toscana.
André Bazin, critico e teorico del cinema, è stato il creatore dei “Cahiers du cinéma”, colui che ha trasformato i giovani critici rendendoli poi registi, creando la Nouvelle vague. Come in un film surreale lo spettacolo di Sepe, con cui festeggia i 50 anni di attività del suo Teatro La Comunità di Roma (1972-2022), non ha una narrazione logica, anzi, sembra il racconto di un uomo che sente di dover morire, e in quel momento, per paura di dimenticare qualcosa, parla della necessità del cinema e della sua arte.
Critico e teorico del cinema, André Bazin, nato il 1918 e morto nel 1958, con la sua salute cagionevole non aveva mai perso la gaiezza, né la forza del ragionamento, Bazin era la logica in persona, l’uomo della ragion pura, un dialettico meraviglioso. Diceva: «La funzione del critico non è quella di portare, su un piatto d’argento una verità che non esiste, ma quella di protrarre il più a lungo possibile nell’intelligenza e nella sensibilità dei suoi lettori, l’impressione ricevuta dall’opera d’arte». Odiava il montaggio e amava il piano sequenza, odiava la morte come atto non riproducibile sulla pellicola perché contraria alla creazione. Cattolico e comunista, nella sua sintesi critica amava dire che il cinema dovrebbe cercare di esprimersi tra Lumière e Méliès: un insieme tra didattica e fantasia. Per questo non era amato da nessuno.
Come in un film surreale, Bazin, lo spettacolo di Giancarlo Sepe non ha una narrazione legata alla logica, anzi, sembra che il tutto sia raccontato da un uomo che sente di dover morire, e in quel momento, per paura di dimenticare qualcosa, parla della necessità del cinema e della sua arte. Cos’è la paura di dimenticare la cosa più bella del mondo? Un incubo, una giostra infernale, come se gli stessi attori di cui lui racconta si facessero avanti per non essere dimenticati, e non solo loro, ma anche il pubblico si fa avanti, perché sta per perdere il suo cantore, il suo mentore e non avrà più chi potrà ricordare loro la magnificenza di Chaplin.
Per ulteriori informazioni: https://www.teatrodellapergola.com/