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giovedì 21 novembre 2024

Università di Firenze: studio su malattie autoimmuni sistemiche e vulnerabilità al virus

20-05-2020
Chi soffre di malattie autoimmuni sistemiche, come il Lupus Eritematoso Sistemico, non sembra correre un rischio più elevato di contrarre il virus SARS-CoV-2 rispetto al resto della popolazione. Lo suggerisce lo studio firmato dai ricercatori dell’Università di Firenze, pubblicato sulla rivista scientifica Autoimmunity Reviews - https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1568997220301373  - che ha preso in considerazione un nutrito gruppo di pazienti toscani.

Lo studio è stato condotto dal team coordinato da Domenico Prisco, nell’ambito del Centro dedicato alle patologie autoimmuni sistemiche dell’Azienda ospedaliero-universitaria Careggi, e ha coinvolto i ricercatori dei Dipartimenti di Medicina sperimentale e clinica, di Scienze biomediche, sperimentali e cliniche e di Neuroscienze, psicologia, area del farmaco e salute del bambino dell’Ateneo fiorentino.

Nella prima metà di aprile, i ricercatori hanno contattato telefonicamente 458 soggetti affetti da malattie autoimmuni sistemiche, residenti in Toscana, per confrontare su tale campione la presenza di pazienti con infezione da SARS-CoV-2, diagnosticata mediante tampone naso-faringeo, rispetto a quella rilevata nella popolazione generale residente in Toscana.

Nello studio abbiamo preso in considerazione uno spettro molto ampio di patologie autoimmuni sistemiche – spiega Giacomo Emmi, ricercatore di Medicina interna Unifi -, le malattie del tessuto connettivo (in particolare il Lupus Eritematoso Sistemico), le artriti e le vasculiti sistemiche, ma abbiamo coinvolto anche pazienti affetti da malattie auto-infiammatorie come la febbre mediterranea familiare, pericarditi ricorrenti e uveiti”.

Fra i pazienti contattati dal team – in maggioranza donne e con un’età media di 56 anni – 13 hanno riferito sintomi sospetti di infezione da SARS-CoV-2, sette sono stati sottoposti a tampone naso-faringeo e, fra questi, una paziente ha sviluppato successivamente un’infezione sintomatica severa che ha richiesto l’ospedalizzazione.

Dall’indagine, che può contare su un campione molto ampio, è emerso che nella nostra coorte la prevalenza di infezioni dovute al nuovo Coronavirus era pari allo 0,22% – aggiunge il ricercatore -, dato sovrapponibile alla prevalenza di infezioni da SARS-CoV-2 rilevata nella popolazione residente in Toscana (0,20%) e paragonabile all’incidenza nella popolazione italiana ed europea, nel periodo preso in considerazione”.

Un’altra evidenza emersa – prosegue Domenico Prisco -, è che nei pazienti con difese immunitarie abbassate, situazione questa collegata al controllo della patologia autoimmune sistemica, non abbiamo verificato manifestazioni compatibili con l’infezione da SARS-CoV-2. Pur non avendo ancora conferma dell’efficacia protettiva delle terapie immunosoppressive – conclude Prisco – i nostri risultati sembrano intanto suggerire che, in caso di contagio da SARS-CoV-2, non vi sia necessità di interrompere le terapie in corso per le patologie sistemiche autoimmuni in atto”.

Per maggiori informazioni: www.unifi.it