Arriva dalla Toscana, in particolare dalla Val d’Orcia, la risposta ai cambiamenti climatici dal punto di vista della gestione della risorsa idrica a scopo irriguo. Ricca di invasi collinari - in gergo scientifico SmAR (Small Agricultural Reservoirs), sono 1097 per un volume totale stimato di circa 6.7 milioni di m3 su una superficie di 161 ha - e paradossalmente con ricorrenti problemi di siccità, la Val d’Orcia si sta rivelando un’area ideale dove sperimentare la gestione partecipata dell’uso di acque non convenzionali (raccolta delle acque di ruscellamento) per limitare gli effetti della scarsità idrica.
Grazie al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI) dell’Università di Firenze, promotore del Living Lab Val d’Orcia, ossia un “laboratorio vivente” che opera a livello territoriale integrando processi d'innovazione e di ricerca in una partnership tra persone, pubblico e privato, si è giunti all'elaborazione di un Piano per il Bacino del fiume Orcia e a una procedura avanzata per la modellazione del sistema di invasi collinari nell’area con il software di bilancio idrologico SWAT+.
Il Piano, elaborato dai vari stakeholders del territorio – diverse aziende agricole tra cui Castello Banfi e Tenuta Il Poggione, alcuni comuni del territorio, Confagricoltura Siena e il Consorzio di Bonifica Toscana 6, Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Settentrionale - detta le linee guida di intervento per contrastare gli effetti di futuri scenari di cambiamento climatico, un documento importante di policy volto a migliorare l’utilizzo generale dell’acqua irrigua attraverso il migliaio di laghetti collinari presenti in Val d’Orcia.
Sarà dunque possibile ottimizzare la gestione dei piccoli invasi, prevedere i problemi di erosione che possono portare a interrimento degli stessi e quantificare il volume invasato. Un’esperienza che potrà essere replicata in tutta Italia, in specie nel Centro e al Sud dove i laghetti collinari rappresentano risorse preziose per contrastare la grave crisi idrica degli ultimi anni. Il Living Lab prevede, inoltre, l'interazione degli invasi della Val d’Orcia con il futuro progetto della diga di San Piero in Campo, su cui è tuttora in corso uno studio di fattibilità.
"La gestione delle risorse idriche in un clima che cambia richiede strategie adattive in tutto il territorio nazionale”, spiega la responsabile del Living Lab e coordinatrice del progetto, Prof. Elena Bresci del DAGRI. “La raccolta di acqua piovana e i piccoli invasi collinari rappresentano una soluzione sostenibile, ma sono necessarie politiche di coordinamento e gestione".
Il Water Living Lab in questa zona dell’entroterra agricolo senese, già patrimonio Unesco e sinonimo di eccellenza vitivinicola, è stato riconosciuto a livello europeo e inserito nell'Atlas dei Water oriented Living Labs dell'iniziativa Water4All. Creato nell’ambito del progetto PRIMA AG-WaMED (Advancing non conventional water management for innovative climate-resilient water governance in the Mediterranean Area, https://agwamed.eu/) il Living Lab è l’unico in Toscana - e uno dei quattro in Italia insieme a Tagliamento Living Lab, Canale reale River Contract e WIrri - Wise Irrigation (https://watereurope.eu/wateroriented-living-labs/) - a promuovere un dialogo tra gli stakeholder interessati dalla gestione delle risorse idriche dalla scala aziendale alla scala di bacino.
Il progetto, che terminerà ad Agosto 2025, ha visto fino ad oggi una serie di incontri di coordinamento (Pieve a Salti nel 2023, Montalcino e San Quirico d’Orcia nel 2024), l’ultimo dei quali è in programma a fine Marzo a Radicofani.
Per maggiori informazioni: https://www.dagri.unifi.it