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giovedì 21 novembre 2024
Programmazione settimanale del Cinema Spazio Uno di Firenze
21-02-2019
Ecco la programmazione del cinema Spazio Uno di Firenze (via del Sole, 10), questa settimana saranno proiettati i seguenti film:
"PARLAMI DI TE" di Hervé Mimran Hervé Mimran dirige Fabrice Luchini in "Parlami di Te" (Un Homme Pressé), un film ambizioso, tratto da una storia vera. Come spesso accade l’interpretazione italiana del titolo rimanda al senso generale del film e non traduce l’originale che si basa sul libro autobiografico di Christian Streiff, ”J’étais un homme pressé”. L’uomo che ha ispirato il film di Mimran era un famoso dirigente aziendale, che causa di un ictus ha dovuto mettere in discussione tutta la sua vita, partendo dalla riscoperta di se stesso. Il regista prende spunto dal racconto per costruire una sceneggiatura originale, dove Fabrice Luchini è il protagonista assoluto e il linguaggio è al centro del suo percorso medico. Hervé Mimran sceglie una storia molto profonda per delineare i suoi protagonisti Alain e Jeanne, l’uomo dell’alta borghesia parigina e la tecnica ortofonista di provincia, persone che appartengono a due mondi diversi e apparentemente in contrasto tra loro, ma che trovano nell’amicizia il fondamento per ritrovare se stessi. Argomenti che sono comuni a molti film d’oltralpe e che il regista di "Tout ce qui brille" e "Nous York" fa propri in "Parlami di Te". Tutto il film si basa sull’alternanza tra dramma e commedia, riuscendo a mantenere un buon ritmo, grazie alle incredibili qualità di un attore come Fabrice Luchini, capace di interpretare un personaggio che il più delle volte parla al contrario, inventa termini inesistenti e fa fatica a ricordare luoghi e persone. Sulla base di queste incomprensioni linguistiche Mimran costruisce la colonna portante della sceneggiatura, che ha il pregio di non virare mai sul facile piagnisteo, ma si perde in inutili deviazioni e nel racconto di storie secondarie del tutto superflue. "Parlami di te" ha il pregio di raccontare una storia profonda e interessante attraverso tre punti di vista (Alain, Jeanne e Julia), con grande veridicità e con un sarcasmo equilibrato ma pungente, tipico di molte produzioni del cinema francese.
"UN VALZER TRA GLI SCAFFALI" di Thomas Stuber Il supermercato come luogo in cui rifugiarsi dal pericolo che ci minaccia, elucubrare sull'esistenza oppure semplicemente innamorarsi. E proprio in un supermercato, tedesco stavolta, si consuma la storia piccola piccola dei personaggi che animano il terzo film del tedesco Thomas Stuber. L'inquietudine esistenziale che anima le figure del cinema di Stuber viene magistralmente incarnata da Franz Rogowski, shooting star tedesca capace di bucare lo schermo anche senza usare parole. Il film di Thomas Stuber racconta piccole storie che si consumano nel quotidiano. Nel film non succede poi molto, ma sono eventi apparentemente insignificanti a riscaldare gli animi e a portare avanti la storia. Tutto ruota attorno al supermercato in cui i personaggi trascorrono le loro ore lavorative. Fin dall' inizio il regista ci conduce all'interno del grande magazzino dipingendolo come un luogo solitario, distante, ma non privo di fascinazione. La telecamera percorre gli scaffali in su e in giù sulle note del "Danubio Blu" di Strauss (da qui il titolo italiano del film), si solleva fino ai ripiani più alti, esplora gli uffici e la geografia dei reparti che, con l'arrivo della sera, si svuotano dei clienti per restare appannaggio dei lavoratori notturni. Tratto da un racconto di Clemens Meyer, cosceneggiatore del film, è il racconto della vita ripetitiva dei lavoratori che trovano amicizia, amore, orgoglio e dignità tra gli scaffali del supermercato. Un diario delle giornate che indistintamente scorrono tutte uguali da non rendersi più conto del tempo. Finire il lavoro la sera tardi e tornare a casa solo per riposare quelle poche ore prima di ricominciare una giornata uguale a quella precedente, è il ritmo quotidiano nella provincia tedesca. Eppure Stuber riesce a far sentire il suono dell'oceano in quello del carrello elevatore, a far nascere una storia d'amore tra sguardi, silenzi e sorrisi. Se poi proviamo a immaginare la vita quotidiana sulle note di "Danubio Blu" in sottofondo, il realismo può diventare magico.
"LA FAVORITA" di Yorgos Lanthimos C'è una sottile vena di ironia che attraversa il cinema di Yorgos Lanthimos: un'ironia talvolta appena percettibile, di regola nerissima, che conferisce un senso di strana dissonanza alle opere del regista greco, caratterizzate da una forza drammatica declinata di volta in volta fra il surreale, la distopia e l'horror. Alla luce di questo percorso, tanto radicale quanto costante, una pellicola quale "La Favorita" può apparire come un punto di svolta, o comunque una variante piuttosto bizzarra: sia per la sua afferenza al genere del film storico, un territorio non ancora esplorato da Lanthimos, sia per la scelta di un insolito registro brillante. Eppure "La Favorita", interpretato da Emma Stone e Rachel Weisz e presentato in concorso alla settantacinquesima edizione della Mostra di Venezia, non tarda a rivelare la propria intima natura, collocandosi alla perfezione all'interno della filmografia dell'autore di "Dogtooth", "The Lobster" e "Il sacrificio del cervo sacro": perché anche in questo caso Lanthimos offre il suo sguardo, impietoso e amarissimo, sulle miserie morali della società, teatro dell'ennesimo gioco al massacro consumato secondo le regole del più feroce dei rituali. Yorgos Lanthimos applica la sua visione nichilista ad un trio tutto al femminile e a una società teatro di sanguinosi conflitti di classe. E proprio perché il contesto e le tre protagoniste hanno motivi condivisibili per essere spietate, la storia esce dall'astrazione metafisica che aveva caratterizzato i lavori precedenti del regista. "La Favorita" è calato in un contesto storico e politico ben preciso, e racconta senza troppe esagerazioni la condizione femminile come un percorso a ostacoli all'interno di un mondo patriarcale che lascia alle donne pochissimi spazi di manovra, e ancor minori difeseL'unica donna che conta, qui, è la regina, ma questo non la sottrae alle logiche del potere declinato al maschile, che si esprime al grado zero con l'ennesima guerra.
"ROMA" di Alfonso Cuaròn In "Roma" è difficile resistere alla commovente vicenda della domestica Cleo e del suo talvolta ottuso attaccamento alla famiglia che custodisce. Alfonso Cuarón ricorda la sua infanzia a Città del Messico, quando papà era sempre in viaggio d'affari, mamma Sofia accumulava libri tremando al pensiero di perdere quell'uomo, nei cinema fumosi si pomiciava e la domestica Cleo puliva costantemente le cacche dei cani dal vialetto. È un film sulla donna, l'ennesimo di questa Venezia di registi che inquadrano, con potenza, più Lei che Lui. Cuarón, regista di film diversissimi, da "Y tu mama también" a un "Harry Potter", per il suo dramma sociale sceglie un luccicante bianco e nero, inquadrature e movimenti di macchina accuratissimi. Se si potesse riassumere questo film straordinario in una parola sarebbe sicuramente: REALTÀ. Il Leone d’oro 2018 è un premio alla verità, raccontata senza schemi e senza veli dal regista. E' un racconto sincero, puro, vero. La sceneggiatura è tratta direttamente dalla memoria del regista che, per non rovinare la purezza del ricordo, si è servito di attori non professionisti e metodi di ripresa poco ortodossi: era il solo a conoscere la sceneggiatura per intero, gli attori la scoprivano giorno per giorno. Secondo Cuarón, infatti, nella vita «non si può davvero pianificare come reagire alle situazioni» e catturare in un film tali reazioni spontanee, non è semplice. Nel film i personaggi sono messi di fronte alla durezza della vita in più di un’occasione. Le loro potenti reazioni agli eventi, non sono frutto solo dell’intelligente direzione di Cuarón, ma anche di un inaspettato talento nella recitazione. Ed è per questo che durante la visione di "Roma", non si potrà fare a meno di sorridere, ridere e piangere insieme agli attori. Il dolore che il film racconta, è un dolore universale, che tutti conosciamo. L’effetto è lo stesso di un pugno nello stomaco, inflitto però da scene di una bellezza disarmante.
"COLD WAR" di Pawel Pawlikowski Cold War è un'appassionata storia d'amore tra un uomo e una donna che si incontrano nella Polonia del dopoguerra ridotta in macerie. Provenendo da ambienti diversi e avendo temperamenti opposti, il loro rapporto è complicato, eppure sono fatalmente destinati ad appartenersi. Negli anni '50, durante la Guerra Fredda, in Polonia, a Berlino, in Yugoslavia e a Parigi, la coppia si separa più volte per ragioni politiche, per difetti caratteriali o solo per sfortunate coincidenze: una storia d'amore impossibile in un'epoca difficile.
Ecco il dettaglio degli orari: "PARLAMI DI TE" di Hervé Mimran Giovedì 21/02 Ore 15:30 - 21:35 Venerdì 22/02 Ore 15:40 - 19:40 Sabato 23/02 Ore 19:45 Domenica 24/02 Ore 15:45 - 19:45 Mercoledì 27/02 Ore 17:35 In Francese con sottotitoli in Italiano
"UN VALZER TRA GLI SCAFFALI" di Thomas Stuber Giovedì 21/02 Ore 17:15 - 19:25 Venerdì 22/02 Ore 17:30 - 21:30 Sabato 23/02 Ore 15:30 Domenica 24/02 Ore 21:30 Mercoledì 27/02 Ore 19:20
"LA FAVORITA" di Yorgos Lanthimos >> 10 CANDIDATURE AGLI OSCAR!!! Sabato 23/02 Ore 17:40 Domenica 24/02 Ore 17:35 Lunedì 25/02 Ore 17:00 Martedì 26/02 Ore 21:35 In Inglese con sottotitoli in Italiano
"ROMA" di Alfonso Cuaròn >>Leone d'Oro alla Mostra di Venezia come Miglior Film >>Vincitore di 2 Golden Globes: Miglior Film Straniero e Migliore Regia >> 10 CANDIDATURE AGLI OSCAR!!! Sabato 23/02 Ore 21:35 Lunedì 25/02 Ore 19:10 - 21:30 Martedì 26/02 Ore 15:20 - 17:40 Mercoledì 27/02 Ore 15:15 - 21:35 In Spagnolo con sottotitoli in Italiano
"COLD WAR" di Pawel Pawlikowski >> Miglior Film Europeo >> 3 CANDIDATURE AGLI OSCAR!!! Lunedì 25/02 Ore 15:30 Martedì 26/02 Ore 20:00