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mercoledì 25 dicembre 2024

"Localizzazione", il nuovo film di Helena Norberg-Hodge al Cinema Odeon Firenze

07-07-2022

Giovedì 7 luglio 2022 alle ore 20.00, arriva in anteprima italiana al Cinema Odeon di Firenze, in piazza Strozzi, "Localizzazione: la rivoluzione silenziosa", il nuovo film documentario diretto da Helena Norberg-Hodge (acclamata autrice del best-seller mondiale e del film L’economia della felicità) e prodotto dalla sua organizzazione no-profit Local Futures.

In tutto il mondo sta emergendo una rivoluzione silenziosa. Lontano dagli schermi dei media mainstream, viene messa in discussione la rozza narrativa, che ha dominato il pensiero economico per secoli, secondo cui “più grande è sempre meglio”. Proprio mentre le persone lavorano per proteggere e ripristinare le loro economie locali, le loro comunità e il mondo naturale, vi sono innumerevoli iniziative di diversa natura che stanno mostrando un nuovo percorso per l’umanità. È un percorso che mira a localizzare piuttosto che globalizzare, che collega piuttosto che separare e ci mostra che gli esseri umani non devono per forza essere il problema: noi possiamo essere la soluzione. Il film vede la partecipazione di celebri artisti  ed  intellettuali di tutto il mondo, tra cui Noam Chomsky, Vandana Shiva, Helena Norberg-Hodge, Naomi Klein, Russell Brand, Jane Goodall e Gabor Maté. Il film è una chiamata all’azione tempestiva e convincente.

Il processo di globalizzazione, con i suoi effetti disastrosi, è la conseguenza dell’uso sistematico da parte dei governi di tasse, sussidi e regolamenti per sostenere i monopoli globali a spese delle imprese e delle banche locali e regionali – dichiara Helena Norberg-Hodge – Questo processo è andato avanti in nome del sostegno alla crescita attraverso il libero scambio, ma in realtà ha impoverito la maggioranza, che ha dovuto lavorare sempre più duramente solo per rimanere al suo posto. Anche gli Stati nazionali sono diventati più poveri, rispetto ai milioni di dollari che circolano nelle mani delle istituzioni finanziarie globali e di altre società transnazionali. Questo ha sistematicamente corrotto praticamente ogni via della conoscenza, dalle scuole alle università, dalla scienza ai media.

Di conseguenza, invece di mettere in discussione il ruolo del sistema economico nel causare le nostre molteplici crisi, le persone sono portate a incolpare se stesse per non aver gestito abbastanza bene la propria vita, per non essere abbastanza efficienti, per non aver trascorso abbastanza tempo con la famiglia e gli amici, ecc… Oltre a sentirsi in colpa, spesso finiamo per sentirci isolati perché la natura sempre più fugace e superficiale dei nostri incontri sociali con gli altri alimenta una cultura dell’ostentazione in cui l’amore e l’affermazione sono ricercati attraverso mezzi superficiali come la chirurgia plastica, i vestiti firmati e i like su FacebookQuesti sono pessimi sostituti di un legame autentico e non fanno che aumentare i sentimenti di depressione, solitudine e ansia.

Vedo nel passaggio alla localizzazione economica una potente alternativa strategica alla globalizzazione neoliberista per una serie di ragioni. Per cominciare, le catene di approvvigionamento sempre più planetarie e l’esternalizzazione endemica della globalizzazione aziendale stanno sistematicamente rendendo ogni regione meno sicura dal punto di vista materiale (cosa che è emersa chiaramente durante la crisi del COVID) e permettono di spostare i costi dello sfruttamento ecologico e lavorativo in modo tale da interrompere i circuiti di feedback che potrebbero promuovere una maggiore trasparenza e quindi responsabilità. Uno studio recente ha dimostrato che un quinto delle emissioni globali di carbonio proviene dalle catene di approvvigionamento delle multinazionali. Localizzare significa uscire dalle bolle altamente instabili e sfruttatrici della speculazione e del debito e tornare all’economia reale – la nostra interfaccia con le altre persone e il mondo naturale. I mercati locali richiedono una diversità di prodotti e quindi creano incentivi per una produzione più diversificata ed ecologica. Nel campo dell’alimentazione, ciò significa una produzione più diversificata, con molti meno macchinari e prodotti chimici, più mani sulla terra e quindi più occupazione significativa. Significa ridurre drasticamente le emissioni di CO2, eliminare la necessità di imballaggi in plastica, dare più spazio alla biodiversità, aumentare la circolazione della ricchezza all’interno delle comunità locali, aumentare le conversazioni faccia a faccia tra produttori e consumatori e far fiorire le culture fondate su un’autentica interdipendenza”.

Per maggiori informazioni: www.odeonfirenze.com