Da venerdì 12 a domenica 21 febbraio al restaurato
Teatro Niccolini (via Ricasoli, 3) continua la programmazione gestita dalla Fondazione Teatro della Toscana che dopo "Lavia dice Leopardi" proporrà
"Truman Capote. Questa cosa chiamata amore" di
Massimo Sgorbani e con
Gianluca Ferrato.Come Holly Goligthly, la protagonista di "Colazione da Tiffany", anche Truman Capote ha vissuto una vita perennemente "in transito"; in una transitorietà che innanzitutto era quella della propria
condizione di diverso, sempre
teso a farsi accettare da un mondo che, tendenzialmente, lo avrebbe escluso, emarginato. Capote era diverso non solo in quanto
omosessuale, ma anche per il suo aspetto
fisico da elfo, da bambino in un corpo di adulto, con una voce acuta e stridula che in un primo momento creava imbarazzo in chi lo incontrava. Truman sapeva, e lo dichiarava, che nessuno lo amava davvero, ma che tutti amavano la messa in scena che aveva fatto di se stesso, l'iperbole sfacciata delle proprie stranezze. Trovare una casa che sia "la tua": questo è il tentativo disperato non solo dei personaggi di Capote, ma prima di tutto del loro stesso creatore. In questo senso, con le sue opere e con la sua stessa vita, Truman ci parla di una condizione umana sempre viva e attuale, ci parla di quanti, per essere accettati, sono costretti a farsi "personaggio", a
indossare una maschera, sentendosi dentro di sé soli e incompresi.
Ecco perché, a raccontare Capote, qui troviamo un suo "alter ego" che non parla dagli anni '50 o '60, ma dal nostro presente. Quest'uomo – professore liceale di lettere, omosessuale e accusato di avere avuto una relazione con un suo studente minorenne – vive a suo modo la condizione di Capote e dei suoi personaggi: il
desiderio e l'impossibilità di essere accettato. Anche lui, per sopportare la solitudine, si maschera e si identifica proprio in Capote, il suo scrittore preferito. È così che, raccontando e impersonando Capote, racconterà se stesso. E viceversa. Il
gioco teatrale è tutto qui, in uno slittamento continuo delle identità, nella sovrapposizione di maschere (traduzione del latino personae) perché, come scrive Capote,
"la verità non esiste, non può essere altro che illusione – ma l’illusione, questo sottoprodotto dell’artificio rivelatore, può raggiungere le sommità più vicine alla vetta inaccessibile della Verità Perfetta". Tanto che, a fine spettacolo, è legittimo pensare che il professore che narra sia, o possa essere, un personaggio narrato dallo stesso Capote.
Per maggiori info e biglietti:
www.teatrodellapergola.com
A.T.