Il Pierrot lunaire op. 21 di Arnold Schönberg, capolavoro della musica atonale del 1912 che aprì nuovi orizzonti nella musica del Novecento, fu eseguito il 1° aprile 1924 a Firenze in un concerto, organizzato dagli Amici della Musica nella Sala Bianca di Palazzo Pitti, a cui accorse anche Giacomo Puccini dopo un viaggio in auto di 6 ore dalla sua Viareggio. Il concerto faceva parte di una storica tournée promossa quell’anno da Alfredo Casella, con interpreti di statura eccezionale e Schönberg a dirigere, in sette città italiane: Roma, Napoli, Venezia, Padova, Torino e Milano, oltre a Firenze.
Sarà corredata dalla proiezione di immagini e documenti storici incentrati su quella tournée, che portò in Italia Arnold Schönberg e il suo Pierrot lunaire, l’introduzione di Nuria Schönberg Nono, figlia del grande compositore austriaco, al concerto che si terrà lunedì 23 maggio, alle 18, al Lyceum Club Internazionale di Firenze (via Alfani 48): un’esecuzione del Pierrot lunaire in memoria del grande direttore d'orchestra Piero Bellugi, apostolo di tanta musica dell'ultimo secolo scomparso il 10 giugno 2012, che avrà come interpreti, con la concertazione e direzione di Matteo Fossi, la voce di Valentina Saccone, la pianista Livia Zambrini e il Franci Ensemble (Andrea Pasquini, flauto e ottavino; Daniele Fabbrini, clarinetto e clarinetto basso; Fiammetta Casalini, violino; Davide Nannoni, viola; Riccardo Dalla Noce, violoncello). L’ingresso è libero fino a esaurimento dei posti disponibili.
Questo evento musicale, che vede ritornare a Firenze per la terza volta nel giro di pochi anni Nuria Schönberg Nono, è organizzato dalla sezione Musica del Lyceum fiorentino, presieduta da Eleonora Negri (vicepresidente Irene Weber Froboese), insieme agli Amici della Musica di Firenze e all’Istituto Superiore di Studi Musicali Rinaldo Franci di Siena, e segna pertanto l’inizio della collaborazione degli Amici della Musica alla stagione concertistica del Lyceum fiorentino.
«Pierrot lunaire, il ciclo liederistico composto con grande rapidità fra il 30 marzo e il 9 settembre 1912 – afferma Eleonora Negri - non è soltanto il capolavoro del cosiddetto ‘periodo atonale’ di Arnold Schönberg (precedente, cioè, la sua elaborazione del “sistema di composizione con dodici note”), ma si erge come spartiacque imprescindibile nella storia musicale, esercitando conseguenze determinanti sullo sviluppo di tutta la musica successiva». «Il lavoro – spiega - fu scritto su invito dell’attrice viennese Albertine Zehme, che aveva studiato canto con Cosima Wagner e si era poi appassionata al genere del melologo (in cui la musica si unisce a un testo parlato). La Zehme chiese a Schönberg di comporre, per una sua tournée, alcuni melologhi su Pierrot lunaire: Rondels bergamasques (1884), una raccolta di liriche del simbolista belga Albert Giraud che circolavano già da qualche anno in ambito tedesco».
«Schönberg – continua Eleonora Negri - riconobbe alcune affinità tematiche fra le 50 liriche del ciclo originario, ne scelse 21 incentrate sul personaggio di Pierrot, sulla luna, sul tema della poesia come esperienza mistica e sulla difficoltà sempre crescente della creazione da parte dell’artista, che si dibatte nell’isterilimento della vena poetica, e […] raggruppò le liriche scelte in tre parti, la prima delle quali si distingueva per l’atmosfera sognante e meditativa, la seconda si colorava di tinte più sinistre e violentemente drammatiche e la terza rallentava la tensione in un clima più pacato e nostalgico».
«In un primo momento, anche per contenere i costi dell’esecuzione - ricorda Eleonora Negri - l’accompagnamento strumentale di Pierrot lunaire doveva essere semplicemente pianistico, ma Schönberg volle caratterizzare ognuna delle brevi liriche con un differente colore musicale, che è di per sé l’importantissimo inizio di una nuova concezione timbrica: rifiutandosi di realizzare una riduzione pianistica del lavoro, il compositore scrisse al direttore delle edizioni Universal il 5 luglio 1912 che in Pierrot lunaire “il colore è tutto, le note assolutamente niente”. Un compromesso fra le ragioni artistiche e quelle economiche fu raggiunto scegliendo un organico di otto strumenti da alternarsi nell’accompagnamento, in modo da impegnare non più di cinque esecutori: a ognuno di essi vengono affidati, rispettivamente, il pianoforte, il flauto e l’ottavino, il clarinetto e il clarinetto basso, il violino e la viola, e il violoncello».
«Un’altra grande novità con cui questo lavoro sconvolse il mondo musicale – conclude Eleonora Negri - è il trattamento della voce (soprano o tenore) destinata a declamare il testo nel cosiddetto Sprechgesang (letteralmente “canto parlato”), già in minima parte usato da Schönberg all’interno delle grandi architetture sinfonico-corali dei Gurrelieder, ultimati nel 1911: il parlato è scritto sul pentagramma in note di durata definita, ma la cui altezza serve soltanto a dare l’intonazione intorno alla quale la voce deve muoversi, oscillandovi subito sopra o sotto. Non si tratta, dunque, né di canto vero e proprio, né di “recitar cantando”, né di pura recitazione come avviene nel melologo».
Le attività del Lyceum Club Internazionale di Firenze hanno il sostegno dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze e il patrocinio del Comune di Firenze.