Venerdì 7 e sabato 8 ottobre, ore 21, la
compagnia Archivio Zeta apre la nuova stagione del
Teatro Studio "Mila Pieralli" di Scandicci con la prima nazionale di
"Macbeth", già un successo nella versione all’aperto questa estate nel Cimitero Militare Germanico del Passo della Futa.
Dopo una lunga permanenza nella classicità della tragedia greca e un anno pasoliniano, Gianluca Guidotti e Enrica Sangiovanni si misurano con il loro primo Shakespeare, nel 400° anniversario della morte, lavorando sull’impronunciabile ‘dramma scozzese’, perché è azione tragica e criminale che ha legami profondi, come fossero varianti sullo stesso motivo, con le vicende di Oreste, ma anche con Edipo e con la sua meccanica della conoscenza.
Un’indagine sul tempo, su come la coppia diabolica di Macbeth e Lady Macbeth vive sul proprio corpo e sulle proprie azioni la concezione di tempo. La prima battuta di Macbeth dice: “questo è il giorno più bello e più brutto che io abbia mai visto”. Per Archivio Zeta quel giorno è diventato lunedì 6 agosto 1945, il giorno della bomba nucleare su Hiroshima.
Dopo il debutto di venerdì 7 è previsto al Teatro Studio un incontro della compagnia con il pubblico.
Un estratto dello spettacolo è in programma anche a “Firenze a teatro” sabato 8 ottobre ore 18:15 a Le Murate. Progetti Arte Contemporanea.La produzione di Macbeth è di Archivio Zeta e Elsinor, in collaborazione con ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione e Teatro dell’Argine.
Macbeth di Shakespeare è una fonte inesauribile di riflessioni filosofiche e politiche. Nel Folio del 1623 sta incastonato tra Giulio Cesare e Amleto, quasi ne fosse il cuore esplosivo. La lettura di Archivio Zeta cerca di interrogarne la parola senza affidarsi al deposito di interpretazioni e soprattutto alle immagini che si sono stratificate attorno al bozzolo originale. In prima nazionale al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci venerdì 7 e sabato 8 ottobre, ore 21, lo spettacolo di e con Gianluca Guidotti e Enrica Sangiovanni, che apre la nuova stagione della sala di Via Donizetti, non è quindi solo (se non fosse già abbastanza) una tragedia ‘del’ e ‘sul’ potere, ma una riflessione sulla possibilità, sull’uomo in potenza: tempo libero e tempo liberato dalle certezze, l’uomo non più centro, ma immesso nel vuoto di orbite sconosciute. Questo è il balzo dell’essere Macbeth, il suo essere ‘globe’: l’essere catapultato in un tempo nuovo dove anche le antiche categorie morali diventano relative, dove “il bello è brutto e il brutto è bello, il colpevole è giusto e l’innocente è colpevole”. La produzione è di Archivio Zeta e Elsinor, in collaborazione con ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione e Teatro dell’Argine.
“In questo dramma dal ritmo serrato”, afferma Gianluca Guidotti, “emergono con forza due movimenti: il tema del tempo (per questo nel sottotitolo c’è un riferimento all’opera di Heidegger, Essere e tempo, con la ‘e’ ironicamente tra parentesi) e quello della paura. Nel Macbeth l’eroe peraltro è formato da due persone, parti inseparabili della stessa disgrazia, assassini che ci mostrano due aspetti della mente criminale, due lobi dello stesso cervello, entrambi coinvolti e risucchiati dal medesimo universo buio. Siamo in un incubo ad occhi aperti, rinchiusi nel cerchio di un orologio fermo, una sincope, un arresto cardiaco: solo i ricorrenti battiti che risuonano a lungo potranno sbloccare la corona, far ripartire il polso, ricominciare a respirare”.
Alla base della riflessione proposta dalla compagnia, in scena con Stefano Braschi, Francesco Fedele, Carolina Giudice, Antonia Guidotti, Elio Guidotti, Ciro Masella, Giuditta Mingucci, Alfredo Puccetti, e la partecipazione straordinaria di Oscar, c’è la ricerca dell’origine del male che muove le azioni. Chi spinge Macbeth verso il male? Il male che proviene dalle rivelazioni di Ecate/donnalupo e dalle Streghe/Parche è diabolico, divino. Macbeth, accogliendolo in sé, facendolo suo, lo rende ‘umano, troppo umano’. La coscienza deve essere oscurata in quest’uomo che vuole conoscere l’Universo, che vuole spingersi più in là, che mette in discussione le sacre regole del cosmo, che ha paura dell’ignoto e che la conoscenza porterà all’orrore, orrore di sé, di ciò che il suo gesto da assassino ha partorito.
“Come Paul Tibbets”, interviene Enrica Sangiovanni, “che, con una sorta di terrificante ironia, diede il nome di sua madre (Enola Gay) all’aereo che pilotava e ‘Little Boy’ (ragazzino) alla bomba atomica che portava in grembo e che avrebbe sterminato circa 200.000 esseri umani, ma che allo stesso tempo avrebbe posto fine alla Seconda Guerra Mondiale. Il nostro Macbeth è un buco nero attorno al quale ruota la materia, i versi si aggregano, procedono e infine proiettano l’essere umano verso un tempo nuovo. ‘Time is free’. Questo è uno dei versi finali. Un’espulsione che però non purifica, ma alimenta nuovo tempo”.
Che genere di mondo è quello che ne è sopravvissuto? Chi siamo noi? Quanto è salda la nostra ossatura morale? Forse in questo senso possiamo pensarci sicuramente più simili a Macbeth che a Prometeo. Si compie quindi per Archivio Zeta un arco ideale, dopo Edipo Re, l’Orestea e Pilade di Pasolini, lungo il quale un eroe tragico accoglie il male e volontariamente si spinge nelle tenebre, chiede “che si spengano le stelle”, che giunga l’oscurità per nascondere il proprio atto, l’abisso sconosciuto della sua ambizione e che la ragione si oscuri.
“A Scandicci”, concludono Gianluca Guidotti e Enrica Sangiovanni, “ci sarà l’intervento, importantissimo, del nostro light designer, Antonio Rinaldi, con il quale stiamo pensando a come realizzare un’eclissi solare… Per noi che ci portiamo, sulle spalle e addosso e dentro, le parole di Shakespeare, dopo averle passate alla ruota dell’architettura e della storia del Cimitero Militare Germanico del Passo della Futa, luogo dei carnefici, dei nemici ma anche dei vinti, per noi la materia diventa incandescente perché si carica di ogni ‘urlo e furore’ della contemporaneità”.
Dopo il debutto di venerdì 7 è previsto al Teatro Studio un incontro della compagnia con il pubblico. Archivio Zeta sarà presente con un estratto del suo Macbeth a “Firenze a teatro” sabato 8 ottobre ore 18:15 a Le Murate. Progetti Arte Contemporanea. Giunta alla sua seconda edizione, la rassegna è costruita come una maratona di ‘trailer’ teatrali, musicali o di danza presentati dai 19 teatri dell’area metropolitana fiorentina e aderenti all’associazione Firenze dei Teatri.
Per ulteriori informazioni:
www.teatrostudioscandicci.it