Dal 13 al 22 gennaio sul palco del
Teatro Niccolini di Firenze torna in scena
"La bottega del caffè", una delle più note commedie scritte da
Carlo Goldoni diretta da
Maurizio Scaparro e con protagonisti
Pino Micol e Vittorio Viviani.
Firenze, Napoli, Venezia e il suo Carnevale: su questa direttrice di ricerca artistica Scaparro costruisce il suo ultimo lavoro su Goldoni. Datata 1750, è
ambientata a Venezia, ma nonostante ciò i personaggi parlano
toscano: diventato ormai lingua franca italiana, Goldoni lo preferì al veneziano proprio perché all'epoca desiderava la massima diffusione delle sue opere. Scaparro segue rigorosamente i canoni goldoniani di una
commedia dei sentimenti e dell’agire degli esseri umani, in un perfetto equilibrio fra la parola e l’azione scenica, impreziosito dalle
musiche originali del premio Oscar Nicola Piovani, le
scene e i costumi di Lorenzo Cutùli, vincitore dell’International Opera Awards 2014 per la scenografia.
L’azione si avvia alle prime luci dell’alba di un mite mattino invernale, per concludersi quando scende la notte.
Il caffettiere Ridolfo si sta prendendo a cuore la sorte del giovane mercante di stoffe Eugenio, che da qualche tempo frequenta assiduamente la casa da gioco di Pandolfo. Lì Eugenio ha subìto perdite ingenti giocando a carte con Flaminio, un giovane torinese che si spaccia per nobile. La moglie di Eugenio, Vittoria, cerca invano di far ravvedere il marito. Allo stesso scopo è giunta a Venezia da Torino la moglie di Flaminio, Placida, che, travestita da pellegrina, ignora la nuova identità assunta dal marito ed è esposta alle insidie tessute da Don Marzio. Quest’ultimo è un nobile napoletano prepotente, ambiguo e chiacchierone, che prova piacere nel frapporre ostacoli al desiderio delle due mogli di ricondurre sulla retta via Eugenio e Flaminio.
Note di regia
“Tra i motivi che mi hanno spinto a mettere in scena oggi La bottega del caffè, il primo credo sia il piacere e il desiderio di tornare a parlare di Venezia e del suo Carnevale, durante il quale la commedia si svolge, dalle prime luci dell’alba a quando scende la notte. Perché qui Goldoni, che scrive la commedia in lingua italiana, sembra prendere le distanze, prima dei suoi addii, dalla visone ‘magica’ della Serenissima, per descrivere nella sua Bottega del caffè una Venezia che già allora rischiava di dimenticare la sua grandezza e di cedere alle tentazioni di una progressiva mercificazione della città, delle sue bellezze e dei suoi carnevali.”
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