Il Gabinetto Vieusseux prosegue il suo cammino verso i 200 anni con la seconda edizione di Scrittori raccontano scrittori, un programma di rilettura dei classici del Novecento a cura di Alba Donati e Gloria Manghetti. Il progetto ha il Patrocinio del Comune di Firenze e del Centro per il Libro e la Lettura del Mibact, ed è stato sostenuto e condiviso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze.
Scrittori raccontano Scrittori rientra nel percorso di avvicinamento ai 200 anni nel Gabinetto Vieusseux. Iniziato nel 2017, e quest'anno alla sua seconda edizione, il ciclo prevede che ogni anno dieci scrittori/scrittrici siano invitati a scegliere un Autore del novecento da raccontare ai ragazzi non prima, però, di aver consultato i preziosi documenti conservati nell’Archivio Contemporaneo del Vieusseux alla ricerca di qualcosa di nuovo. Gli scrittori e le scrittrici hanno scelto un autore compagnoa, maestroa, di cui raccontare la storia, la figura intellettuale, il percorso, la vita, i libri partendo dalla consultazione delle carte conservate in sede.
“Abbiamo chiesto agli scrittori di oggi - dice la presidente Alba Donati - una rilettura degli scrittori di ieri fatta a partire da qualcosa di nuovo trovato nei loro appunti, negli scarabocchi, in una variante scritta a margine, in un disegno sul quaderno di appunti. Un gesto importante che offre la possibilità ai più giovani di venire a conoscenza di quel deposito di ricchezze che è un fondo archivistico.”
L’archivio Bonsanti ha più di 150 fondi, “un suggestivo percorso – dice la direttrice Gloria Manghetti – tra autografi, dipinti, libri, oggetti, fotografie, e cimeli vari che ben si prestano a un viaggio della o nella memoria.”. L’obiettivo è portare gli studenti del liceo ad ascoltare 10 lezioni eccellenti, fatte dai migliori scrittori di oggi su 10 scrittori di ieri. Sensibilizzare quindi le giovani generazioni a conoscere da vicino e da dentro la letteratura, e recuperare l'amore per la cultura umanistica.
Giunto al suo ultimo appuntamento, il ciclo si conclude sabato 14 aprile con Alessandra Sarchi su Paolo Volponi.
Nel fondo Bonsanti del Gabinetto scientifico letterario Vieusseux di Firenze sono depositate più di un’ottantina di lettere di Paolo Volponi a Pasolini. Queste missive coprono un ventennio dal 1956 al 1974, anni cruciali per Volponi che pur avendo accettato una carriera come dirigente industriale presso l’Olivetti, a Ivrea, diventa anche romanziere affermato e stimato da pubblico e critica. Il rapporto con Pasolini, quale emerge dalle carte d’archivio, lascia capire come Volponi abbia vissuto sulla propria pelle la lacerazione, ricorrente nei suoi romanzi, fra la realtà del boom economico e la cultura rurale che l’Italia rigettava e rinnegava. Poeta, oltre che romanziere, Volponi guardava al cambiamento cercando di storicizzarlo, con altrettanta lucidità di Pasolini, ma con meno idealizzazione verso il passato.
L’intervento di Alessandra Sarchi cercherà di ricostruire i passaggi salienti di questa visione e si soffermerà in particolare su Il lanciatore di giavellotto, pubblicato nel 1981, nel quale Volponi ricostruisce un archetipo della cultura italiana del ‘900. Un racconto di fallita iniziazione alla vita, ai sentimenti e al sesso radicato in una cultura repressiva, patriarcale e fascista, ancora in grado di farci capire le radici dell’oggi.
Alessandra Sarchi (Reggio Emilia, 1971) vive a Bologna. Ha studiato storia e critica d’arte alla Scuola Normale di Pisa e ho conseguito, nella stessa materia, un dottorato di ricerca a Ca’ Foscari, Venezia. Ho vissuto e lavorato in Francia e negli Stati Uniti. Nel 2008 ho pubblicato la raccolta di racconti Segni sottili e clandestini presso l’editore Diabasis (Al buon corsiero). Nel 2012 è uscito Violazione, il suo primo romanzo (Einaudi Stile Libero), finalista al premio Pozzale-Luigi Russo, al premio Benedetto Croce, al premio Anima, al Dedalus-Pordenonelegge e vincitore del premio “Paolo Volponi Opera prima” in memoria di Stefano Tassinari. Nel 2014, sempre con Stile Libero, è uscito L’amore normale, vincitore della XIX edizione del premio internazionale, e nel 2015 il libretto del reading musicale Sex & Disabled People (Papero Editore, Piacenza), scritto a quattro mani con Barbara Garlaschelli. Il suo ultimo romanzo è La notte ha la mia voce, sempre con Einaudi Stile Libero (2017), vincitore del premio Opera italiana al Premio letterario internazionale Mondello 2017 e il Premio Campiello-Selezione giuria dei letterati. Ha scritto sulle pagine di “Alias”, supplemento culturale de “il manifesto”, e di “Pagina99”. Collabora con “La lettura” del “Corriere della Sera” e con “L’Espresso”, con i blog Doppiozero, La Ricerca e Le parole e le cose.
Paolo Volponi (Urbino, 1924 – Ancona, 1994). Nasce a Urbino, dove si laurea in Giurisprudenza nel 1947; viene poi assunto dall’azienda Olivetti con cariche dirigenziali. L’esordio come scrittore avviene con due raccolte di poesie in versi: Il Ramarro (1948), raccolta di stampo impressionista ispirata a Pascoli e D’Annunzio; e L'antica moneta (1955), nella quale è già avvertibile la conquista di toni più personali, ispirati a un realismo maggiormente rappresentativo e che diventa più rilevante in Le porte dell'Appennino (Premio Viareggio 1960). Amicizie importanti come Carlo Bo e Pier Paolo Pasolini favoriscono un itinerario di ricerca espressiva che cresce e si riscatta in volontà di denuncia e di trasformazione della realtà, evidenti nel suo primo romanzo Memoriale (1962), e nel successivo La macchina mondiale (Premio Strega 1965). Gli esiti certamente più complessi sono i romanzi Corporale (1974) e Sipario ducale (1975), nei quali l'ottica del narratore si sposta verso una lucida analisi del meccanismo sociale. Ne Il pianeta irritabile (1978) Volponi assume lo schema del romanzo avveniristico, per collocarvi una favola in cui i protagonisti sono degli animali che tentano di tracciare l'immagine di un mondo sconvolto e distrutto dal trionfo dei dogmi del razionalismo, mentre ne Il lanciatore di giavellotto (1981) lo scrittore decide di misurarsi direttamente con la storia dei torbidi anni Trenta. Nell'83 viene eletto al Senato nel collegio di Urbino: il suo impegno parlamentare si interromperà solo nel 1993 per ragioni di salute. Durante quegli anni continua a scrivere delle poesie pubblicate in Poesie e poemetti (1980), Con testo a fronte (1986) e Nel silenzio campale (1990). Nel 1989 ritorna al tema del mondo industriale con il romanzo Le mosche del Capitale, dedicato ad Adriano Olivetti; nel 1991 infine pubblica La strada per Roma.
Muore ad Ancona il 23 agosto del 1994.
I progetti sono stati pensati per le scuole medie superiori. Ogni incontro sarà seguito da un massimo di due classi. Gli incontri saranno comunque aperti al pubblico fino a esaurimento posti.
Info: www.vieusseux.it