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venerdì 29 marzo 2024

Donne di troppo: Edgarda Ferri racconta Etty Hillesum al Gabinetto Vieusseux

22-05-2018

Prosegue Donne di troppo, il ciclo di incontri promosso dal Gabinetto Vieusseux con il patrocinio del Comune di Firenze, del Centro per il libro e la lettura del Mibact e con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze. La rassegna, a cura di Alba Donati, è dedicata a quelle scrittrici che hanno faticato a vivere la loro ‘stranezza’, la loro ‘originalità’, la loro ‘unicità’, in un mondo che chiedeva loro solo di essere conformi alle attese della società.

Donne di troppo, che riprende il titolo di un famoso romanzo scritto da George Gissing nel 1893, racconta attraverso la voce e il vissuto di alcune scrittici di oggi alcune donne e scrittrici di ieri: Susanna Mati e Lou Salomé, Sandra Petrignani e Marguerite Duras, Edgarda Ferri e Etty Hillesum, Elisabetta Rasy e Sylvia Plath. “Sono donne dalla vita esemplare - spiega Alba Donati  - sia nel senso della gioia sia nel senso del dolore, donne che hanno vissuto intensamente la loro vita, anche laddove non era consentito. Sono caratteri forti, eccedenti la norma, difficilmente catalogabili in percorsi collettivi, in movimenti, in gruppi. Donne sole e fortissime che hanno lasciato una scia luminosa ovunque siano transitate.”

Dopo gli appuntamenti con Susanna Mati su Lou Salomé e Sandra Petrignani su Marguerite Duras, il ciclo prosegue martedì 22 maggio con Etty Hillesum raccontata da Edgarda Ferri, che ha ricostruito la sua vita in un libro: Un gomitolo aggrovigliato è il mio cuore. Vita di Etty Hillesum (La nave di Teseo).

La stella di Etty Hillesum si spegne  purtroppo ad Auschwitz. Etty aveva rinunciato ai suoi privilegi per seguire i deportati nei campi: voleva essere la testimone, voleva che l’orrore fosse ricordato. Salì sul treno cantando, perché era sua dovere dedicarsi agli altri, alleggerire il dolore altrui. Una ragazza molto scomoda. Agli altri, a se stessa. Faceva e si faceva troppe domande. Si confrontava, si sfidava, si contraddiceva, riprendeva a cercarsi. Appassionata, assetata di vita e di amore. Ironica, tenera, spietatamente sincera, costantemente innamorata. Di uno, di due uomini contemporaneamente. Di un albero. Di Rilke. Di un Dio misterioso al quale riusciva a perdonare l’ indifferenza verso il dolore del mondo. Della vita. La sua vita. Ma anche quella degli altri. Fino a concludere, davanti al pericolo di salire sul treno per Auschwitz: chi sono io per accettare di salvarmi e abbandonare il mio popolo?

A seguire il calendario degli incontri:
8 maggio Lou Salomé raccontata da Susanna Mati
15 maggio Marguerite Duras raccontata da Sandra Petrignani
22 maggio Etty Hillesum raccontata da Edgarda Ferri
29 maggio Sylvia Plath raccontata da Elisabetta Rasy

Gli incontri si svolgeranno tutti i martedì del mese di maggio (8-29 maggio) alle ore 17.30 presso la Sala Ferri di Palazzo Strozzi.

Ingresso gratuito fino a esaurimento posti.

Edgarda Ferri (Mantova 1934, vive e lavora a Milano) è una giornalista, scrittrice e biografa italiana. Laureata in Giurisprudenza e appassionata di storia, è giornalista professionista dal settembre 1965. Nel 1963 esordisce col romanzo Ci diedero dodici ore, vincitore del premio letterario "La Parrucca". Diciassette anni dopo scrive Dov'era il padre, una serie di incontri con padri di noti e pericolosi terroristi (Rizzoli 1982). Nel 1988 si aggiudica il premio "Walter Tobagi" e la medaglia d'oro del premio letterario "Maria Cristina" per il libro Il perdono e la memoria (Rizzoli). Dagli anni Novanta inizia la pubblicazione di una copiosa serie di biografie: di donne famose quali Maria Teresa d'Austria, Giovanna la Pazza, Caterina da Siena, Letizia Bonaparte, Matilde di Canossa, Eloisa, Flavia Giulia Elena; di artisti come Piero della Francesca, di condottieri e architetti come Vespasiano Gonzaga. Ha raccolto le testimonianze degli ultimi dieci giorni di guerra a Milano, ne L'alba che aspettavamo (Mondadori), e la storia sconosciuta di Orlando Orlandi Posti, uno studente romano ucciso alle Fosse Ardeatine, Uno dei tanti (Mondadori. Ha pubblicato con la Casa Editrice Tre Lune Klimt, le donne, l'arte, gli amori. Nel settembre 2013 ha pubblicato Il cuoco e i suoi re (Skira) e nel settembre 2014  Guanti bianchi (Skira). Il suo ultimo libro è Un gomitolo aggrovigliato è il mio cuore. Vita di Etty Hillesum (La nave di Teseo, 2017). Ha lavorato al Corriere d'Informazione e ha scritto per lungo tempo su Il Corriere della Sera. Collabora al quotidiano La Repubblica.

Esther Hillesum, detta Etty (Middelburg, 1914 – Auschwitz, 1943) è stata una scrittrice olandese di origine ebraica, vittima dell'Olocausto. Il padre Levi (Louis), nato ad Amsterdam, insegnava lingue classiche; la madre Rebecca Bernstein, nata  a Potsjeb (in Russia), arrivò ad Amsterdam il 18 febbraio 1907 in seguito a un pogrom. La coppia si sposò nel 1912 ed ebbe, oltre a Etty, due figli maschi: Mischa e Jaap.  Si laureò in giurisprudenza all'Università di Amsterdam, l'ultima città dove abitò. All'inizio della guerra si interessò della psicologia analitica junghiana, grazie al lavoro dello psico-chirologo Julius Spier che conobbe nel 1941 come paziente e con il quale poi si legherà sentimentalmente. Fu una ragazza ricca di interessi, caratterizzata da un'intelligenza spiccata e una sensibilità fuori dal comune. Nel 1942, lavorando come dattilografa presso una sezione del Consiglio Ebraico, ebbe anche la possibilità di salvarsi, ma decise, forte delle sue convinzioni umane e religiose, di condividere la sorte del suo popolo. Lavorò in seguito nel campo di transito di Westerbork come assistente sociale. I genitori e i fratelli Mischa e Jaap furono internati tutti nel campo olandese di transito di Westerbork. Il 7 settembre 1943 tutta la famiglia, tranne Jaap, fu deportata nel campo di sterminio di Auschwitz. La data della morte di Etty è il 30 novembre 1943. Il  suo Diario, scritto ad Amsterdam probabilmente su indicazione di Julius Spier, è un dettagliato resoconto degli ultimi due anni della sua vita. Undici quaderni fittamente ricoperti da una scrittura minuta e quasi indecifrabile, che abbracciano tutto il 1941 e il 1943, anni di guerra e di oppressione per l’Olanda, ma per Etty un periodo di crescita e, paradossalmente, di liberazione individuale.

Info: www.vieusseux.it