Sabato 9 marzo 2019 alle ore 18.00, in occasione della Festa internazionale della donna, l'Associazione Italia-Russia di Firenze (via Santo Spirito, 41) organizza l'incontro "La poesia delle donne: i versi di Marina Cvetaeva e Bella Ahmadulina nel cinema e nelle canzoni".
L'iniziativa, a cura della prof. Gabriella Tozzetti, vede la partecipazione delle allieve del corso di perfezionamento di lingua russa: Maria Pia Catani, Alessandra Del Lungo, Renata Innocenti.
Marina Cvetaeva (Mosca, 8 ottobre 1892 – Elabuga, 31 agosto 1941) poetessa e scrittrice russa. Figlia di un professore universitario e di una famosa pianista, comincia a scrivere poesie all’età di sei anni, pubblicando il suo primo libro a quindici anni. Nel 1909 si trasferì da sola a Parigi dove, oltre che leggere molte opere di autori “occidentali” come Goethe, si avvicinò al movimento simbolista. Passionale e ribelle, conobbe il suo futuro marito, Sergej Efron, nel 1911. Sebbene già da dopo la nascita della prima figlia iniziò ad avere molte frequentazioni extraconiugali, amò profondamente il marito per tutta la vita. Alla continua ricerca di una persona che potesse davvero comprenderla nel profondo, si gettò tra le braccia di molti uomini. Tuttavia, la relazione più profonda di tutta la sua vita fu quella con Boris Pasternak. Inizialmente fu uno scambio epistolare tra Marina, Boris e il poeta Rainer Maria Rilke. Tra i tre si venne a creare un sodalizio intellettuale e una reciproca conoscenza così profonda da rendere quasi impalpabile la distanza fisica. Dopo la morte di Rilke, nel 1926, la Cvetaeva e Pasternak continuarono a scriversi per altri nove anni, scambiandosi lettere di amore, accompagnandosi, seppur a distanza, nel cammino dell’esistenza. Due anime affini, ma non destinate ad unirsi. Rientrata con la famiglia in URSS, dopo anni di vita nell’emigrazione, la poetessa vedrà il marito giustiziato e la figlia e la sorella deportate in un gulag. Emarginata e condannata alla miseria, rimasta sola, Marina Cvetaeva si impiccò il 31 agosto 1941.
Bella Ahatovna Ahmadulina (Mosca, 1937- Mosca, 2010), poetessa russa e traduttrice, nata da padre tataro e da madre italo-russa., si impone all’attenzione del pubblico sovietico nel 1962, con la raccolta di liriche “Struna” ( La corda). Insieme a Evtušenko (che è stato il suo primo marito) e a Voznesenskij, si pose in prima fila nella nuova generazione poetica poststaliniana, cui il recente disgelo aveva consentito una certa libertà di ispirazione e il distacco dalla retorica ufficiale. Nell’ambito di un severo, tradizionale impianto metrico, la poetessa ha sempre condotto un’originale ricerca sul linguaggio, attenta alle inflessioni gergali, ma sempre guidata da un’ansia di purezza espressiva e dalla fede nella funzionalità simbolica della parola.
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