Le opere in mostra costituiscono un nucleo significativo di questa tipologia di lavori;
L’etimologia sia di “città” che di “territorio” è fondamentale per la comprensione o la semplice visione di questa mostra personale di Vincenzo Agnetti che presenta tematiche essenziali all’interno della sua esperienza artistica. Agnetti indaga i due concetti attraverso feltri e assiomi in cui l’idea e l’immagine della città e del territorio si coniugano con la storia etimologica delle parole. “Città” deriva dal latino civitas (derivazione di civis, cittadino) e dunque significa “insieme di cittadini” divenendo, nel tempo, “aggregato di abitazioni”. “Territorio” rimanda invece alla terra ma possiede anche un carattere negativo dettato dalle misurazioni, dalla suddivisione e soprattutto dalla definizione dei confini, all’origine di conflitti e abusi d’identità. Le immagini di città e territorio di Vincenzo Agnetti, sempre contemporanee, aiutano lo spettatore a ripensare la propria città, presentandosi, con un approccio apparentemente paradossale che unisce memoria a oblio, come una originale archeologia del sapere.
Sono così presenti in mostra “feltri” e “assiomi” degli anni Settanta, che testimoniano perfettamente come Agnetti intendesse queste due tipologie di opere (i “feltri” sono appunto quadri su cui l’artista interviene con frasi dipinte; gli “assiomi” sono invece bacheliti nere sui cui sono incise frasi assiomatiche e diagrammi) come oggetto di una originale ricerca artistica. E lo stesso Agnetti rilevava come l’arte sia una forma alta di ricerca:
“Da un presupposto teorico costruisco un discorso di due o più cartelle scritte. Poi per mezzo di una decantazione logica sintetizzo in assioma tutto il contenuto emerso.”
La ricerca artistica di Vincenzo Agnetti si fonda su un atto linguistico in cui i procedimenti della sottrazione e della permutazione sono elementi essenziali e caratterizzanti.
In questo “percorso” che non è solo concettuale, assume importanza l’effetto e talora la condizione dell’atto performativo. Come notava Marco Meneguzzo, che si è dedicato allo studio della sua opera, la “scrittura” di Agnetti è paragonabile alla “scrittura scenica” praticata da Carmelo Bene. Tempo, arte, memoria, storia sono condizioni generali sottomesse a una introspezione o meglio a una precisa prospettiva culturale. “La cultura è l’apprendimento del dimenticare” (Vincenzo Agnetti).
“In Agnetti, l’idea e l’immagine di città e di territorio si coniuga linguisticamente con la storia etimologica di queste parole (ma anche di questi luoghi) in cui l’insieme dei cittadini lascia il posto per metonimia a un aggregato di abitazioni così come la nozione e il concetto di territorio, nel tempo, abbia generato conflitti e abusi d’identità - spiega il curatore Giovanni Iovane -. Una straordinaria capacità analitica e naturalmente artistica fa sì che la città e il territorio di Vincenzo Agnetti sia sempre contemporanea e aiuti lo spettatore di Firenze a ripensare la propria città con profondità e sorpresa ben oltre delle mere illustrazioni”.
Un progetto ideato da Sergio Risaliti
a cura di Giovanni Iovane
Per ulteriori informazioni:
http://www.museonovecento.it/mostre/solo-vincenzo-agnetti/