L'Orchestra della Toscana anche quest'anno fa coincidere la chiusura della stagione concertistica in corso con la presentazione di quella nuova che partirà ad ottobre e sarà la numero 39.
Un anticipo molto apprezzato dai nostri abbonati - sta già diventando una piacevole consuetudine - che vuole in realtà sottolineare la ciclicità del lavoro di una Fondazione che non si ferma mai e che guarda al futuro con programmazione ed impegno. Abbiamo alle spalle un anno di conferme, in cui si è fatta sentire ancora più forte la voglia dell'ORT di essere una garanzia per la città e per il territorio regionale. Tanti i giovani artisti internazionali che ancora una volta abbiamo contribuito a far conoscere al pubblico, numerose le nuove piazze aggiunte nei nostri cartelloni in regione. Negli ultimi due anni i concerti totali sono passati da 137 a 167 a stagione, in aumento anche gli spettatori che passano da 56.326 a 68.318 a stagione.
Prima di entrare nelle caratteristiche della nuova stagione ricordiamo che chiudiamo quella in corso giovedì 16 maggio al Teatro Verdi di Firenze, con Daniele Rustioni. Solista della serata un astro nascente del concertismo: il francese Edgar Moreau, oggi ventiquattrenne, che a quindici ha conquistato il secondo premio al Concorso Čajkovskij di Mosca e a diciassette ha vinto il Rostropovič di Parigi. Per lui, il Concerto n.2 per violoncello del connazionale Camille Saint-Saëns, pagina datata 1902 che l’autore descriveva come “troppo difficile”. In programma anche la Suite sinfonica da Carmen, che inanella i momenti più celebri dall’opera di Bizet, e la Sinfonia n. 2 del finlandese Jean Sibelius, scritta nel 1901.
Guardando la nuova stagione possiamo dire che l'oggi e il tardo Ottocento occupano i posti d'onore. Sedici concerti, più uno speciale a Capodanno, costituiscono il programma annuale ideato dal direttore artistico Giorgio Battistelli, che, da compositore qual è (da poco insignito del Premio Abbiati della critica musicale italiana per l'opera Riccardo III proposta alla Fenice), pone quest'anno parecchia attenzione sui compositori delle generazioni più giovani. A quattro di loro, grazie a un progetto finanziato dalla SIAE, è stato commissionato un pezzo. Il che segna anche il recupero di quella vocazione alla contemporaneità con cui l'ORT era nata nel 1980; ed è inoltre una decisa scelta culturale, in anni in cui l'Italia concertistica tende sempre più ad adagiarsi sul già sentito e su nomi affermati, non badando alle voci nuove nel campo della musica d'arte. In questo progetto ORT-SIAE “Classici di oggi” sono coinvolti i compositori Carlo Boccadoro, Caterina Di Cecca, Marco Lena, Daniela Terranova.
Riguardo agli interpreti, si segnala il ritorno di parecchi amici come Sitkovetsky, Sollima, Borrani, Galliano, Lonquich, e il debutto di nomi emergenti sulla scena internazionale a cui piace intendere la musica e il concerto non come stanco rito convenzionale.
L'apertura progressiva verso il repertorio del secondo Ottocento è invece una costante delle ultime stagioni: serve all'orchestra per confrontarsi con autori e opere che per tanti decenni sembravano preclusi all’ORT per via dell'organico da camera. Invece è bastato cominciare a prenderci confidenza, e già le sono diventati familiari non meno di Vivaldi, Bach, Mozart, Beethoven, baluardi della sua programmazione. Perciò adesso l’orchestra può misurarsi a cuor leggero, per esempio, con il Concerto per pianoforte e orchestra n.1 di Čajkovskij, il Concerto per pianoforte n.2 di Brahms e la Sinfonia n.4, Romantica, di Bruckner.
È già possibile acquistare biglietti e abbonamenti della nuova Stagione, al momento solo ed esclusivamente presso la Biglietteria del Teatro Verdi.
Fin dal primo appuntamento di stagione (25 ottobre) l'ORT tocca pagine da orchestra sinfonica, anche se in questo caso ha bisogno che le sue file si arricchiscono con i ragazzi dell'Orchestra Giovanile Italiana, con cui ritorna a collaborare dopo diverso tempo. Per l'OGI, che ha base alla Scuola di Musica di Fiesole ed è formata da studenti dei corsi avanzati o neolaureati di Conservatorio, il concerto è un'occasione unica per lavorare fianco a fianco con i professori dell'ORT e rubarne i segreti del mestiere. Daniele Rustioni, sul podio, dirige Pétrouchka di Stravinskij, partitura nata come musica coreografica per i Balletti Russi di Sergej Djaghilev, La Valse di Ravel, danza sull’orlo dell’abisso della storia, concepita all’indomani della Grande Guerra, e il poema sinfonico Così parlò Zarathustra di Richard Strauss, ispirato a Nietzsche e reso popolarissimo da Stanley Kubrick che ne inserì l'incipit nella colonna sonora di 2001: Odissea nello spazio. In prima assoluta, poi, il Concerto per tromba di Caterina Di Cecca, fresco d’inchiostro: solista Donato De Sena, prima parte dell’ORT dal 1991.
Evgeny Bushkov, sul podio per il concerto del 12 novembre, è un russo che una ventina d’anni fa ha cominciato a preferire la bacchetta al violino, dal 2009 a capo della Belarusian State Chamber Orchestra. A lui spetta la Sinfonia Pastorale di Beethoven, tra i cavalli di battaglia dell’ORT, e il Concerto op.35 di Čajkovskij. Il solista è Ilya Gringolts, premio “Paganini” a Genova nel 1998 (ne è stato il più giovane vincitore di sempre), che imbraccerà il suo prezioso Stradivari.
Il 30 novembre, giorno della Festa della Toscana, all’ORT si riascolta Anna Fusek, polistrumentista tedesca (ma anche studiosa di filosofia e musicologia, oltreché attrice) in grado di superare ogni confine musicale. Qui suona il flauto diritto, sovrintendendo all’intera esecuzione, durante la quale alterna, intreccia e perfino sovrappone pagine barocche e novecentesche, italiane, statunitensi, cinesi, tedesche, alcune d’impronta minimalista (come quelle di Philip Glass e Terry Riley), altre davvero giocose (come la Suite per pianoforte giocattolo di John Cage).
Dalla locandina del programma natalizio, che a Firenze si ascolta il 24 dicembre, spicca lo spettacolare Concerto per pianoforte n.1 di Čajkovskij. Pagina a cui soltanto i grandi virtuosi si possono avvicinare. Il siberiano Dmitry Masleev è fra questi. Del resto quattro anni fa ha trionfato al “Čajkovskij” di Mosca, il concorso più prestigioso del globo, e oggi è di casa nelle stagioni francesi e tedesche. Con lui, anche per la Sinfonia n.7 di Dvořák, Paolo Bortolameolli, direttore cileno. Assistente di Gustavo Dudamel alla Los Angeles Philharmonic, persegue l’unione tra le arti e crede nell’esperienza multimediale del momento concertistico, da collegare a conferenze, letture, esperienze visuali, collaborazioni con i compositori, formazione del pubblico fin dall’infanzia, in modo che si riduca la distanza ideale tra ascoltatori in sala e musicisti sul palco.
Con l’anno nuovo, il 10 gennaio, portando Brahms, Čajkovskij e Prokof’ev torna a trovare l’ORT il violinista-direttore russo Dmitry Sitkovetsky, sulla cresta dell’onda da quattro decenni, cioè da quando nel 1977, ventitreenne, fuggì dall’Unione Sovietica per poter studiare a New York. Sitkovesky è un artista a tutto tondo, che si esprime anche attraverso la stesura di libri, la divulgazione, le trascrizioni, la progettazione di spettacoli multimediali, l’organizzazione musicale; e tanto desideroso di riversare il fascino della musica sul maggior numero possibile di persone da aver ideato una serie di ritratti televisivi di colleghi per il canale nazionale russo.
Il 22 gennaio spazio a uno specialista della musica del Novecento e del Duemila, il direttore Tito Ceccherini, cui si devono diverse prime esecuzioni di partiture nuove (anche di Battistelli e Salvatore Sciarrino). Ciononostante, si è dimostrato ferrato pure nel melodramma romantico italiano e in Mozart. Di tale versatilità dà prova nel programma che gli è stato cucito addosso: la Sinfonia K.504, che Mozart scrisse per Praga, dove era ammirato ben più che a Vienna, la Suite ceca di Dvořák, voce autentica della musica boema dell’Ottocento, e la prima esecuzione del Concerto per violino di Marco Lena, solista Daniele Giorgi, storica spalla dell’ORT.
Tripudio di musica a febbraio, il 12, con il ritorno di Giovanni Sollima e del suo prodigioso violoncello. Un musicista per cui il suonare non è un fine, ma il mezzo per comunicare con il mondo. Uno strumentista che non teme neppure le pagine più ardue del repertorio. Un compositore che, grazie all’empatia che instaura con lo strumento e con le sue emozioni, tratta la musica senza paletti: dai ritmi mediterranei, al barocco, al metal. Sollima scrive soprattutto per violoncello, contribuendo in modo determinante alla creazione di nuovo repertorio, che fa impazzire anche ascoltatori che di solito non frequentano la classica. Insieme all’ORT si misura in due capisaldi del repertorio, da far tremare le vene e i polsi per la complessità tecnica a ogni violoncellista: il Concerto n.2 di Haydn e la Variazioni su un tema rococò di Čajkovskij. Ma poi, come spesso Sollima usa, largo alla creatività con improvvisazioni e arrangiamenti di brani rock.
Simone Rubino è forse lo strumentista più strepitoso che l’Italia abbia prodotto negli ultimi anni – anche se adesso casa sua è la Germania, dove si è perfezionato dopo gli studi a Torino. Percussionista mirabile (che porta da sé i suoi strumenti da un teatro all’altro d’Europa guidando un furgoncino), i suoi concerti sono quasi spettacoli acrobatici durante i quali balza come un folletto sgargiante dall’uno all’altro dei suoi compagni d’avventura, di ogni forma, misura, materiale, suono, provenienza geografica, alcuni tradizionali, altri fatti costruire su sua indicazione. Il 20 febbraio presenta in prima assoluta il Concerto L’elettricità dei sogni che gli ha scritto Carlo Boccadoro. Daniele Rustioni, che lo dirige, affronta poi la Quarta di Bruckner, il cui sottotitolo, Romantica, richiama un fiabesco mondo medievale.
La violinista Lorenza Borrani fa musica in pubblico da quando era bambina. È cresciuta alla Scuola di Fiesole dove Piero Farulli la portava in palmo di mano (adesso vi continua a insegnare). Poi Lorin Maazel l’ha invitata a essere spalla della Filarmonica Toscanini di Parma e Claudio Abbado l’ha voluta per la sua Orchestra Mozart, frequentata solo da strumentisti impeccabili. Ma nel tempo è stata primo violino di tante altre orchestre; da un decennio, specialmente, della Chamber Orchestra of Europe. E ne ha perfino fondata una sua: la “Spira Mirabilis”, che tiene concerti senza direttore dopo giorni e giorni di preparazione durante i quali i componenti discutono sulla rotta da seguire per l’interpretazione. Con l’ORT, il 27 febbraio, dimostra nel Concerto n.1 di Prokof’ev quel che sa fare con il proprio strumento; poi, con la Quarta di Beethoven, quanto sa tener testa a un’orchestra intera. Concerto dedicato alla memoria di Farulli, nel centenario della nascita.
Amico fin dalla prima ora dell’ORT, con cui quindici anni fa ha registrato l’album Passatori, Richard Galliano torna nel cartellone dell’orchestra per tracciare, il 18 marzo, un autoritratto musicale. Il programma del fisarmonicista, bandoneonista, compositore e direttore francese è incentrato, infatti, su pagine proprie e di Astor Piazzolla, che nel 1980 lo indirizzò su una nuova strada espressiva, suggerendogli di creare un proprio stile francese, “New Musette”, così come lui aveva creato il “New Tango” argentino. Galliano è un musicista gioiosamente cross-over, che nella lunga carriera ha suonato Bach e Mozart, e collaborato con Chet Baker e Wynton Marsalis, Charles Aznavour, Barbara, Serge Gainsbourg.
Dalia Stasevska si presenta per la prima volta a Firenze, il 26 marzo, con un monumento della storia della musica, la Quinta sinfonia di Beethoven. E arriva, che è stata appena incoronata Principal Guest Conductor della BBC Symphony Orchestra, e dopo una serie di debutti con orchestre europee, statunitensi, australiane. A trentaquattro anni, questa musicista di famiglia ucraino-finlandese formatasi come violinista (sposata a un pronipote di Sibelius, bassista nella metal band Statovarius), si è già costruita un’ottima reputazione come interprete degli autori del XX e del XXI secolo. Insieme a Francesca Dego, forgiata da Salvatore Accardo, presenta il Concerto op.47 di Sibelius, baluardo della letteratura violinistica di primo Novecento.
Ancora una giovane donna sul podio dell’ORT, il 1° aprile. È Valentina Peleggi, prima italiana a entrare nel programma internazionale di direzione d’orchestra della Royal Academy of Music di Londra. Nata a Firenze, dove per dieci anni ha guidato il coro universitario, è cresciuta grazie alla frequentazione, da allieva o da assistente, dei maggiori direttori oggi in circolazione. Dopo una buona carriera in Sud America, adesso collabora con la English National Opera. "Nell'immaginario collettivo - ha spiegato in una intervista recente - il direttore d'orchestra è anziano, ha i capelli bianchi ed è maschio. Una donna che sale sul podio deve trovare un proprio modo di avere una leadership forte". Spetta a lei battezzare il Concerto per clarinetto e orchestra di Daniela Terranova; solista Marco Ortolani, altra prima parte storica dell’ORT.
Anche Alexander Lonquich è una presenza frequente nei nostri cartelloni. Pianista – e direttore – di gran cultura e vastissime curiosità, tedesco d’origine, fiorentino d’adozione, non crede nell’immutabile staticità del rito concertistico. E anche se talvolta vi si adegua, il suo ideale sarebbe quello di poter interagire con gli ascoltatori e integrare la musica con la teatralità, la multimedialità, la psicanalisi, la filosofia. Non lo farà l’10 aprile, presentando un tutto-Beethoven, benché magari non saprà trattenersi dal conversare con l’uditorio. Comunque lo si può vedere all’opera frequentando il suo laboratorio artistico via Senese, il Kantoratelier: un salone di casa sua trasformato in associazione culturale.
Di Alexander Mayer, sul podio il 21 aprile, i media svizzeri dicono che è un “direttore moderno” per il lavoro portato avanti dapprima con la Sinfonietta de Lausanne, adesso con l’Ensemble Symphonique Neuchâtel. Perché a lui interessa preparare menù che esaltino i contrasti e che intersechino i generi, per esempio combinando Mendelssohn con un sound elettrico o Beethoven con il klezmer, oppure allestendo spettacoli di luci durante i concerti. La serata dell’ORT non si annuncia tanto estroversa. Ispido sì, però, l’accostare la sinfonia più drammatica di Mozart, K.550, a uno Schubert che pare Rossini e al Novecento acido del Concerto op.107 di Šostakovič, solista Julian Steckel, violoncellista cui piace investigare le connessioni profonde che rendono unitaria una composizione. La sua filosofia di interprete è sintetizzata in questa frase: “Se tu conosci la stanza di un appartamento, ma non sai che in quell’appartamento, di stanze, ce ne sono altre sette, non potrai neanche mai comprendere la stanza in cui abiti”.
Solista e direttore del concerto del 14 maggio è Enrico Bronzi, musicista dai tanti interessi: componente del Trio di Parma, insegnante al Mozarteum di Salisburgo, direttore artistico di festival e stagioni concertistiche. La capacità di trasmettere in modo semplice l’amore e la comprensione della musica è l’elemento che lo contraddistingue: suo obiettivo è fornire a un pubblico sempre più ampio strumenti per favorire un ascolto consapevole della musica. Al Teatro Verdi suona Richard Strauss e il Concerto n.1 di Saint-Saëns; da direttore presenta la Sinfonia in re maggiore del fiorentino Luigi Cherubini.
Due partiture monumentale nell’ultimo programma di stagione, il 21 maggio, direttore Daniele Rustioni. La Sinfonia Grande che Franz Schubert scrisse per Vienna l’anno della morte precoce, il 1828; solo che le proporzioni vaste della partitura e la difficoltà esecutiva la fecero cancellare dalla stagione, sottraendo all’autore la possibilità di affermarsi presso un pubblico che lo conosceva esclusivamente come compositore di miniature pianistiche e canzoni. Il Concerto per pianoforte op.83, del 1881, è una delle opere più ampie e imponenti concepite da Brahms, e (con i suoi quattro movimenti, anziché i soliti tre) ha dimensioni superiori rispetto a qualsiasi altro Concerto precedente. Lo suona lo svizzero Francesco Piemontesi, pupillo del grande Alfred Brendel.
Per ulteriori informazioni: www.orchestradellatoscana.it - www.teatroverdifirenze.it