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sabato 20 aprile 2024

"Rileggiamo Carlo Betocchi", incontro a Palazzo Medici Riccardi per ricordare il grande poeta

23-05-2019
Giovedì 23 Maggio, alle ore 16.30, la Sala Pistelli di Palazzo Medici Riccardi (via Cavour 3) ospita "Rileggiamo Carlo Betocchi", incontro per ricordare il grande poeta legato alla città di Firenze e riscoprire la vitalità della sua opera.
Introduce Michele Brancale. Intervengono Sauro Albisani, Pietro Civitareale, Luigi Fontanella, Franco Manescalchi, Plinio Perilli. Coordina Annalisa Macchia e conclude Giuseppe Baldassarre.

"Certe volte capisco che il mio tono migliore per parlare di queste cose è quello della leggerezza. Se ci ripenso, credo proprio di essere nato ai miei esercizi di poesia per le vie dell’allegrezza. E sì che mi son capitati, forse, più malanni che contenti. Ma sarà per quell’accoglienza che gli faccio, quando il dolore capita, che per modo di dire chiamerò riflessiva, ma riflessiva non è – come sa chi mi conosce – perché per me non consiste che nell’adottare un comportamento, che in questo caso è la pa­zienza: la pazienza, poi, si fa compagnia col tempo che passa: sarà per questo, dico, che in tale passaggio anche i malanni, le pene, quand’hanno visto che la pazienza va d’accordo col tempo, cominciano a mutare viso.
Per cui mi torna spesso alla mente la frase che scrisse San Paolo ai Corinti, dopo aver recitato le sue infinite tribolazioni: «Se c’è da vantarsi, io vanterò gli atti della mia debolezza». Che stupenda parola! Anzi, proprio, che parola della poesia. Perché i poeti non sono mica de­gli spiriti forti. Spiriti forti sono quelli che discutono, oggi, l’inconciliabilità delle due culture, umanistica e scientifica, e che essendo sicuri e bastanti a se stessi, non hanno da compiere atti d’adorazione, e quindi son sempre lì, intorno al bindolo a tirar su l’acqua dal pozzo della loro sapienza, che poi, corri corri, finisce per tor­nare nel pozzo.
Il mio spirito, invece, è certo che non basta a se stesso. Lo vedevo e lo capivo persino in queste faccende della poesia. E fin da quando, – ero giovane – usavo molto la rima. La usavo sospinto da vaghezza di canto, ma poi capitava un furore in cui, il più spesso, la rima scopriva l’aspetto insospettato della sua natura: che era tale da rendere felice il mio spirito assetato di soccorso. Sì, perché la rima, come sa chi l’ha usata ispiratamente non nasce di certo stillandosi il cervello. Nasce remota, oltre ciò che capirebbe il discorso del poeta, a scioglierne il sangue che tanto spesso coagula: la rima è soprattutto un avamposto della poesia."
Dal "Diario della poesia e della rima" di Carlo Betocchi

L'iniziativa fa parte della rassegna "Pianeta Poesia 2019".

Per maggiori informazioni: www.pianetapoesia.it