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mercoledì 25 dicembre 2024

"Campo Aperto", le opere del poeta artista Luciano Caruso al Museo Novecento di Firenze

07-06-2019

Dal 7 Giugno al 12 Settembre, il Museo Novecento di Firenze (piazza Santa Maria Novella) ospita per il ciclo "Campo Aperto", la mostra che intende tracciare alcune traiettorie dell'intensa e poliedrica attività dell'artista Luciano Caruso, a partire dagli esordi nel vivace ambiente culturale napoletano al periodo fiorentino, città dove si trasferisce nel 1976.

Filosofo di formazione, Caruso (Foglianise, 1944 – Firenze, 2002) rivolge la propria ricerca verso il conferimento di un nuovo valore visivo alla dimensione, altrimenti solo verbale e letteraria, della poesia. Nel suo lavoro assume un ruolo di primo piano la scrittura, della quale accentua gli elementi visuali e materici. Autore di saggi, componimenti poetici e testi critici, Caruso pubblica una vasta serie di opere strettamente connesse con la sua produzione di poesie visuali, libri-opera e libri-oggetto.

Le opere che costellano il percorso, curato da Alessandra Acocella, rivelano una ricerca giocata su una costante e caleidoscopica «alchimia degli estremi» (per citare il titolo di uno dei suoi ultimi componimenti poetici): dalla stratificazione dell’elemento tipografico, calligrafico e iconografico, all’essenzialità del segno-gesto, dall’astrazione del processo mentale, all’immersione nella fisicità della materia.

Le due sale al primo piano, dedicate agli anni napoletani, ospitano alcuni esemplari della serie Tabulae (1967): grandi fogli del medesimo formato caratterizzati da una composizione verbo-visuale arricchita da scritture calligrafiche, inserti cartacei e materici, stesure e impasti di inchiostro o di colore, nel segno di una “ripetizione differente”. Negli stessi anni, questo “iperlinguaggio visuale” trova il suo polo opposto in esperimenti dall’estremo rigore formale e concettuale. Nascono così gli ideogrammi, tracciati con larghe pennellate di tempera bianca su fogli di varia natura (Ideogramma, 1972), le essenziali espressioni scritturali riattivate mediante un’azione performativa e multisensoriale (Poesia olfattiva / OM, 1970-1975), le pagine bianche di libri-opera, la cui “leggibilità” è affidata unicamente a una sequenza di piccole perforazioni che corrono lungo i bordi o all’interno della superficie cartacea (Opuscula de methodo, de criteriis et de qualitate, 1973).

Negli ultimi due decenni di attività, interrottasi prematuramente nel 2002, anno della sua scomparsa, Luciano Caruso prosegue un’originale rielaborazione di temi, tecniche e linguaggi sperimentati negli anni giovanili, come in una sorta di percorso a ritroso. Questo viaggio circolare alla ricerca di un segno originario s’intensifica, negli ultimi anni di vita, attraverso la creazione di poesie visuali, libri-opera e libri-oggetto nei quali l’artista materializza richiami più o meno cifrati ad antiche scritture (Kumana I, 1996) e iscrizioni incompiute (Epigrafe monca, 2002), dove, sulla superficie della pagina, si stagliano tracce scure di segni alfabetici e ideogrammatici. Anche nella coppia di opere Senza titolo (1999) sono presenti tracce del suo precedente percorso creativo e biografico, con l’inserimento, tra i piccoli ritagli giocati sul contrasto bianco/nero, di riproduzioni dei “carmina” figurata medievali, tema al centro dei suoi studi giovanili, così come di pezzi di pellicola, richiamo all’importanza della trascrizione fotografica e filmica nelle sperimentazioni collettive di Continuum, gruppo fondato nel 1967 a Napoli dallo stesso Caruso e Stelio Maria Martini.

Per maggiori informazioni: www.museonovecento.it