A quarant’anni dalla scomparsa di Demetrio Stratos, Mauro Pagani condivide il ricordo di uno tra gli artisti più geniali della storia della musica italiana e internazionale sul numero 317 di Cultura Commestibile in uscita e online da sabato 13 luglio: “Aveva un piede nella modernità e l’altro nell’America del grande blues, più che nella tradizione greca, che ha recuperato più tardi – dice Pagani – . Era capace di spaziare dalle collaborazioni con John Cage, alle grandi ricerche culturali sui lavori tradizionali greci di Donna Samiou, repertorio a cui anche io mi sono ispirato, ad esempio con l’inizio di Creuza de ma dove la gaida macedone è tratta proprio da un disco di Samiou”.
Un ricordo ammirato, ma anche molto intimo: “Ci conoscemmo all’inizio degli anni ’70 nei locali milanesi e ci esibimmo insieme tante volte, ad esempio quando facevamo serata con la Premiata, che all’epoca si chiamava Quelli. Milano all’epoca era un epicentro culturale internazionale. Proprio a Milano, organizzammo insieme a Paolo Tofani un concerto costruito sulle comuni radici soul e rock’n’roll, di cui la Cramps pubblicò qualche mese dopo una registrazione di fortuna su un Revox col titolo di Rock and roll exhibition. Avevamo il progetto di un gruppo insieme e di una tournée: la prima data doveva essere al Palasport di Cantù. Ma poi Demetrio si ammalò”.
“Tra le avventure più curiose che abbiamo condiviso – prosegue Pagani – , ricordo un festival a Cuba, il Festival della Joventù nel 1979, dove la Figc mandò un’intera delegazione con a capo Massimo D’Alema. C’erano Guccini, Pietrangeli, gli Area, il Canzoniere del Lazio e rappresentanze musicali di più di centocinquanta tra nazioni e movimenti di lotta provenienti da tutto il mondo. Mi ritengo molto fortunato perché nel corso degli anni ho collaborato con molte persone veramente interessanti da cui ho imparato un sacco di cose. Demetrio è sicuramente una di loro”.
Una riflessione che offre spunti sullo stato di salute dell’industria discografica: “La progressiva scomparsa del supporto a favore della distribuzione ‘liquida’ della musica ha messo in crisi irreversibile i discografici. L’assottigliarsi dei compensi derivati dalla vendita dei supporti fisici sta facendo sì che il diritto d’autore sia ormai l’unica fonte di guadagno certo per gli autori ed è ovvio che questi cerchino di difenderlo ad ogni costo, anche se questo risolve solo in parte il problema. Produrre musica comporta lavoro di molti: fonici, arrangiatori, grafici e quant’altro. Il diritto d’autore tutela solo il compositore. E gli altri? È un problema non da poco, che però va affrontato”.
“Ci sono scuole che sfornano fonici laureati che non troveranno più lavoro – va avanti Pagani – . I musicisti, soprattutto gli esordienti, non hanno più budget sufficienti per pagare arrangiatori, bravi turnisti, buoni studi di registrazione. I dischi sembrano ormai diventati dei biglietti da visita per fare concerti e i dischi fisici si vendono ormai in massima parte solo ai giovanissimi, interessati perlopiù al firmacopie. I cantanti vengono fatti girare per un mese e mezzo per l’Italia per vendere album che i giovani comprano per avere sopra l’autografo dell’artista. Il resto del mercato boccheggia – conclude – . Contro la gratuità proposta da Internet, non c’è strategia promozionale che tenga”.
L’intervista completa sarà disponibile a partire da sabato 13 luglio su: www.culturacommestibile.com