Mercoledì 25 novembre 2020, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il Museo Novecento di Firenze scende in campo nella lotta attiva contro ogni discriminazione di genere, attraverso un talk con l’artista collettiva Claire Fontaine - coppia artistica italo-britannica formata da Fulvia Carnevale e James Thornhill - che vedrà dialogare Fulvia Carnevale con la curatrice indipendente Paola Ugolini (per ricevere il link di accesso alla piattaforma Zoom, basta consultare i canali social del Museo Novecento o iscriversi alla newsletter attraverso il sito www.museonovecento.it). Per celebrare questa importante ricorrenza, l’artista ha proposto al museo un’immagine che verrà diffusa attraverso i canali digitali e la stampa, un modo nuovo di sperimentare il rapporto tra arte e collettività.
L’opera di Claire Fontaine, coppia artistica che ha rinunciato alle proprie singolarità per fare spazio a un’artista donna collettiva, svela come nei codici figurativi del passato, anche di grandi capolavori come Le Dejeneur sur l’herbe di Manet, si possano annidare modelli culturali ‘sbagliati’, codici figurativi che rispondono ai desideri e alle pulsioni di un pubblico dominato dal gusto maschile e dal suo godimento strutturato su pulsioni e modelli virili e autoritari. E lo fanno “sporcando” quell’immagine ottocentesca, così provocatoria alla sua epoca, con l’hashtag #MeToo che identifica un movimento di liberazione femminile e di condanna delle violenze perpetuate nei confronti delle donne in ogni ambiente e a ogni livello sociale.
La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è stata istituita partendo dall’assunto che la violenza contro le donne sia una violazione dei diritti umani ed è una conseguenza delle persistenti disuguaglianze di genere. Dal 1981, le attiviste per i diritti delle donne hanno scelto il 25 novembre come giornata contro la violenza in ricordo del brutale assassinio nel 1960 delle tre sorelle Mirabal, attiviste politiche nella Repubblica Dominicana, per ordine del dittatore Rafael Trujillo (1930-1961).
Lo sguardo degli artisti così come la presenza di un’opera possono, infatti, consentire di interrogarsi in modo originale e più radicale non solo sull’attualità ma anche sulla portata sociale in essa svolto dall’arte e dalla critica d’arte. Il programma del Museo Novecento intende ampliare e approfondire la riflessione attorno ai temi urgenti di questa giornata, sottolineando l’importanza di un impegno sociale, politico e culturale contro ogni tipo di violenza e discriminazione di genere.
“La violenza contro le donne non conosce lockdown, dato che è anche al chiuso delle mura domestiche che avvengono soprusi e vessazioni – dichiara l’assessore alla cultura Tommaso Sacchi – e oggi più che mai, anche se nelle restrizioni sanitarie, l’arte e la cultura devono continuare a far sentire forte la loro voce per tenere alta l’attenzione su una pandemia di genere che, come un virus malefico, non conosce confini geografici o sociali, colpendo indiscriminatamente vittime incolpevoli. Pur nell’impossibilità di una azione artistica fisica, ringraziamo il museo Novecento che anche quest’anno non ha voluto far mancare la sua voce con un appuntamento online di riflessione e condivisione: la lotta convinta alla violenza sulle donne rimane una nostra priorità”.
“L’arte come espressione per sensibilizzare e gridare a tutti il nostro NO alla violenza sulle donne – ha aggiunto l’assessora alle pari opportunità Benedetta Albanese - Grazie infatti a questa iniziativa del Museo Novecento possiamo riflettere usando il linguaggio artistico su un tema così ancora così drammaticamente. E questo talk con l’artista collettiva Claire Fontaine sarà un modo non scontato per affrontare a viso aperto i modelli culturali da superare”.
“In questi anni - scrive Sergio Risaliti, Direttore Artistico del Museo Novecento - abbiamo deciso di occupare lo spazio simbolico predisposto in occasione di grandi eventi collettivi, restituendo all’arte e agli artisti una centralità di espressione e denuncia in modo da svuotare di troppa inutile retorica celebrazioni come questa del 25 novembre. La Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne deve essere percepita come una rivolta contro il linguaggio, i gesti, i comportamenti e le azioni che umiliano, marginalizzano, sottomettono e violentano le donne e il femminile, ma anche contro ogni azione intesa per offendere l’alterità sulla base di discriminazioni di genere o razziali. Non possiamo tacere di fronte a quella che è una vera e propria guerra civile. Nel 2020 le donne uccise nel nostro paese sono state ben 59, senza contare tutte quelle donne ferite non solo nel corpo ma nell’anima, poiché esiste una violenza che uccide anche con piccoli gesti e parole. In una società in cui, come ha spiegato Michel Foucault, l’esercizio del ‘controllo e del potere’ è tanto più pervasivo quanto più è invisibile, il potere maschile, quello del patriarcato, continua ad essere agito e perpetuato in maniera spesso silente ma continuativa, salvo esplodere con violenza fino a portare al delitto tutte le volte che l’autorità rinuncia a un confronto paritario con l’altro sesso e non tollera la libertà e la non dipendenza della donna”.
“Operando in parallelo sia sull’immagine che sul linguaggio - spiega Paola Ugolini, curatrice del progetto - l’artista collettiva Claire Fontaine elabora una poetica artistica che si sviluppa sul doppio binario dell’opera e del testo. La loro indagine spietata e, allo stesso tempo, formalmente accattivante di tematiche scomode come il lavoro riproduttivo, il venir meno dei confini fra vita e lavoro, il valore d’uso e la violenza del denaro in parallelo alla sua smaterializzazione ci porta il quel violento e ineffabile campo del potere contemporaneo che è la ‘biopolitica’. Un potere che si esercita direttamente sulla vita controllando i sistemi produttivi e riproduttivi, una questione questa da sempre indagata dal femminismo che ha messo l’accento sull’importanza dell’autodeterminazione del corpo femminile per slegarlo dalla schiavitù di una sessualità esclusivamente volta alla riproduzione.”
L’artista ready-made Claire Fontaine, come la definiscono i suoi fondatori, è stata creata nel 2004 e ha preso il suo nome da una famosa marca di quaderni utilizzati in tutte le scuole francesi. L’artista collettiva spiega così la propria ricerca: “Claire Fontaine nasce come uno spazio condiviso cui si è deciso di dare il nome di una persona di nazionalità francese e di sesso femminile. Essere donna ed essere autoctona nel mondo dell’arte possono essere degli handicap e ci sembrava interessante partire da questa situazione. La decisione è stata proprio creare ed alimentare uno spazio di de-soggettivazione, in cui le opere che prendevano forma non sarebbero state il risultato di una o più soggettività addizionate, perché altrimenti a quel punto avremmo potuto firmare con i nostri nomi, ma sarebbero state qualcosa che nessuno dei componenti di Claire Fontaine avrebbe creato se questo spazio non fosse esistito”. La sua arte neo-concettuale, che spesso ricorda opere di altri artisti in quanto rielabora alcune iconografie che fanno parte del nostro bagaglio visivo collettivo, si formalizza attraverso vari medium come neon, fotografia, video, testo, pittura, scultura e la sua pratica può essere descritta come una continua interrogazione sull’impotenza politica e la crisi della singolarità che definiscono la società contemporanea.
Per partecipare al talk con Claire Fontaine via Zoom, basta cliccare sul link presente sui canali social del Museo Novecento o iscriversi alla newsletter tramite il sito www.museonovecento.it.
A dicembre e gennaio il Museo Novecento presenterò altri due progetti di Claire Fontaine, il primo in occasione del Festival Flight e l’altro in concomitanza della Giornata della Memoria del 27 gennaio.