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giovedì 21 novembre 2024

"L'arte invisibile", radiodrammi gratuiti del Teatro Metastasio e Rete Toscana Classica

20-01-2021
Il Teatro Metastasio di Prato in collaborazione con Rete Toscana Classica propone "L'arte invisibile - Radiodrammi, melo-drammi e gallerie di varia umanità", appuntamenti gratuiti a cura di Rodolfo Sacchettini. In diretta su FM (a Firenze, Prato e Pistoia sui 93,300 MHz; a Livorno, Lucca e Pisa sui 93,100 MHz), sul digitale televisivo terrestre al canale 702, sul dab e in streaming https://bit.ly/2INwga3.

Radiodrammi e adattamenti radiofonici, divagazioni artistiche sul Rigoletto e serate di varietà radiofonico compongono il programma di produzione originale che ha intrapreso quest'anno la Fondazione Teatro Metastasio con il suo Gruppo di Lavoro Artistico per Rete Toscana Classica. Una novità assoluta, anche sul piano nazionale, che contribuisce a recuperare e rinnovare una ricca, ma troppo spesso dimenticata, tradizione di composizione artistica pensata appositamente per la radio. In questi ultimi mesi, passati tra chiusure forzate e ripartenze zoppicanti, in molti hanno riscoperto il piacere dell'ascolto. L'arte prodotta dalla radio è invisibile, ma se ci si lascia incantare dalle voci, dalla musica e dalle parole, può smuovere profondamente l'immaginazione.

Programma
20 gennaio 2021 ore 18.40 "I ciechi"
Di Maurice Maeterlinck
Regia Massimiliano Civica
Voci Savino Paparella, Paola Tintinelli, Roberto Abbiati, Monica DeMuru, Luca Zacchini, Francesco Pennacchia,Oscar De Summa, Francesco Rotelli, Arianna Pozzoli, Ilaria Marchianò
Una produzione del Gruppo di Lavoro Artistico del Teatro Metastasio
Registrazione e postproduzione Andrea Benassai

In un'isola c'è un vecchio castello che ospita un ospizio per ciechi, di cui si occupano un prete vecchissimo e tre suore. È un giorno di festa e il prete decide far uscire i ciechi fuori delle mura dell'ospizio, perché possano godere della luce del sole e per condurli, forse, in riva al mare. Il dramma di Maeterlick inizia con i ciechi sdraiati e addormentati a semicerchio nella radura di un bosco: sei ciechi uomini sul lato destro della scena e tre cieche donne su quello sinistro. Al centro e sul fondo, appoggiato al tronco di una quercia, c'è il vecchio prete. Ha il capo reclinato e le mani giunte: è morto nel sonno, senza che i ciechi lo sappiano. Quando essi si svegliano, si interrogano su dove sia la loro guida e sul perché non torni da loro per ricondurli al sicuro nell'ospizio. Dopo un tempo lungo e angoscioso, i ciechi sentono arrivare qualcuno: è il cane dell'ospizio, e seguendolo, vengono condotti accanto al vecchio prete. La loro sola guida è morta, e tutti i ciechi si raggruppano attorno al suo cadavere. Comincia a nevicare. Si sentono dei fruscii, dei passi sulle foglie morte, e la giovane cieca averte una presenza femminile che si avvicina: è una delle suore dell'ospizio venuta a salvarli? Maeterlick non scioglie il mistero, perché la vecchia cieca, quando la nuova arrivata si ferma in mezzo a loro, pronuncia l'ultima battuta dell'opera: "Abbiate pietà di noi!".
Questo dramma, che precede l'invenzione della radio è, in qualche modo, il radiodramma perfetto. Perché gli ascoltatori sono messi nella stessa condizione dei protagonisti della storia: hanno solo il loro udito per orientarsi, per cercare di capire, per scoprire cosa sta accadendo. Vivono in un mondo oscuro, e i suoni e le parole dette sono le sole cose a cui aggrapparsi. Alla radio I ciechi è un opera che, letteralmente, mette in scena l'ascolto.

3 febbraio 2021 ore 18.40 - "Buffone"
Di Claudio Morganti e Rita Frongia
Regia Claudio Morganti
Voci Claudio Morganti e Francesco Pennacchia
Musiche di Giuseppe Verdi
Una produzione del Gruppo di Lavoro Artistico del Teatro Metastasio
Registrazione e postproduzione Andrea Benassai

Con Francesco Pennacchia, attore di tutte le commedie immaginabili, vivo organismo marziano, spingeremo prepotentemente nella direzione della trasformazione. "Trasformazione è la rotta che permette di abbandonare un'isola per raggiungerne un'altra". Si approda a nuovi lidi, ed altri linguaggi, con l'unico obbligo di dimenticare l'isola di partenza, che rimane peraltro cristallina nella sua origine. Ascolteremo come un attore dalle incontrollabili doti mimetiche può trasformare la poesia lirica di un buffone inventato, nella prosa dialettale e grammelotica di un giullare vero, pronipote degli Osci, un Dossenus, il gobbo astuto delle Atellane. I Buffoni altro che provar non possono. E dal momento che sempre Rigoletto dall'alto veglia, speriamo bene.

10 febbraio 2021 ore 18.40 - "Hotel Blue Moon"
Di Tolja Djoković e Fabiola Fidanza-Teresa Vila
Regia Roberto Latini
Voci Gruppo di Lavoro Artistico del Teatro Metastasio
Musica Gianluca Misiti
Una produzione del Gruppo di Lavoro Artistico del Teatro Metastasio
Registrazione e postproduzione Andrea Benassai

Hotel Blue Moon è un inno alla radio e alla sua naturale condizione. Una frequenza mobile, che intercetta e trasmette da finestre attigue e separate, firmata da Tolja Djoković, Fabiola Fidanza, Teresa Vila. In una stanza prende forma un racconto ambientato ai Caraibi: in una dimensione abitata contemporaneamente da ipnosi e realtà, due donne, due voci, che si frammentano in altre schegge, non lontane da un fiume che assorbe, trascina, sedimenta, tradisce all'infinito. Una donna fissa allo specchio il miracolo implacabile della vecchiaia. O forse è sua madre, che sta guardando. Sono uguali. Come ha potuto prendere la stanza con lei – si ripete – ora dovranno dormire nello stesso letto. Che vergogna, se ne accorgeranno tutti.
Hotel Blue Moon è sintonizzato con la notte dentro al giorno. Chiudi le finestre, ci sentono. Apri le finestre, qua dentro si soffoca. Nell'eco jazz di tema e variazione, Roberto Latini sintonizza la regia nell'ambiente sonoro di Gianluca Misiti.

17 febbraio 2021 ore 18.40 - "L'intrusa"
Di Maurice Maeterlinck
Regia Massimiliano Civica
Voci Savino Paparella, Monica Demuru, Francesco Pennacchia, Oscar De Summa, Arianna Pozzoli, Ilaria Marchianò
Una produzione del Gruppo di Lavoro Artistico del Teatro Metastasio
Registrazione e postproduzione Andrea Benassai

Ne "L'intrusa" tutto è attesa e immobilità, viene messo in scena un tempo sospeso che precede qualcosa di ineluttabile. In un castello una famiglia, per la prima volta da quando una donna ha avuto un parto difficile – che ha messo a rischio la sua vita e quella del nascituro – vive un tempo di relativa tranquillità: la donna sembra ora stare bene e il pericolo essere ormai alle spalle. Dopo aver tanto trattenuto il fiato, per tutti i componenti della famiglia sembra venuto il momento di tornare a respirare. L'Avo, sua Nipote, il Padre e lo Zio siedono nel salone attorno ad un tavolo, in una casa in cui non risuonano più le urla disperate della partoriente. La donna riposa nella stanza accanto, vegliata da un'infermiera, mentre, dalla parte opposta, dorme il bambino nella sua cameretta. L'Avo è cieco, e forse è stato lui a vivere più acutamente il dramma del parto, lui che poteva ascoltare solo i lamenti della donna senza poter far niente. Sono tutti in attesa dell'arrivo di una suora, la superiora di un convento, che deve venire a confortare la puerpera. L'Avo avverte prima di tutti gli altri l'arrivo di qualcuno. Il cane da guardia si rifugia nel fondo della sua cuccia, gli usignoli smettono di cantare e i cigni corrono all'impazzata sulla superficie del lago, mentre si sente aprire la porta da basso. Lo Zio e il Padre sono convinti che sia arrivata la suora, chiamano la cameriera per introdurla nel salone ma lei risponde che non si è presentato nessuno, anche se ha trovato aperta la porta delle scale. Mentre la cameriera va via, l'Avo dice che qualcuno è entrato nella stanza e si è seduto a tavola con loro, ma gli altri lo rassicurano: in casa ci sono solo i membri della famiglia. Si ode d'improvviso il pianto del bimbo, la porta della stanza della madre si apre ed esce l'infermiera ad annunciare la morte della donna. Tutti si precipitano dentro, rimane nel salone l'Avo, che sente qualcuno alzarsi dalla sedia ed andare via.

3 marzo 2021 ore 18.40 - "Canto"
Di Claudio Morganti e Rita Frongia
Regia Claudio Morganti
Voci Monica Demuru e Claudio Morganti
Musiche di Giuseppe Verdi
Una produzione del Gruppo di Lavoro Artistico del Teatro Metastasio
Registrazione e postproduzione Andrea Benassai

"Un autore classico è vivo solo quando si rigira nella tomba". Certamente un'affermazione arbitraria e forse falsa, ma sappiamo bene che tutto ciò in cui si crede fortemente è vero. Dunque credere è rendere vero. E qui si tratta del canto. Del cantare. Del trasformar cantando. Non del modificare, dell'abbellire o del correggere, ma dell'abbandonare pericolosamente la via vecchia per la nuova, senza sapere, come dice il proverbio, ciò che si trova. Monica Demuru è chiamata questa volta a reggere la barra del timone. Guiderà una fragile, aleatoria zattera, portando a spasso linee melodiche e atmosfere sonore. Ha senso salpare dal porto di Rigoletto alla ricerca del concetto di "buona musica"? Quasi certamente no, ma quale altro pretesto migliore per intraprendere un viaggio che si vorrebbe senza ritorno?

10 marzo 2021 ore 18.40 - "Claudio e Gertrude sono morti"
Di Mia Malatesta e Francesca Di Fazio
Regia Roberto Latini
Voci Gruppo di Lavoro Artistico del Teatro Metastasio
Musica Gianluca Misiti
Una produzione del Gruppo di Lavoro Artistico del Teatro Metastasio
Registrazione e postproduzione Andrea Benassai

Ancora un giro di giostra per il principe di Danimarca, già riscritto da…, da… e da… (ma soprattutto da). Niente di nuovo, ma tutto di nuovo (di nuovo): questa volta Claudio e Gertrude sono morti, usciti di scena per non apparire più, clown di un circo divenuto ormai cimitero errante. Ci sono scale, riflessi, riti, lamenti a disegnare un impossibile sud. E pallori e fiori e comfort su cui si adagia l'inarrivata morte del nord. E voci che gridano alle metropoli del mondo, nel deserto, fra le luci della normalità. Come somigliarsi, dove ritrovarsi? O non volerlo. I numeri previsti scompongono un'ideale Ophelia Suite: Oh my dog! di Mia Malatesta; Ogni vasca da bagno ha due poli e Ogni scala sale in cielo o scende a mare di Francesca Di Fazio.

17 marzo 2021 ore 18.40 - "Il canto del cigno"
Di Anton Cechov
Regia Clio Saccà
Voci del Gruppo di Lavoro Artistico del Teatro Metastasio
Una produzione del Gruppo di Lavoro Artistico del Teatro Metastasio
Registrazione e postproduzione Andrea Benassai

Il canto del cigno è sinonimo di un addio. Addio alle scene, ma anche alla vita. E proprio perché ultimo canto è il più bello. Celebrazione di una vita dedicata all'arte, è un dono per chi resta. Fin dai tempi più antichi, si pensava che il cigno, animale molto caro ad Apollo, incontrasse la morte nel segno della bellezza poiché felice di potersi ricongiungere al dio.
Ma non ci sono né pacifica arresa né divini presagi ne Il canto del cigno di Anton Cechov, atto unico del 1887, scritto all'età di 26 anni. Il sottotitolo è Calcante, personaggio di un'operetta buffa francese del 1864, La belle Hélène, che da mitico indovino greco, viene desacralizzato e reso ipovedente poiché offuscato dai fumi (e dagli arrosti) della mondanità. Ed è proprio questo il ruolo interpretato dal protagonista, Vasilij Vasil'ic Svetlovidov, un vecchio attore comico di 68 anni, per la sua serata d'onore.
L'azione difatti si svolge sul palcoscenico di un teatro di provincia, di notte, dopo lo spettacolo. Svetlovidov esce dal suo camerino: si è addormentato ubriaco. Chiama qualcuno ma si accorge presto di essere rimasto da solo dentro il teatro. Comincia a sentire freddo, il post sbornia ma soprattutto la vecchiaia si fanno sentire. Volge allora lo sguardo alla platea, vuota e buia, e nasce l'inquietudine: fa paura non avere un pubblico. Si apre una porta dal fondo: dall'ultimo camerino e con una vestaglia bianca, esce il suggeritore, Nikita Ivanic. Anziano anche lui, non indossa un pomposo costume, non ha casa ed è costretto a vivere in teatro.
Svetlovidov, scosso ed estenuato, dopo aver scambiato la bianca figura per qualche apocalittico arcangelo, si confessa, paragonando la vuota platea a una fossa. Inizia così un commosso e tragicomico viaggio nel tempo, un tempo che solo l'arte può piegare, dilatare o infittire secondo le esigenze del cuore.
Ne Il canto del cigno una scena semibuia è rischiarata dall'umile fiamma di una candela e dai quesiti che il vecchio attore pone a se stesso e al vuoto di un teatro, cassa di risonanza per eccellenza. Non c'è molto da vedere, non ci sono più maschere da indossare, ma, affinando l'ascolto e l'immaginazione, possiamo sentire un silenzio profondo quanto tutta la platea e un dialogo, fragile, intimorito, perseguitato dal tempo, che contiene l'eco colorato di vite fantasmagoriche

7 aprile 2021 ore 18.40 - "Il paese dei ciechi"
Di Herbert George Wells
Regia Chiara Callegari
Voci Monica Demuru, Francesco Rotelli, Roberto Abbiati, Savino Paparella, Luca Zacchini
Una produzione del Gruppo di Lavoro Artistico del Teatro Metastasio
Registrazione e postproduzione Andrea Benassai

Nel 1904 H. G. Wells pubblica nella rivista «The Strand Magazine» il racconto The Country of the Blind, considerato un capolavoro del genere fantascientifico. Trecento miglia e più dal Chimborazo, tra le più selvagge solitudini delle Ande ecuadoriane, giace, separata dal mondo, una misteriosa vallata montana, il Paese dei Ciechi. In questa conca di sorgenti copiose e pascoli verdi, la popolazione viveva felice, o almeno visse felice fino all'arrivo di uno strano morbo. Nessun talismano, nessun antidoto riuscì a guarirli e così in quella valle isolata e dimenticata il morbo continuò il suo corso. I vecchi diventavano quasi ciechi e brancolavano, i giovani vedevano appena, confusamente e i neonati non vedevano affatto. Generazione seguì generazione e il senso della vista era scemato così gradualmente che quasi non ne avvertirono la perdita, adeguandosi senza troppe difficoltà alla nuova condizione. Quindici generazioni erano trascorse da allora quando accadde che un uomo giunse nella comunità dal mondo esterno. E questa è la storia di quell'uomo.

14 aprile 2021 ore 18.40 - "All'uscita - Mistero profano in un atto"
Di Luigi Pirandello
Regia Clio Saccà
Voci Paola Tintinelli, Oscar De Summa, Francesco Pennacchia, Arianna Pozzoli, Ilaria Marchianò, Savino Paparella, Monica Demuru
Musica Maurice Ravel
Una produzione del Gruppo di Lavoro Artistico del Teatro Metastasio
Registrazione e postproduzione Andrea Benassai

All'uscita posteriore di un cimitero, in un paesaggio campestre, al crepuscolo, l'apparenza di un uomo grasso, morto da qualche tempo, viene sollecitata al dialogo dalla figura di un filosofo. Le due vane forme, uno, la ragione e l'altro, le ragioni dei sensi, si interrogano, ognuno a suo modo, sulla contrapposizione tra Vita e Forma, consapevolezza o piacere. Si inseguono immobili: il Filosofo osserva, ancora una volta, come l'infinità dell'essere si delimiti in forme sensibili pur di con-sistere e l'Uomo grasso si da pena per una vita non integralmente vissuta tra le cose, effimere ma tangibili, come il canto di un usignolo a maggio. I fantasmi aspettano, uno l'arrivo della moglie, l'altro di esercitare ancora la vanità del pensiero. La moglie, tradita traditrice, irrompe, accoltellata. Dalle viscere sgorga una risata troppo tragicamente consapevole e per questo inudibile. Alla fiera delle vacue vanità si aggiungono e contrappongono altre forme: un bambino con un unico desiderio
e una famiglia di contadini composta da padre, madre, figlia e un asinello. La bambina, spettatrice come noi di un enigma insoluto, ci confessa di essere spaventata. Un mistero è un nodo inestricabile, fa paura ma è anche una tensione verso l'Oltre che si fa carne e scena. Il mistero scatena un movimento centripeto e zampilla dai silenzi, dalla persistente fame di vita di tutti i personaggi, da simboli apparentemente innocui che attraversano il palco dell'esistenza; una melagrana, un bastone, un asino, le ombre che ci fissano desiderose di narrarsi. L'ostinatezza della ragione interferisce con l'ascolto, innalzando un muro, grezzo e bianco, di fronte a ciò che vorremmo ardentemente sapere. Cosa è reale e cosa è un'illusione? Con quali strumenti sondare la notte di ciò che ancora non sappiamo? In tempi crepuscolari, quando la vista è annebbiata e satura di un carnevale di forme, bisogna affinare l'udito, ricominciare dal silenzio e dal sentire, tornare al sacco vuoto infinitamente pieno della nostra immaginazione e nutrirla.

21 aprile 2021 ore 18.40 - "Reunion"
Di Oscar De Summa
Regia Massimiliano Civica
Voci Gruppo di Lavoro Artistico del Teatro Metastasio
Una produzione del Gruppo di Lavoro Artistico del Teatro Metastasio
Registrazione e postproduzione Andrea Benassai

In un dolce pomeriggio della stagione dei ricordi, un gruppo di amici "storico" – che come molti gruppi di amici storici si è da tempo perso nei risvolti della vita pratica – si riunisce in una stupenda villa di campagna al richiamo insistente e inaspettato di uno di loro: apparentemente il più fortunato, quello a cui è andata meglio, quello che ha ricevuto, inaspettatamente, una grandissima eredità. Tutte le fortune a lui. La compagnia non tarda a rispondere al richiamo anzi, per dirla tutta, si avventa sull'ereditiero, nella speranza di raccogliere anche solo qualche briciola di quella fortuna. Personaggi diversi tra di loro, per estrazione e per storia, danno vita a una carrellata di maschere della società contemporanea, con tutte le debolezze, i fallimenti, le disillusioni di una giovinezza che se ne è andata e una vecchiaia sempre più prossima. Sfruttare la ricchezza dell'amico di infanzia sembra, cinicamente, la soluzione migliore per ottenere un po' di quiete.

Per maggiori informazioni: www.metastasio.it 

C.B.