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mercoledì 25 dicembre 2024

Maggio Musicale Fiorentino: Zubin Mehta e Carlus Padrissa per "La forza del destino" di Verdi

04-06-2021
Da venerdì 4 giugno 2021, alle ore 19.00, va in scena "La forza del destino" di Giuseppe Verdi, con la direzione del maestro Zubin Mehta e la regia di Carlus Padrissa de La Fura dels Baus, al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino (piazza Vittorio Gui). Cinque recite in programma il 4, 7, 10, 16, alle ore 19 e il 19 giugno 2021 alle ore 15.30. Il 6 giugno 2021 alle ore 21 l’opera verrà trasmessa sulla piattaforma ITsART.

Il melodramma in quattro atti di Verdi, rimaneggiato dalla sua versione iniziale di san Pietroburgo fino alla stesura finale per del 1869, opera con una trama difficile e densa di pagine straordinariamente sublimi è il secondo titolo operistico dell’83esima edizione del Festival del Maggio Musicale dopo l’Adriana Lecouvreur inaugurale e subito prima di Il ritorno di Ulisse in patria di Claudio Monteverdi e dell’ultima opera, in luglio, Siberia di Umberto Giordano. La “Forza” è stata più volte affrontata dal mastro Zubin Mehta, la prima nel 1992, poi nel 2007, nel 2010 e in tour a Tokyo nel 2011, che torna questa volta a dirigerla in un allestimento con la regia di Carlus Padrissa, della compagnia La Fura dels baus. Con La Fura, il maestro aveva realizzato al Maggio una ormai storica, e di enorme successo, Tetralogia wagneriana a partire 2007.

Nel cast composto da Toni Gradsack, Saioa Hernández (Leonora), Annalisa Stroppa (Preziosilla), Roberto Aronica (Don Alvaro), Amartuvshin Enkhbat (Don Carlo), Ferruccio Furlanetto (Padre Guardiano), Nicola Alaimo (Fra Melitone), Alessandro Spina (Marchese di Calatrava), Leonardo Cortellazzi (Mastro Trabuco), Valentina Corò (Curra), Francesco Samuele Venuti (un alcade), Roman Lyulkin (un chirurgo) e poi i solisti del Coro Ferruccio Finetti, Leonardo Melani, Luca Tamani. Le scene sono di Roland Olbeter, i costumi di Chu Uroz, le luci e il video sono di Franc Aleu. Coro e Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino. Direttore del Coro Lorenzo Fratini.

Dice il maestro Zubin Mehta: “Nella Forza del destino di Giuseppe Verdi, troviamo un po’ di tutto, c’è naturalmente l’amore come in tutte le sue opere, la storia, ma anche il pregiudizio razziale, la guerra, e le buffonerie di Fra Melitone. Solo il genio di Verdi poteva concepire una storia come questa e intersecare tutti questi livelli tra loro. In questo allestimento di Carlus Padrissa di La Fura del Baus, un signor genio col quale collaboro da anni, schieriamo un cast con grandissimi cantanti, voci mondiali che sono in grado di incarnare ogni ruolo e sono molto contento, anzi molto felice, di lavorare con tutti loro!

La forza del destino, l’opera innominabile, per ragioni scaramantiche, di Verdi, ha una struttura molto complessa per la compresenza di tematiche spesso contrastanti: l’amore e la morte; la vendetta e il perdono, derivante dal sentimento religioso; il dramma e la commedia, ma su tutto un destino inesorabile che schiaccia tutti i personaggi dell’opera” dice Carlus Padrissa. “I due amanti Leonora e Alvaro, sono due esseri intrappolati dalla forza del destino, due stelle che, quando si scontrano, formano un buco nero e perdono la loro luce. E il destino è come un buco nero nel quale precipitiamo. Le due stelle appunto sono Leonora e Alvaro; il loro incontro genererà un buco nero (che si vedrà all’inizio dell’opera) e da questo buco nero verranno generate delle onde gravitazionali, come un sasso gettato nell’acqua, che influenzeranno tutta l’opera innescando dei legami tra il presente, il passato e il futuro fino al suo finale che appare come una fatalità. Questa è una produzione italiana e catalana - continua Padrissa - e lavorare al Maggio è sempre un piacere e soprattutto con Zubin Mehta che noi alla Fura consideriamo un nostro padrino e essere a Firenze è straordinario, per me è una città davvero magica.”

Il 10 novembre 1862 al Teatro Imperiale di San Pietroburgo debutta "La forza del destino". L’anno precedente Verdi era stato a lungo corteggiato dalla direzione del teatro russo, che lo aveva convinto ad accettare l’incarico assicurandogli un ottimo compenso e la possibilità di scegliere libretto, librettista e interpreti. In prima battuta il maestro aveva pensato al “Ruy Blas” di Hugo, scartandolo poco dopo in favore del romanzo spagnolo “Don Alvaro o La forza del destino” di Ángel de Saavedra, duca di Rivas, un dramma definito da Verdi “potente, singolare e vastissimo”. Scrivere per il pubblico russo, abituato all’opera italiana settecentesca ma anche al grand opéra francese, voleva dire per Verdi sperimentare soluzioni drammaturgiche nuove. La trama dell’opera, poi, in cui si intrecciano più storie su uno sfondo brulicante di personaggi, ben si prestava alla commistione di stili e registri. Il risultato fu una sintesi tra dramma aristocratico e commedia popolare, tratto caratteristico di un’opera che non venne mai compresa in pieno. Ma che il maestro invece vi tenesse particolarmente lo dimostra la cura che mise nel revisionarla anni dopo per Milano, dove debuttò il 27 febbraio 1869. Nella versione scaligera, oltre all’aggiunta della famosa sinfonia, in cui compare il motivo del fato ineluttabile, Verdi decise di cambiare il finale. Quel dramma d’onore che si concludeva con le morti violente dei tre protagonisti non lo convinceva più. E così, con la collaborazione di Antonio Ghislanzoni, subentrato nel frattempo a Piave, optò per un finale in stile manzoniano, che vede Don Alvaro pentirsi e sopravvivere alla morte di Leonora.

Per maggiori informazioni: www.maggiofiorentino.com