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mercoledì 25 dicembre 2024

Filippo de Pisis, Giulio Paolini e Luca Vitone: tre nuove mostre al Museo Novecento di Firenze

18-03-2022
Tre artisti, tre generazioni a confronto in un gioco di incastri e rimandi fatto di coincidenze iconografiche, strategie concettuali e passioni artistiche e letterarie: Filippo de Pisis, Giulio Paolini e Luca Vitone si incontrano al Museo Novecento di Firenze, in Piazza Santa Maria Novella 10, in un dialogo a tre voci, all’interno di un progetto espositivo a partire dal 18 marzo e fino al 7 settembre 2022.

La nuova stagione di mostre propone un progetto espositivo sorprendente e del tutto originale, che consente di approfondire la conoscenza di tre artisti apparentemente molto diversi tra loro, rileggendone la produzione a partire da una prospettiva inedita. Tre mostre personali, separate ma interconnesse, che danno vita a un gioco di specchi e di confronti tematici.

La mostra "Filippo De Pisis. L’illusione della superficialità", nata da un’idea di Sergio Risaliti, co-curata da Lucia Mannini e organizzata in collaborazione con l’Associazione per Filippo De Pisis, ospiterà oltre quaranta opere del pittore e letterato ferrarese al primo piano del Museo Novecento. L’esposizione, nata da un’attenta rilettura della critica a partire da Francesco Arcangeli fino a Paolo Fossati, intende sottolineare questa complessità attraverso un’attenta e studiata selezione di opere nelle quali l’artista ha adottato espedienti che anticipano, in fondo, quelli dell’arte concettuale degli anni Sessanta. La magica e misteriosa sospensione tra realtà e irrealtà è protagonista delle nature morte di De Pisis anche quando è una tela vuota a sollecitare nell’osservatore una riflessione, invitandolo a indagare più in profondità il senso delle cose esibite in un dipinto e andando oltre la piacevolezza visiva della sua pittura.

Il titolo della mostra, "Quando è il presente?", a cura di Bettina Della Casa e Sergio Risaliti, è ripreso da una lettera scritta nel 1922 da Rainer Maria Rilke a Lou Andreas Salomè, da cui Giulio Paolini trae spunto per condurre una propria meditazione sul tempo e sulla nostra impossibilità di afferrarlo, combinando gli interrogativi sul ruolo dell’arte e la figura dell’artista con quelli sull’esistenza e il suo fluire. Come sempre nella sua produzione, Giulio Paolini ricorre a un vasto repertorio di riferimenti letterari, mitologici e filosofici, richiamati attraverso la riproduzione fotografica, il collage e il calco in gesso, cui fanno da pendant allestimenti articolati e compositi, imperniati su citazioni, duplicazioni e frammentazioni, per dar vita a un teatro dell’evocazione. I lavori di Paolini chiamano in causa gli strumenti del fare artistico, la figura dell’autore e il suo rapporto con l’opera e con l’osservatore, in una ricerca che trae nutrimento dalla storia stessa dell’arte: dalla nascita della prospettiva rinascimentale alla sopravvivenza del mito nell’iconografia, fino al perpetuarsi dei modelli classici e al ritorno della sospensione temporale tipica della metafisica di de Chirico. Lo stesso Paolini ha più volte dichiarato il suo amore incondizionato per il Beato Angelico, eleggendo il Museo di San Marco di Firenze a suo museo ideale. In occasione di questa mostra, l’artista torinese ha realizzato un collage incorniciato allestito su un cavalletto ispirato al celebre affresco del Noli me tangere conservato all’interno del convento di San Marco. L’opera sarà esposta proprio all’interno della cella omonima di fronte al dipinto del frate domenicano.

De Pisis e Paolini costituiscono due importanti riferimenti per Luca Vitone, che entra nella costruzione del progetto espositivo continuando questa mise en abyme con una serie di opere site-specific all’interno della mostra "D’après". Mentre un dipinto di De Pisis dà modo a Vitone di elaborare una scultura olfattiva (una stanza del museo è pervasa dal profumo di un fiore rappresentato nella tela Il gladiolo fulminato realizzata in collaborazione con Maria Candida Gentile conservato a Ferrara e volutamente non presente in mostra), nell’altro caso Vitone ha recuperato dallo studio di Giulio Paolini della polvere, diventata materiale pittorico per realizzare un acquarello che attraverso questo espediente vuole mettere in scena l’atelier dell’artista. L’operazione di Vitone si completa con una doppia installazione all’interno dello spazio espositivo che ospita la mostra dedicata a De Pisis. In una delle prime sale il visitatore scoprirà un erbario che allude agli interessi botanici del ferrarese, che amava anche definirsi naturalista, entomologo e miniaturista. Nello stesso spazio vi si potrà imbattere in un pupazzo, le cui fattezze ritraggono Vitone. Il medesimo meccanismo di traslazione o transfert è testimoniato da un fantoccio di pezza che appare in una foto di De Pisis nel suo studio, documento d’archivio utilizzato da Vitone per realizzare una carta da parati che fascerà nella sua totalità le sale espositive al primo piano del museo. Su questa carta da parati saranno esposte le opere di De Pisis presenti in mostra, in un allestimento straniante che alimenta il gioco evocativo e concettuale dell’intero progetto espositivo.

Per maggiori informazioni: www.museonovecento.it