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mercoledì 25 dicembre 2024

"Peste e Guerra. La poesia non salverà la vita", incontro con Paolo Fabrizio Iacuzzi

10-11-2022
Giovedì 10 novembre 2022, alle ore 17.30, a Firenze, nella Sala Oriana Fallaci di Palazzo Medici Riccardi, in via de' Ginori 8, è in programma l'incontro con Paolo Fabrizio Iacuzzi in occasione dell'uscita del volume "Peste e Guerra. La poesia non salverà la vita" (Interno Poesia, 2022). L'autore dialoga con Michele Brancale e Filiberto Segatto. Venerdì 11 novembre, ore 18.00, a Pistoia, alla Libreria Lo Spazio, via Curtatone e Montanara 20, l'autore è in dialogo con Augusto Iossa Fasano e Filiberto Segatto.

“Si capiva fin da subito che l’intervista si fosse già trasformata in qualcosa di più, quasi in un teatro dove le figure dei due personaggi diventano altro, protagonisti di una tela o di un quadro d’antan.” (Michele Bordoni, dall’introduzione)

“Nonostante il volume sia composto di testi selezionati dalle sei precedenti raccolte, alle quali si aggiunge una settima sezione inedita, non è tuttavia un’antologia. A tutti gli effetti è, invece, una nuova rapsodia epico-lirica, che fa tutt’uno con prefazione e dialogo e che, perciò, rinnova e dilata fino all’auto-epistemologia il modo di costruzione del libro e lo stile compositivo del verso, tipici da sempre dell’autore pistoiese.” (Gabrio Vitali, “Il Manifesto”)

Poesia come malattia virale, rivolta e ribellione del linguaggio alle imposizioni di potere che lo attanagliano. Ma anche poesia come storia sotterranea degli esclusi, dei vinti, dei sommersi, dei diversi, dei caduti in mare a poche miglia dalla meta. Come il timoniere di Enea, Palinuro, la sua tomba inquieta: come Io, la ninfa che si “leva” e si staglia contro la violenza che la calpesta. Peste e Guerra. La poesia non salverà la vita è l’inedito viaggio con una bicicletta Bianca, immagine di resistenza o meglio di resilienza di una scrittura poetica nell’arco di quarant’anni: dalla guerra di Bosnia a quella dell’Ucraina, dall’Aids al Covid-19, dalla violenza alla discriminazione sessuale. Paolo Fabrizio Iacuzzi concepisce la sua bicicletta come fosse la nave Argo, assemblando e smantellando brandelli della sua poesia e della sua esperienza intellettuale, trasfondendo il suo sangue e quello della sua famiglia dentro la Storia: una sorta di autofiction epica e corale. Un libro Arlecchino, un libro Frankenstein: una prima parte composta da versi scelti dalla vasta produzione di uno dei maggiori poeti della sua generazione e una seconda che mette in scena il dialogo con il suo interlocutore-curatore-inquisitore, il giovane poeta Michele Bordoni. Non un monologo, non la storicizzazione di una carriera poetica giunta al suo punto di massima altezza. Semmai una restituzione al mondo della voce che, prima inspirata, viene ora espirata nella condivisione e nel contagio dei valori della poesia, del potere delle immagini e della forza dei colori. Una celaniana “svolta del respiro” che non salverà la vita solo perché il suo compito è quella di renderla possibile. Così, nonostante gli orrori della realtà esteriore e interiore che una autobiografia porterebbe con sé, la poesia non si trasforma in un romanzo horror ma resta in bilico nelle sue contraddizione fra il male e il bene, la dannazione e la salvezza.

Paolo Fabrizio Iacuzzi vive tra Firenze e Pistoia, dov’è nato nel 1961. Nel 1996 ha pubblicato Magnificat (I Quaderni del Battello Ebbro); nel 2000 Jacquerie (Nino Aragno Editore); nel 2005 Patricidio (Nino Aragno Editore); nel 2008 Rosso degli affetti (Nino Aragno Edi- tore); nel 2016 Pietra della Pazzia (Giorgio Tesi Editore); nel 2018 Folla delle vene. Il museo che di me affiora (Corsiero Editore); nel 2020 Consegnati al silenzio. Ballata del bizzarro unico male (Bompiani Editore). La silloge Fiabucce per una madre è pubblicata nell’antologia Sospeso respiro. Poesia di Pandemia, a cura di Gabrio Vitali (Moretti & Vitali 2021). È presente in diverse antologie ed è tradotto in altre lingue; nel 2021 è stata pubblicata in francese la sua antologia Le Pavillon vert et autres poèms (Voix Vives – Al Manar).