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mercoledì 24 aprile 2024

Il "Don Carlo" di Giuseppe Verdi chiude il Festival d’Autunno del Maggio Musicale Fiorentino

27-12-2022
Martedì 27 dicembre 2022, alle ore 19.00, il Festival d’Autunno del Maggio giunge al suo ultimo titolo operistico: in programma, in occasione dell'inaugurazione del rinnovato palcoscenico della Sala Grande del Teatro, il "Don Carlo" capolavoro di Giuseppe Verdi, nella versione italiana in 4 atti che vide la luce alla Scala il 10 gennaio 1884. Sul podio, alla testa del Coro e dell'Orchestra del Maggio il direttore principale Daniele Gatti, al suo secondo appuntamento lirico dopo le recite del Barbiere di Siviglia dello scorso settembre; la regia è di Roberto Andò.

In locandina una sfolgorante compagnia di canto formata da Francesco Meli come l’infante di Spagna Don Carlo che ama senza speranza Elisabetta di Valois, interpretata da Eleonora Buratto, Mikhail Petrenko nel ruolo del sovrano “severo e terribile” Filippo II; il ruolo di Rodrigo, Marchese di Posa amico prediletto di Carlo, è interpretato da Roman Burdenko e da Massimo Cavalletti (nella recita dell’8 gennaio), Ekaterina Semenchuck interpreta la gelosa e impetuosa Principessa Eboli, Alexander Vinogradov è Il Grande Inquisitore. Evgeny Stavinsky è Un Monaco, Nikoletta Hertsak e Aleksandra Meteleva (nelle recite del 5 e 8 gennaio) interpretano il paggio di Elisabetta Tebaldo; Joseph Dahdah nel doppio ruolo de Il Conte di Lerma/Un araldo reale; Benedetta Torre è Una voce dal cielo, mentre un gruppo nutrito di artisti ed ex artisti dell’Accademia del Maggio interpreta i Deputati fiamminghi: Matteo Mancini, Volodymyr Morosov, Matteo Torcaso, Eduardo Martínez Flores, Davide Piva, William Hernandez, Lodovico Filippo Ravizza e Roman Lyulkin.

In questo nuovo allestimento, scene e luci sono curate da Gianni Carluccio, i costumi da Nanà Cecchi e il reparto video da Luca Scarzella. Aiuto regista è Boris Stetka. Il maestro del Coro del Maggio è Lorenzo Fratini. La recita del 27 dicembre sarà trasmessa in diretta radiofonica su Rai Radio 3.

Altre quattro sono le recite previste in cartellone: il 30 dicembre e il 3 e 5 gennaio 2023 alle ore 19 e l’8 gennaio 2023 alle ore 15:30. Grazie alla Fondazione CR Firenze, la recita del 05/01/2023 è offerta al pubblico con uno sconto del 50% del prezzo sui biglietti di ogni settore.

Si giunge con il Don Carlo di Giuseppe Verdi, composto nella versione originale francese fra il 1864 e il 1865 e rivisto nell'edizione italiana in quattro atti nel 1884, all’ultimo titolo del Festival d’Autunno del Maggio dedicato al cigno di Busseto, che ha visto la programmazione di tre sue opere a sfondo ispanico con le recite del Trovatore, opera inaugurale del Festival diretta da Zubin Mehta fra settembre e ottobre, e quelle di Ernani, dirette da James Conlon a novembre. Eseguito in questa occasione nella sua versione italiana in 4 atti, il capolavoro verdiano è il quarto basato su un soggetto di Friedrich Schiller dopo i successi di Giovanna d’Arco, I masnadieri e Luisa Miller, con il libretto scritto da François-Joseph Méry e Camille du Locle e tradotto poi in italiano da Achille de Lauzières e Angelo Zanardini.

L’opera, messa in scena al Maggio sinora quattro volte nella versione italiana e tre in quella francese in 5 atti, segna dunque la riapertura del rinnovato palcoscenico della Sala Grande del Teatro: “Siamo orgogliosi di poter presentare al pubblico un Teatro che si avvia al definitivo completamento” ha dichiarato, il 7 dicembre in occasione della presentazione ai media, il sindaco di Firenze Dario Nardella “la nostra grande Sala Lirica cambia e si rinnova con una veste tecnologica avveniristica e lo spettacolo è impressionante: sarà come avere un moltiplicatore di palcoscenici, quinte, effetti, dimensioni che cambieranno considerevolmente qualità e quantità delle opere rappresentate.”

Anche il sovrintendente del Maggio Alexander Pereira, durante la conferenza stampa di presentazione dell’opera, ha espresso la sua soddisfazione a riguardo: “La Sala Grande del nostro Teatro diventa finalmente un luogo fra i più attrezzati ed efficienti al mondo. Sono particolarmente fiero che ciò avvenga con la proposta di Don Carlo, quello che per me è uno dei massimi capolavori verdiani, diretto dal nostro direttore principale Daniele Gatti per la regia di un uomo di teatro e di cinema apprezzatissimo come Roberto Andò, e con un meraviglioso cast di interpreti fra i migliori artisti della scena internazionale. Il nuovo palcoscenico consentirà, con la sua tecnologia d’avanguardia, di mettere in scena spettacoli d’opera assai complessi con risultati artistici al livello della grande tradizione del Maggio; il Teatro diventa così non solo un vero ‘Parco della musica’, ma contribuisce a rendere Firenze la Città del Festival.”

Il sovrintendente ha poi passato la parola al maestro Daniele Gatti: “Torno a dirigere il Don Carlo dopo 14 anni, dopo lo spettacolo del 7 dicembre 2008 alla Scala: è un’opera che ho sempre amato nel profondo, ricca di contrasti drammaturgici fra ciò che è il concetto di potere e ciò che è l’aspetto più intimo dei personaggi. Tornare su una partitura simile dopo anni, mi ha affascinato. Ho la fortuna di averlo potuto fare insieme a un cast decisamente sensibile, dotato di una grande capacità di condividere un’idea o un percorso drammaturgico e musicale. Chi conosce il mio approccio alla direzione sa che non amo forzare vocalmente gli artisti con cui lavoro, cercando così di sfruttare al meglio i ‘colori’ delle loro voci e, con gli spazi notevoli della Sala Grande, temevo di non poter sfruttare queste esigenze drammaturgiche. Poi ho pensato che questo potesse essere idealmente spunto quasi per una ‘collaborazione’ fra noi e il pubblico, che può spingersi in avanti sulle poltroncine, venendoci ‘letteralmente incontro’ per poter godere di queste mille sfumature vocali che caratterizzano la costruzione musicale dell’opera. Un modo, questo, per poter ricreare quell'intimità che sussiste fra palcoscenico e platea”. Il maestro Gatti si è concentrato poi sul personaggio di Filippo II, uno dei cardini dell’opera e sul lavoro con Roberto Andò: “A livello narrativo una grande attenzione è stata data a Filippo II, la cui figura è stata letteralmente ‘scarnificata’, anche dalla sua forza esteriore: dentro, nel suo cuore, c’è solo un mare di malinconica solitudine. Forse il personaggio che più cambia e si trasforma nel corso narrativo dell’opera. Leggere quest’opera facendo capire che chi gestisce il potere è anche colui che è permeato da questa solitudine abissale è davvero uno dei motivi per cui so che un’opera come il Don Carlo non si smette mai di scoprirla e non smette mai di insegnare. Splendido inoltre è stato lavorare con Roberto Andò per la prima volta: è un partner ideale, grande sintonia durante le prove.” Gatti ha poi chiuso il suo intervento con una considerazione sull’interpretazione delle opere verdiane: “Un lavoro di ‘rivisitazione’ può sembrare arido, un’interpretazione secca. La sfida è in parte anche questo; riuscire noi, come compagnia musicale, a dare “un’interpretazione dell’interpretazione”. Con Verdi siamo di fronte al più geniale psicologo e regista in musica che si possa trovare; in alcune parti è proprio lui che indaga la parte psicologica del personaggio: se noi abbiamo l’umiltà di capire questo, possiamo lavorare per essere al ‘servizio’ di una regia già scritta da Verdi sottotraccia ma che - attenzione - non vuol dire copiare la partitura, ma comprenderla, assimilarla e capirla. Ci sono dei passaggi musicali che mostrano chiaramente come già il compositore stesso indagasse la psiche dei suoi protagonisti. Cercheremo d'illuminare quest’opera in alcuni aspetti che non sono legati a un’estemporaneità dell’interpretazione. La visione di un direttore in questo deve evolversi, lasciandosi guidare dal vero demiurgo, in questo caso Giuseppe Verdi.”

Roberto Andò, che torna al Maggio dopo gli spettacoli di Siberia di Umberto Giordano andati in scena nel luglio 2021, cura la regia di questa nuova produzione. In collegamento dal suo studio a Roma, Andò ha sottolineato come sia stato importante cercare di evidenziare il dramma ‘intimo’ concepito da Verdi: “Affrontare il Don Carlo è davvero un grande piacere; è un’opera grandiosa che non ti dà mai delle conclusioni certe. Possiamo cercare, musicalmente e non, di osservare le infinite sfaccettature che offre. Lavorare con Gatti è stato armonioso e intenso, un lavoro affrontato insieme con grande profondità. Abbiamo lavorato per restituire quel senso di grandezza ma anche di intima solitudine che caratterizza i potenti che vi sono rappresentati: il Don Carlo è questo, la tragedia del potere; un potere visto nella sua inadeguatezza umana e politica. L’opera è ‘nera’: Verdi ci propone un pessimismo tragico nelle relazioni che circondano il potere. In quest’opera Verdi esalta quel realismo psicologico in un modo straordinario, con una ricchezza di sfumature davvero impressionante: ognuno dei personaggi è sospeso, nel misterioso rapporto fra storia ed intimità, dentro il ‘cerchio nero’ rappresentato dal potere. I personaggi sono sì granitici, ma in parte consumati dal dubbio: Filippo per esempio vuole essere figlio nei confronti dell’Inquisitore e non sa essere padre di Carlo mentre vorrebbe Posa come suo figlio; qui la musica ci porta in una dimensione quasi parallela alla vite che ci è data. Ci sono tutti i temi ‘classici’ di Verdi che dunque ritornano: il rapporto padre-figlio, la sublimazione dell’amore, un profondo pessimismo e un libretto, basato sulla tragedia di Friedrich Schiller, che in fondo è ispirato a fatti inventati. Schiller fece di Carlo un eroe romantico e decadente, e Verdi continua su questo sentiero. Noi stiamo cercando dunque questo: di ‘restituire’ un’idea di dramma intimo, psicologico e assolutamente moderno, che si avvicina a quello che noi oggi viviamo in tutte le manifestazioni del potere. Da questo punto di vista l’opera è di un’attualità letteralmente travolgente.” Andò dopo aver lavorato da giovanissimo come assistente alla regia per due leggendari cineasti come Federico Fellini e, in seguito, e Francis Ford Coppola, dal 1980 ha alternato regie di prosa, liriche e cinematografiche. Nel teatro di prosa è da ricordare il suo sodalizio con Harold Pinter, cui dedicherà nel 1998 un documentario-ritratto presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, oltre alle regie di Old Times, The Room e Celebration. Tra gli altri spettacoli della sua lunga carriera: Il Caso Kafka e Le storie del signor Keuner di Bertold Brecht con Moni Ovadia, Natura morta per i diritti umani da Eco, Auster, Baudrillard, Weiss con Isabelle Huppert, Sette storie per lasciare il mondo (2006), opera per musica e film sua e di Marco Betta, Proprio come se nulla fosse avvenuto da Anna Maria Ortese con Anna Bonaiuto e Piazza degli eroi di Thomas Bernhard, con Renato Carpentieri. La sua prima regia lirica è stata Le Martyre de Saint Sébastien di Claude Debussy, e da allora è presente nei più importanti teatri d’opera italiani e internazionali, curando la regia di numerosi titoli come L’esequie della luna di Pennisi, Norma, Die Zauberflöte, Tancredi di Rossini e Les Enfants e le sortilèges di Ravel; Die fliegende Höllander, Cavalleria rusticanainsieme a Oedipus Rex di Stravinskij, Die Winterreise di Schubert, Turandot, e Il Turco in Italia. Ricchissima inoltre la sua produzione cinematografica, dove ha curato la regia di numerosi film di grande successo come Viva la libertà, Le confessioni, Una storia senza nome e il recente, applauditissimo, La stranezza.

Francesco Meli, alla sua seconda produzione verdiana nell’ambito del Festival d’Autunno dopo l’Ernani del novembre scorso, interpreta Don Carlo: “Torno ad affrontare quest’opera di Verdi così fremente, tormentata e complessa, qui al Teatro del Maggio nel corso del festival dedicato a Verdi, nella versione in quattro atti che è la mia preferita” dice Meli, che spiega: “Di quest’opera mi affascinano la genesi, i rimaneggiamenti e i tagli che il compositore vi apportò nell’arco di vent’anni e siccome in Verdi nulla è per caso, ne ho avuto l’ennesima prova nel corso dello studio delle diverse versioni. Ma quella che generalmente si mette in scena, la versione milanese del 1884, ha una compiutezza che incanta e commuove. Ce ne accorgiamo innanzitutto dalle contrapposizioni tra le parti dove l’incalzare degli eventi e quindi della musica è frenetico, che preparano oasi lirico-melodiche di bellezza assoluta. Il fascino dell’opera è il risultato dell’efficacia teatrale sommata alla genialità della musica. Ma anche il fascino dei singoli personaggi è innegabile, penso innanzitutto a Filippo II, a Rodrigo ma anche alla Regina. Don Carlo non a caso dà il titolo all’opera: nei conflitti drammatici sui quali si sviluppa la trama e che si possono riassumere nei contrasti tra padre e figlio, tra le diverse concezioni politiche del Re e di Rodrigo e soprattutto tra lo Stato e la Chiesa, Don Carlo è giovane irruente quando mosso da spirito patriottico, ardente nel suo amore pericoloso per Elisabetta. Verdi gli riserva una tessitura temibile che richiede una grande padronanza dei propri mezzi vocali. Così come pretende dal suo Don Carlo mezzevoci che di questo personaggio fondamentalmente impulsivo aiutano ad esaltarne i tratti lirici. Questa nuova produzione di Don Carlo poggia sulla direzione di Daniele Gatti e su un team creativo con Roberto Andò che vuole evidenziare soprattutto la tragicità del potere. Il cast è stellare e le aspettative sono tante, come del resto si addice a quest’opera di non così frequente messa in scena”.

Meli, fra i più apprezzati e stimati tenori italiani anzi “il” tenore italiano per eccellenza, ha iniziato la sua carriera a poco più di vent’anni, prima nel repertorio belcantistico e rossiniano e successivamente in quello lirico, soprattutto verdiano.

Dotato di un vastissimo repertorio che si estende su oltre cinquanta ruoli, nel corso della sua carriera è stato diretto, fra gli altri, da Riccardo Muti, Zubin Mehta, Riccardo Chailly, Myung-Whun Chung e Daniele Gatti. Ha vinto prestigiosi premi quali: il Premio Abbiati nel 2013 per le interpretazioni verdiane, La Maschera d’oro, l’Oscar della lirica, il Premio Zenatello all’Arena di Verona, il Premio Orazio Tosi, il Premio Carlo Alberto Cappelli, il Premio Pertile, il Premio Caruso, il Premio Lugo, il Premio Prandelli, il Premio Mascagni, il Tiberini d’oro, l’ISO d’oro, la Targa Labò e il Pavarotti d’oro. Nel novembre 2021 è uscito il suo primo album monografico, Prima Verdi, inciso con l’Orchestra del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino diretta da Marco Armiliato e pubblicato dalla Warner. Ha calcato alcuni dei più prestigiosi palcoscenici internazionali, dal Metropolitan di New York al Covent Garden. Per quanto riguarda il repertorio sinfonico, oltre al Requiem di Verdi ha in repertorio quelli di Mozart, Donizetti, Dvorák e di Andrew Lloyd Webber, Petite Messe Solennelle e Stabat Mater di Rossini, Messa di Gloria di Puccini e Mascagni, Inno delle Nazioni di Verdi, Stabat Mater di Dvorák e Pulcinella di Stravinsky. Ha inoltre inciso numerosi DVD pubblicati da etichette come Deutsche Grammophon, Unitel, Opus Arte e sarà protagonista di altri due titoli lirici anche nel corso del prossimo Festival di Carnevale dedicato al Faust e a Goethe.

Eleonora Buratto, che torna al Maggio per la seconda volta in carriera dopo il concerto del 28 giugno 2015 diretta proprio dal maestro Gatti, è Elisabetta di Valois ruolo che ha da poco debuttato al Metropolitan di New York dove ha raccolto calorosi responsi dal pubblico e da prestigiose testate come il NY Times e il Chicago Tribune. Parlando del suo personaggio, ha sottolineato anche la sua felicità nel tornare a calcare il palcoscenico del Maggio: “In questo anno per me importante grazie a ben quattro debutti di ruolo, sono particolarmente orgogliosa di cantare per la prima volta in Italia come Elisabetta di Valois in Don Carlo. Lo faccio al Teatro del Maggio, nel corso di un festival dedicato a Verdi, con un cast fantastico e sotto la direzione del maestro Daniele Gatti. Soprattutto, torno al Teatro del Maggio dopo quattro anni proprio grazie a questo Don Carlo: ho cantato qui solo nel 2015, nella Sinfonia n. 2 di Mahler, ancora sotto la bacchetta del maestro Gatti. Ho debuttato come Elisabetta lo scorso mese di novembre al Metropolitan Opera di New York, aggiungendo così un altro grande personaggio verdiano al mio repertorio. Ho amato dare voce e cuore a questa regina schiacciata da un destino deciso dal potere, eppure regale nel ruolo di sposa e nell’intimo femminile dall’inizio alla fine della grandiosa vicenda. La figura di Elisabetta, così come l’ha voluta Verdi, è straordinaria proprio perché inserita in vicende che descrivono due diverse concezioni politiche ma anche l’amore impossibile tra la stessa Elisabetta e il suo figliastro, Don Carlo, l’infante di Spagna figlio di Filippo. Un contrasto lancinante, quello tra genitore e figlio, sempre significativamente ricorrente nella drammaturgia di Verdi, che qui si sviluppa quindi sul piano intimo ma anche su quello politico. Entrambi soccombenti al potere della Chiesa attraverso la figura del grande Inquisitore. Il nuovo allestimento del Teatro del Maggio si avvale della regia di Roberto Andò che punta proprio su quella che lui chiama tragedia del potere, mettendo in luce il profondo pessimismo e la straordinaria modernità di quest’opera”. Eleonora Buratto è fra le più apprezzate e richieste interpreti al mondo, inizia la sua carriera nel 2009 quando interpreta Creusa in Demofoonte di Antonio Caldara, diretta da Riccardo Muti al Festival di Salisburgo, all’Opéra Garnier di Parigi e al Ravenna Festival. Negli anni successivi è stata diretta dal maestro Muti anche ne I due Figaro di Mercadante, Don Pasquale (Norina), Simon Boccanegra(Amelia) e Falstaff (Alice). Agli inizi del 2015 ha cantato ne Il viaggio a Reims (Corinna) alla National Opera di Amsterdam, con la regia di Damiano Michieletto e la direzione di Stefano Montanari, impegno che ha segnato l’inizio di una carriera internazionale in rapida ascesa. Nello stesso anno ha interpretato per la prima volta i ruoli di Liù (Turandot) e della Contessa d’Almaviva (Le nozze di Figaro) e ha inaugurato la stagione del Teatro San Carlo di Napoli cantando in Carmen (Micaëla) diretta da Zubin Mehta. Dal 2016 a oggi ha debuttato ruoli diventati poi distintivi del suo repertorio quali: Mimì (La bohème) e Luisa Miller (protagonista) al Liceu di Barcellona, Donna Anna (Don Giovanni) al Festival d’Aix-en-Provence, Elettra (Idomeneo) al Teatro Real di Madrid (opera incisa in Dvd e Bd da Opus Arte). Ospite regolare dei più importanti teatri al mondo, si è esibita anche alla Lyric Opera di Chicago, alla Metropolitan Opera House di New York e alla Royal Opera House Covent Garden di Londra.

Mikhail Petrenko, uno di bassi più apprezzati al mondo, torna al Maggio dopo le recite di Der Fliegende Holländer del gennaio 2019, è Filippo II. “È davvero perfetto quello che ha detto parlando dell’opera, il maestro Gatti: Filippo II - dice Petrenko - vive con un vero e proprio mare di solitudine dentro di sé. Una lezione utile che può trasmettere il mio personaggio è proprio la ‘lezione’ che il potere da egli può trarre. Con tutto l’immenso potere che è fra le sue mani egli afferma "Col sangue sol potei aver la pace del mondo". Ecco, io penso che questa drammatica affermazione serva in realtà a mascherare il dubbio e la paura da cui questo personaggio è afflitto. Paura e dubbio che si contrappongono all’amore. E Filippo di questo si rende conto, umanamente parlando, e questo è quello che insegna in parte il mio personaggio: con il sangue si ottiene poco e niente; è l’amore a poter essere il vero veicolo di pace, anche se si tratta solo di pace personale”. Dopo gli studi al conservatorio di San Pietroburgo nella classe del professor Minzhilkiev, ha ricevuto riconoscimenti quali i diplomi al terzo Concorso Internazionale Rimskij-Korsakov (1998) e al primo Concorso Elena Obraztsova; è stato, inoltre, finalista e vincitore del diploma al Concorso Maria Callas Voci Nuove a Parma (2000). Recentemente ha interpretato la Sinfonia n. 14 di Šostakovic con l’Orchestre de la Suisse Romande diretta da Alexander Shelley e con l’Orchestra Sinfonica della Radio Finlandese; Le campane di Rachmaninov con la BBC National Orchestra of Wales diretta da Thomas Søndergård; la Sinfonia n. 13 di Šostakovic con la Rotterdam Philharmonic Orchestra e Yannick Nézet-Séguin, la NDR Elbphilharmonie Orchester e la Deutsches Symphonie Orchester diretta da Ingo Metzmacher, e Il castello di Barbablù al Concertgebouw di Amsterdam con Jaap van Zweden.

Roman Burdenko, al suo debutto assoluto sulle scene del Maggio, interpreta Rodrigo, Marchese di Posa. Burdenko si è detto molto felice, non solo per essere alla sua prima recita al Maggio, ma anche nel farlo interpretando un ruolo come quello di Rodrigo: “Sono davvero felice di debuttare qui al Maggio, in un anno che mi ha visto esordire su numerosi palcoscenici italiani. Farlo dando la voce a un personaggio come Rodrigo mi fa molto piacere, perché è uno dei classici esempi del ‘baritono verdiano’ e si muove all’interno di un’opera complessa narrativamente ma bellissima, che tocca temi importanti come l’amore, il peso del potere e il dolore; legate insieme con estrema eleganza dalla musica del grande Verdi”. Oggigiorno tra i baritoni più stimati, Roman Burdenko ha vinto numerosi e prestigiosi concorsi canori tra cui l’ “Opera International Competition” di Mosca (1° Premio, 2011), “Concours de Chant Lyrique Long Thibaud-Crespin” di Parigi (2° Premio, 2011), “Operalia” di Plácido Domingo a Pechino (3° Premio, 2012) e il “32° Concorso Internazionale di Canto Hans Gabor Belveder” ad Amsterdam (2° Premio, 2013). Recentemente è stato protagonista di numerosi titoli come Cavalleria rusticana (Alfio) e Pagliacci (Tonio) al Grand Théâtre de Genève; Il Principe Igor’ (protagonista) al Teatro Bol’šoj di Mosca; Stiffelio (Stankar) all’Opera di Bilbao; La pulzella d’Orléans(Dunois) in forma di concerto ancora al Grand Théâtre de Genève e Un ballo in maschera alla Deutsche Oper Berlin.

Il ruolo di Rodrigo sarà interpretato anche da Massimo Cavalletti nella recita conclusiva dell’8 gennaio: si è imposto nei più importanti teatri d’opera e festival internazionali, fra cui: Metropolitan Opera di New York, Teatro alla Scala, Royal Opera House Covent Garden di Londra, Opéra di Parigi, Staatsoper di Vienna, Staatsoper di Berlino, Opera di Zurigo, Festival di Salisburgo, Bol’šoj di Mosca e Bunka Kaikan di Tokyo. Dopo il debutto in Parisina nel 2004 al Teatro Donizetti a Bergamo ha legato il suo nome a quello del Teatro alla Scala e all’Opera di Zurigo, prendendo parte a produzioni quali Il barbiere di Siviglia (Figaro); Don Carlo(Marchese di Posa); La bohème (Schaunard e Marcello); Lucia di Lammermoor (Enrico); Simon Boccanegra(Paolo Albiani); Falstaff (Ford); Carmen (Escamillo); I masnadieri (Francesco); Il trovatore (Il conte di Luna); L’elisir d’amore (Belcore) e Manon Lescaut (Lescaut). Nel 2007 inizia una lunga collaborazione con l’Opera di Zurigo, dove ha cantato ne La bohème, La Juive, Le Cid, Lucia di Lammermoor e Carmen.

Ekaterina Semenchuck intepreta La Principessa Eboli: fra le interpreti più apprezzate e richieste della scena internazionale, ha debuttato sul palcoscenico del Mariinsky Theatre mentre studiava al Conservatorio “Rimskij-Korsakov “di San Pietroburgo e da allora, si è esibita in tutti i maggiori teatri del mondo. i suoi ruoli operistici includono Azucena (Il trovatore), Eboli (Don Carlo), Amneris (Aida), Lady Macbeth (Macbeth) e Principessa di Bouillon (Adriana Lecouvreur). Oltre al repertorio verdiano, interpreta Didon (Les Troyens), Santuzza (Cavalleria rusticana), Marina (Boris Godunov) e Laura (La Gioconda).

Durante le stagioni recenti si è esibita al Metropolitan di New York, all’Opéra national de Paris, al Teatro Real di Madrid, alla Royal Opera House Covent Garden di Londra, al Festival di Salisburgo, al New National Theatre di Tokyo, alla San Francisco Opera, alla Staatsoper Unter den Linden di Berlino, al Baden-Baden Festival e al Teatro alla Scala. Al Maggio è stata di recente fra le protagoniste del concerto sinfonico diretto dal maestro Daniele Gatti del 30 giugno 2022 e de Il trovatore, opera inaugurale del Festival d’Autunno diretta da Zubin Mehta.

Alexander Vinogradov è Il Grande Inquisitore: ha debuttato a soli ventun’anni al Teatro Bol’šoj di Mosca e in seguito ha intrapreso un’intensa carriera internazionale che lo ha portato a esibirsi sui palcoscenici dei maggiori teatri del mondo, fra i quali Royal Opera House Covent Garden di Londra, Metropolitan Opera di New York, Teatro alla Scala di Milano, Opéra national di Parigi, Théâtre du Châtelet di Parigi, Staatsoper di Berlino, Deutsche Oper di Berlino, Staatsoper di Monaco di Baviera, Opernhaus di Zurigo, Staatsoper di Vienna, Opéra de Monte-Carlo, Palau de les Arts di Valencia, Teatro Real di Madrid, Semperoper di Dresda e il Teatro San Carlo di Napoli. Collabora abitualmente con illustri direttori d’orchestra quali Daniel Barenboim, Zubin Mehta, Myung-Whun Chung e Gustavo Dudamel, ed è dotoato di un solido repertorio che si articola in numerosi titoli quali Roméo et Juliette (Frère Laurent); Lucia di Lammermoor (Raimondo) e Luisa Miller (conte Walter) ; Die Zauberflöte (Sarastro) e Evgenij Onegin (Gremin); Faust (Méphistophélès); Ernani (Silva; La bohème (Colline) e Il barbiere di Siviglia (Don Basilio).

Evgeny Stavinsky, che torna al Maggio dopo le recenti recite del Barbiere di Siviglia dirette proprio dal maestro Gatti è Un Monaco, Nikoletta Hertsak (nelle prime recite) e Aleksandra Meteleva (nelle ultime due recite del 5 e 8 gennaio) interpretano Tebaldo ; Joseph Dahdah nel doppio ruolo de Il Conte di Lerma/Un araldo reale e Benedetta Torre, protagonista ne Le nozze di Figaro andate in scena durante lo scorso 84º Festival del Maggio, torna interpretando Una voce dal cielo mentre un nutrito ensemble di artisti ed ex artisti dell’Accademia del Maggio interpreta i Deputati fiamminghi: Matteo Mancini, Volodymyr Morosov, Matteo Torcaso, Eduardo Martínez Flores, Davide Piva, William Hernandez, Lodovico Filippo Ravizza e Roman Lyulkin.

Continuano, prima di ogni recita, le presentazioni al pubblico degli spettacoli tenute da Katiuscia Manetta, Maddalena Bonechi e Marco Cosci: le guide si tengono nel Foyer della Sala Zubin Mehta e nel Foyer di Galleria della Sala Grande 45 minuti circa prima l’inizio della spettacolo. Per la recita di domenica 8 gennaio, alle ore 15, continua l’iniziativa “Crescendo: teatro in gioco, giocare in teatro”: i grandi assistono all’opera mentre i bambini sono accolti in una grande sala prove del teatro e sono intrattenuti da educatori fino alla fine della recita con giochi, musiche e storie legate all’opera in programma.

L’opera:
Don Carlo, versione italiana del Don Carlos, è la quarta e ultima opera di Verdi su soggetto schilleriano. La fonte del libretto, scritto a quattro mani da François-Joseph Méry e Camille Du Locle, era Don Carlos, Infant von Spanien, una tragedia in cinque atti di Friedrich Schiller ispirata a fatti storici accaduti in Spagna a metà Cinquecento. Lo scontro tra un sistema politico oppressivo e l’aspirazione alla libertà individuale, nonché il contrasto padre-figlio, che corre sul doppio binario della sfera politica e di quella privata, affascinarono Verdi che iniziò la composizione dell’opera dopo la commissione ricevuta dall’Opéra, dove Don Carlos debuttò l’11 marzo 1867. Articolato inizialmente in cinque atti, con balli e scene di massa grandiose, in linea con le esigenze spettacolari del tempio della lirica francese, Don Carlos non ottenne il successo sperato e l’autore, insoddisfatto, decise di rimettervi mano qualche anno dopo per una ripresa al Teatro alla Scala il 10 gennaio 1884. In tale occasione Verdi ridusse gli atti da cinque a quattro - eliminando tutto il primo atto ad eccezione dell’aria del protagonista “Io la vidi e il suo sorriso”- e tagliò i ballabili. La critica italiana, tuttavia, tacciò l’opera di ‘wagnerismo’ per l’importanza assunta dall’orchestra e per la scrittura flessibile e fluida adottata da Verdi in cui è sempre meno netta la scansione tra numeri chiusi.

Per ulteriori informazioni:
https://www.maggiofiorentino.com/