Mercoledì 6 dicembre 2023, alle ore 18.00, si inaugura la mostra "Grotteschi e arabeschi in nero. La carne, la morte e il diavolo nella grafica del Simbolismo" alla Libreria Antiquaria Gonnelli di Firenze, in via Fra' Giovanni Angelico 49.
Il titolo dell'esposizione, in programma fino al 22 dicembre 2023, è un omaggio a Tales of the grotesque and arabesque di Edgar Allan Poe, mentre il sottotitolo cita intenzionalmente il famoso La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica di Mario Praz – pubblicato per la prima volta nel 1930 e in edizione accresciuta nel 1942 – che viene considerato ancora oggi un saggio di critica letteraria innovativo e fondamentale per mettere a fuoco la cultura romantica europea del secondo Ottocento e la sua agonia nel Decadentismo di fine secolo. Il libro fu infatti tradotto col titolo The romantic agony in Inghilterra dove fu accolto favorevolmente fin da subito, mentre suscitò critiche da parte della cultura ufficiale italiana rappresentata all’epoca da Benedetto Croce.
Nel primo volume di Tales of the grotesque and arabesque di Poe il grottesco era associato al gotico, al mostruoso e al terrificante con racconti come Il crollo della casa Usher e Morella dominati dal tema della morte, da apparizioni di spiriti defunti, dal mistero e dal subconscio. Nel secondo trovava più spazio l’arabesco con le sue componenti immaginifiche, fantastiche e artificiose secondo il gusto orientale, anche se pervase da atmosfere fosche e maligne.
Charles Baudelaire, fervente ammiratore di Poe, considerava il grottesco come generatore di quel riso assoluto, vero e violento, la cui energia creatrice era associata al Male e a Satana. L’arabesco, con la sua linea flessuosa, era invece legato all’espansione senza limiti della creazione artistica e della sensibilità in tutte le sue infinite e variabili sfumature. Il poeta, che dava all’immaginazione il potere di ricreare dal profondo dell’anima la realtà visibile del mondo e di varcare la soglia di una dimensione “altra” attraverso l’analogia e la metafora, considerava il disegno arabesco, con la sua imprevedibile mutevolezza, il più ideale e spirituale di tutti.
Baudelaire fu anche uno dei primi estimatori dell’incisione, nello specifico dell’acquaforte, al centro di un importante risveglio verso il 1860, ritenendola il mezzo più adatto a esprimere la personalità più intima e segreta degli artisti. Max Klinger riprese e amplificò questo concetto nel trattato Malerei und Zeichnung del 1891 nel quale assegnava al bianco e nero, caratteristica peculiare delle arti grafiche, la possibilità di addentransi in campi preclusi o almeno non adatti alla pittura legata all’uso verosimigliante del colore, quali il fantastico, il bizzarro, il grottesco e perfino l’orrido.
Da queste premesse si sviluppa il progetto della mostra Arabeschi e grotteschi in nero a cura di Emanuele Bardazzi che rappresenta un viaggio misterioso e avvincente nella grafica simbolista e visionaria europea tra Ottocento e Novecento attraverso le sue espressioni più originali e conturbanti. In un gioco di specchi la mostra e il relativo catalogo si articolano in otto sezioni, ripercorrendo in modo analogico le varie tematiche affrontate da Praz nel suo libro. Esso, secondo Enzo Di Mauro, aveva il merito di evocare «la voce dell'uomo delle caverne, quella specie estinta che ancora persiste nel fondo delle nostre anime e che non infrequentemente, in questi nostri torbidi tempi, viene alla superficie», considerazione più che mai adatta ai giorni d’oggi, che appaiono ormai assuefatti all’orrore quotidiano e al disprezzo della vita umana, generando un annichilito smarrimento delle coscienze, ma anche molte riflessioni sui temi eterni del Bene e del Male insiti in ogni essere umano nella propria doppiezza di positivo e negativo.
La prima sezione Spleen e ideale. Abissi e redenzioni della Decadenza è incentrata su gli scrittori cardine della letteratura francese del secondo Ottocento: da Charles Baudelaire con Les fleurs du mal a Jules Barbey D’Aurevilly con Les Diaboliques, da Joséphin Péladan con i suoi volumi della Decadence Latine a Joris-Karl Huysmans con Là-bas corredati dalle illustrazioni di Félicien Rops, Armand Rassenfosse, Fernand Khnopff, Alméry Lobel Riche e Henry Chapront.
La seconda è interamente dedicata a Max Klinger antesignano del surreale, tra mito, dramma e straniamento, con incisioni da Intermezzi, Amor und Psyche, Vom Tode II e da altri cicli, oltre alla celebre Isola dei morti.
La terza dal titolo La dama di picche esplora il tema dell’eterno femminino, dalla visione misogina della femme fatale e della donna burattino del demonio a quella controversa del femminismo cosiddetto “satanico”, ovvero legato alla rivendicazione della sensualità femminile e alla liberazione dai ruoli di genere stabiliti dall’etica moralista e maschilista. Tra gli artisti rappresentati vi sono, oltre a Rops con la sua celebre Pornokratès, Otto Greiner con Il diavolo mostra la donna al popolo, Franz von Stuck con Sensualità, Marcel-Lenoir con Le Monstre, fino alle illustrazioni della Salomè di Oscar Wilde realizzate da Aubrey Beardsley, Marcus Behmer e Alastair.
La quarta Estasi, tormenti e trasgressioni dell’Eros si addentra negli aspetti più diversi dell’amore e della sessualità, dalle immagini libertine di Franz von Bayros ai risvolti drammatici e grotteschi della gelosia e del possesso descritti da Willi Geiger nel suo ciclo di acqueforti Eine Liebe.
La quinta Danze macabre e orrori della guerra contiene svariate rappresentazioni dello scheletro legate alla Totentanz e alla Morte e la fanciulla ad opera di Marcel Roux, Karl Reisenbichler, August Brömse, James Ensor, Odilon Redon, Alfred Kubin, Jan Konůpek e le edizioni dei racconti di Edgar Allan Poe illustrate da Harry Clarke, Henri Evenepoel e Romeo Costetti. Il tema della guerra con le sue atrocità è rappresentato invece da alcune terrificanti incisioni dalla serie Guerro di Valère Bernard.
La sesta Le tenebre e la luce è la sezione che più aderisce dal punto di vista stilistico all’artificio dell’arabesco. Il virtuosismo disegnativo e incisorio, capace di creare sapienti giochi di neri profondi accostati a bagliori di luce mediante l’uso della china oppure dell’acquatinta, evoca sogni, visioni, incubi e allucinazioni in cui si possono scoprire anche i prodromi della dark fantasy art contemporanea. Si va dalle atmosfere notturne di Rudolf Jettmar a quelle angoscianti di Marcel Roux dalla raccolta Variations, insieme a una serie di libri come Hamlet di Shakesperare illustrato da John Austen, The rime of the ancient mariner di Coleridge illustrato da Willy Pogany fino alle inquietanti favole figurate nel gusto Jugendstil da Wilhelm Schulz.
La settima sezione reca il titolo Cristo all’inferno, i due contendenti e focalizza la contrapposizione tra Gesù e Satana per il dominio dell’anima umana e il dualismo tra la lo spirito e la carne, tra il sacro e il profano, non necessariamente contraddittorio e incompatibile poiché coesistente in ogni individuo a diversi livelli e percepito in modo alterno con terrore e fascinazione. Il tema presenta varie sfaccettature che vanno dal conflitto manicheo tra le due forze opposte del Bene e del Male, esemplificato dalle visioni apocalittiche di Sascha Schneider e dalle crocifissioni di Otto Greiner, alla visione di Satana nella sua ammaliante aureola luciferina e baudelairiana, eletto a patrono dell’anticonformismo, simbolo del libero arbitrio e della rivolta contro il dogma della creazione perfetta rappresentato dal Lucifero di Franz von Stuck, fino all’immagine struggente di Gesù come espressione della spiritualità decadente in cerca di redenzione mistica dai propri sgretolamenti interiori rappresentato dall’autoritratto in veste di Cristo di Louis Legrand e da Les doux Conquérant di Maurice Dumont che contrappone il Salvatore al mito illusorio del progresso.
L’ottava e ultima sezione Dissonanze/Dissidenze dell’ibrido e del difforme si allaccia in parte alla precedente in quanto legata al desiderio di contemperare spiritualità e carnalità, umanità e animalità, elemento maschile ed elemento femminile, manifestato con la fioritura nell’immaginario fin-de-siècle di creature ibride, caratterizzate ognuna dalla propria hybris trasgressiva e dissenziente, quali i fauni, i centauri, le sirene, i mostri e gli ermafroditi esemplificati dalle opere di Félicien Rops, Max Klinger, Otto Greiner, Austin Osman Spare, Franz von Bayros, Aubrey Beardsley, Hans Thoma, Stefan Eggeler, Eugène Viala fino agli illustratori di “Jugend”. L’amour du difforme baudelairiano spinge alla ricerca di ciò che esula dalla norma e dall’estetica convenzionale e questa aspirazione si diffonde nella teratogonia decadente all’insegna del paradigma ontologico della mostruosità. Da un altro lato, soprattutto nell’ambito mitteleuropeo dello Jugendstil, le creature semianimali sono la trasposizione simbolica del desiderio di un ritorno alla natura originaria e al suo elementare stato biologico, attraverso il recupero dell’istintualità ferina e della libertà sessuale, al fine di creare di stili di vita alternativi a quelli della società borghese, massificata e industriale.
A complemento di questa indagine nelle varie sfaccettature della grafica legata al Simbolismo storico si è voluta creare un’appendice a cura di Silvia Scaravaggi che evidenzia in quattro artisti contemporanei le connessioni con quella cultura figurativa: Agostino Arrivabene, Simona Bramati, Edoardo Fontana e Sonia De Franceschi.
Se può essere riduttivo definirli “neo-simbolisti”, essi hanno in comune una matrice immaginifica che si nutre a vari livelli di quelle fonti riattualizzandole, ognuno attraverso la propria originale sensibilità. In mostra saranno esposte alcune incisioni di Arrivabene connesse al percorso della sua pittura, di cui rispecchiano la grazia e il potere simbolico, tra queste la preziosa acquaforte Vergine fossile; accanto ad esse gli acquerelli di Bramati portano nell’oggi enigmatiche figurazioni di faunesse e centauresse con una qualità espressiva evanescente e onirica. Le xilografie di Fontana, scelte dai cicli Salomè e Nekya, quest’ultimo ispirato al vampirismo e all’evocazione dei morti, fanno emergere iconiche figure delineate da un tratto rigoroso e peculiare, mentre le incisioni di De Franceschi si ispirano al disegno lineare di Aubrey Beardsley per tradurre calcograficamente l’effetto del line block print in una atmosfera dark e fantastica.
Il catalogo è edito nella collana Quaderni Gonnelli che ormai da oltre quarant’anni esplora il campo della grafica con approfondimenti inediti nel periodo italiano e straniero tra Ottocento e Novecento sulla scia di una tradizione espositiva iniziata nella storica Saletta Gonnelli di via Ricasoli dove fino ai tempi recenti hanno sempre convissuto il passato e l’attualità del presente. Oggi più che mai la Libreria Antiquaria/Casa d’Aste/Casa d’Arte Gonnelli, nella nuova sede di via Fra’ Giovanni Angelico dove viene esposta una ricca selezione delle opere del catalogo, è orientata alla valorizzazione del patrimonio storico e allo stesso tempo delle ultime tendenze artistiche della contemporaneità.
Per maggiori informazioni: www.gonnelli.it