"Luce, aria e cielo", l’affresco che l’artista fiorentina
Elisabetta Rogai realizzò nel tardo inverno del 2008 per celebrare i 70 anni dell’
Istituto di Scienze militari aeronautiche, che ha sede alle Cascine a
Firenze, ha appena compiuto 15 anni. Fu un lavoro complesso, realizzato in tempi record e di grande soddisfazione per l’Artista. Sempre pronta a misurarsi con nuove sfide, come quando nel 2015 le fu chiesto di pitturare il "Cencio" dell’edizione di agosto del Palio di Siena, Elisabetta Rogai è spesso identificata come l’artista che dipinge con il vino, caratteristica che l’ha resa nota in tutto il mondo. Ma pochi sanno che è una delle poche donne ad aver realizzato degli affreschi. Il più noto di tutti è, appunto, quello che Rogai dipinse, e fu inaugurato il
28 marzo 2008 alla presenza dell’allora Sindaco di Firenze,
Leonardo Domenici, negli spazi della palazzina Ufficiali della prestigiosa scuola aeronautica fiorentina, il polo architettonico dell'Aeronautica Militare progettato dall'architetto fiorentino Raffaello Fagnoni, aperto nel 2021 per le "Giornate del Fondo Ambiente Italiano".
Per l’artista fu un grande onore ed è interessante ripercorrere quelle settimane comprese tra la telefonata dell’allora
Comandante dell’Istituto di Scienze militari aeronautiche (Isma), generale
Settimo Caputo (tramite il colonnello Marin, a una mostra della pittrice in Via de’ Fossi, a Firenze) e l’inaugurazione vera e propria che avvenne circa tre mesi dopo.
"Dalla telefonata del comandante Caputo – dice
Elisabetta Rogai – mi fu accennato che in corsa per l’esecuzione c’era un pittore allievo di Annigoni, già novantenne. Mi misi subito all’opera, consegnai il bozzetto il 7 dicembre, ma fino ai primi giorni dell’anno nuovo non ottenni risposta. Finalmente dopo l’Epifania mi fu detto che il lavoro era mio. Poteva sembrare un traguardo, ma si trattava solo dell’inizio di una corsa artistica contro il tempo. Tutto doveva esser finito per il 28 marzo, il che significava che avevo poco meno di tre mesi. Non solo: nella parete speculare a quella che avrei affrescato c’era un’opera di Annigoni per i 50 anni della Scuola; nella stanza accanto c’erano le pitture murali di Colacicchi. Altro che farfalle nello stomaco! La responsabilità era immensa, infatti lavorai giorno e notte, ma ero sicura di farcela. Così è stato, e adesso più guardo il mio affresco durante i vari eventi che si svolgono al suo cospetto, e più sono felice di essere entrata nella storia grazie a quest’opera unica nel suo genere".
Il soggetto doveva essere commemorativo, per cui Elisabetta Rogai immaginò l’allegoria dell’Arma aeronautica come una splendida donna, una sorta di "vittoria alata" con in mano una corona di alloro, attraverso la quale passano sette aerei, da quello del 1938 fino all’Eurofighter, ben visibile in primo piano. Sullo sfondo appare il panorama di Firenze, città avvolta dalle tonalità dell’azzurro, il colore delle uniformi. Una città allegra, ridente, aperta, come era finalmente l’Istituto di Scienze militari aeronautiche, finalmente fruibile ai fiorentini dopo essere stato pressoché inaccessibile, se si eccettua qualche rara occasione. Infine sulla destra in alto, è riconoscibile la costellazione del Pegaso e, sotto, l’osservatorio di Arcetri, a rappresentare che adesso l’Aeronautica è rivolta anche allo spazio. Insomma si trattava un insieme di immagini simboliche che celebravano l’anniversario dell’Arma azzurra, utilizzando riferimenti di chiara comprensione per tutti, considerato che la sala avrebbe presto accolto eventi culturali e di solidarietà. Nel lavoro di Elisabetta Rogai, c’è un fil rouge che unisce tutto: dal cielo alla terra, dal passato al futuro, aggiunge l’Artista: "è il numero 7, d’altronde il 7 dicembre consegnai il bozzetto, sette sono gli aerei, ovvero uno ogni dieci anni, e il 70 è multiplo di sette. Inoltre Settimo è il nome di Battesimo dell’allora Comandante dell’Isma, generale Caputo".
L’affresco venne commissionato dal Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, ma fu il
generale Caputo a volerlo fortemente: "Non conoscevo il Generale –
racconta Rogai -, mi dava soggezione e all’inizio ci guardavamo con circospezione. Già il fatto di mettere al centro una donna gli aveva fatto storcere il naso, ma poi disse che avevo ragione perché era proprio il momento in cui l’Isma aveva aperto le porte alle donne. Durante quelle settimane di intenso lavoro ci studiavamo come militari pronti all’attacco. Poi imparmmo a stimarci, diventammo amici. Ci volle poco per capire che era una persona brillante e lungimirante. Durante la realizzazione dell’affresco fui quotidianamente affiancata dal colonnello Marin e sento ancora la voce delle sue indicazioni: "Maestro, mi diceva, se vogliamo far atterrare l’Eurofighter , l’inclinazione deve essere questa". Lui era lì per darmi delle dritte tecniche, anche perché io non essendo un ingegnere aeronautico… Talvolta mi capita di ripensare a quei momenti indimenticabili e di grande soddisfazione. Mi avevano commissionato un lavoro importante, non potevo deluderli. Oggi son certa di non averlo fatto".
Per maggiori informazioni:
www.elisabettarogai.it T.Z.