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domenica 05 maggio 2024

Spettacolo per Capossela al Politeama di Prato

18-01-2004
Ancora, sempre e solo Vinicio Capossela. Il tango pianofortato e le lacrime al sapor meridionale si sono dolcemente fuse in un Politeama pieno all'inverosimile, "una baleniera - come l'ha definita il Vinicio nazionale, con la sua voce strofinata, roca, adagio, sottile e diffusa, calda e timida - dove noi musicisti cercheremo di andare a caccia delle note, come gli scrittori cercano di pescare tra le parole". Uno spettacolo nello spettacolo la fusione della musica popolare d'invenzione e manipolazione folk popolana e alta vulgare, da piano bar fumoso triste e senza tempo con il mixer elettronico di Cesare Malfatti e soprattutto con l'Orchestra Italiana d'Archi diretta dal Maestro Mario Brunello, unico non russo a vincere, con il suo violoncello divino, il Premio Chaikowsky di Mosca, accompagnato da quattro violini primi, quattro violini secondi, tre viole e due celli, oltre al contrabbasso di Glauco Zuppiroli. "Ho incontrato Mario Brunello il 25 aprile scorso sul palco di "Appunti Partigiani", nonostante il rumore generale consono alla festa, ho sentito una specie di vascello a tre alberi travestito da violoncello lottare con gli alti marosi, attratto da questo naufragio titanico mi sono avvicinato e per la prima volta ho preso contatto con questo suono largo come un tronco, maschio e ululante, che il maestro estrae, come Michelangelo dalla pietra, da uno strumento vecchio di 400 anni". Lucida ed insaziabile la performance sui sonetti di Michelangelo, musicati dal musicista francese Philippe Eidel, "Fuggite", "Altra Figura", "Sol e Notte" e dal "Lamento della Ninfa" di Monteverdi, con Capossela nella veste, molto autoironica del cantante, stonato, applauditissimo da ovazioni infinite da standing ovation d'acclamazione nazional- popolare. Le canzoni, i sonetti, i notturni e le sarabande scivolano nella platea, inumidiscono i buoni sentimenti per il nuovo anno, corroborano la durezza fredda dei tempi. La cravatta sopra una maglia fina, e giacca di velluto e le variazioni di Goldberg affiorano in tutta la loro puntigliosa dedizione, il piano freme sotto le dita tremule del nostro, giocoliere ed imbonitore quanto con i tasti così con le parole sparse a raggiera, elargite come semi in un campo dove passeranno corvi neri e torvi fregandosene degli spaventapasseri. Intimista e spirituale, interiore e malinconico, sottovoce ammalia con parole leggere, minimaliste e cosa importa se la nota è steccata ed il ritmo confuso, il capello scompigliato, l'abbigliamento non consono ed il baffo fine elegantemente pudico: la folla è lì per lui, per vedere tutto quello che ha sempre sognato di essere, artista vero ed autentico. Sembrano stoviglie rotte e porte scricchiolanti e cigolanti le sue parole- nenie che cullano e drogano, con quella voce impastata da cocktail, da viveur, come non ce ne sono più in giro. E poi l'irresistibile "Marajà" ripetuta due volte con il pubblico in piedi a battere piedi e mani come al concerto viennese di Capodanno, "Con una rosa", "Bardamù", "Modì" e la nostalgica "Zampanò", la gracchiante "Nella Pioggia", l'incredula "Pioggia di novembre", la sognante "Resto Qua", la stupenda "Una giornata senza pretese", "Le case". Magistrale e vellutato, istrionico ed acre, come mille sigarette al sapore di jazz e classica a braccio: evento!